Con il nuovo pareggio rientro dal deficit in tre anni
Con il pareggio di bilancio a regime previsto nel disegno di legge avviato venerdì scorso dal consiglio dei ministri potrà diventare più morbido il percorso di recupero per Regioni, Province e Comuni che non riescono a centrare l’obiettivo.
Il nuovo disegno di legge, che inizierà dal Senato la propria navigazione i n Parlamento dove dovrà trovare la maggioranza assoluta necessaria a modificare una legge rafforzata (la 243/2012) attuativa dell’articolo 81 della Costituzione, ratifica infatti il percorso triennale di rientro, e prospetta quindi un superamento di quello annuale previsto dall’ultima manovra ed ereditato dai meccanismi del vecchio Patto di stabilità. In pratica, oggi le regole di finanza pubblica (comma 723 della legge 208/2015) impongono alle Regioni e agli enti locali che chiuderanno in rosso i bilanci 2016 un taglio ai fondi pari alla distanza dall’obiettivo del pareggio, mentre con il sistema a regime la richiesta fondamentale sarà quella di adottare «misure di correzione tali da assicurare entro il triennio successivo» il recupero del deficit.
Com’è ovvio, anche il nuovo intervento (si veda «Il Sole 24 Ore» del 26 marzo) lascia alla legge ordinaria il compito di «definire i premi e le sanzioni» che dovranno accompagnare l’obbligo di pareggio di bilancio; ma una volta fissato il quadro strutturale delle regole, la penalità finanziaria attuale che impone una “multa” pari al deficit mal si sposerebbe con l’orizzonte del recupero triennale. La legge ordinaria, quindi, si concentrerà sulle altre sanzioni, in quel capitolo che oggi negli enti fuori linea rispetto agli obblighi di finanza pubblica blocca indebitamento e assunzioni e impone di tagliare del 30% le indennità degli amministratori. È anche il caso di sottolineare che il nuovo disegno di legge cita anche i «premi» da riservare agli enti con i conti più in ordine, concetto che la legge del 2012 aveva trascurato. Per il resto, la nuova legge nasce con l’obiettivo di rendere applicabile il pacchetto di vincoli su indebitamento e sostenibilità della finanza pubblica che, nella versione scritta nel 2012 in vista dell’attuazione a scoppio ritardato a partire da quest’anno, si era rivelato troppo “raffinato” per poter entrare in campo davvero. A questo scopo rispondono le semplificazioni previste per gli articoli 10-12 della legge 243/2012. Nella nuova versione scompare il vincolo che permetteva di ricorrere al debito solo nei limiti dei rimborsi di prestiti scritti nel preventivo, e si fissa il meccanismo delle intese regionali, ma solo con l’obiettivo di garantire che le spese per i rimborsi del debito non met- tano a repentaglio il pareggio fra entrate e spese finali a livello territoriale. Per quel che riguarda i singoli enti, gli obblighi sono due: il piano di ammortamento non può superare la vita utile del bene, e deve evidenziare le spese che produce per ciascuno degli anni finanziari futuri e le modalità con cui vengono coperte. Sul tema dei rapporti finanziari fra Stato e autonomie, la legge finisce per richiamare un dato indispensabile, e cioè la possibilità per lo Stato di contribuire al finanziamento dei livelli essenziali dei servizi, in particolare quelli relativi «diritti civili e sociali», quando la situazione economica lo richiede. Del resto è sempre possibile, come ribadisce l’articolo 9 della legge 243 anche nella versione corretta dal nuovo disegno di legge, che le manovre prevedano «ulteriori obblighi in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica» da parte di Regioni ed enti locali quando questo sia necessario ad assicurare il rispetto dei vincoli Ue.
L’INDEBITAMENTO Scompare il divieto di aumento del debito in ogni amministrazione Piani di ammortamento con costi «trasparenti»