Prende quota Bellanova, resta in pista De Vincenti
pSalgono le quotazioni di Teresa Bellanova, da due mesi viceministra dello Sviluppo economico, alla successione di Federica Guidi al Mise, che si è dimessa dopo l’inchiesta sul progetto Tempa Rossa. Il premier Matteo Renzi vuole chiudere in fretta la partita. E la figura di Bellanova sembra quella che meglio risponde alle esigenze in pista: rispetterebbe l’elemento dell’equilibrio di genere nel governo, porterebbe in dote l’esperienza accumulata da sottosegretaria al ministero del Lavoro nella gestione delle crisi aziendali e sarebbe gradita alla minoranza dem, nonostante il raffreddamento dei rapporti che è andato di pari passo con l’aumento della sua sintonia con Renzi.
D’altronde per lei parla la sua storia: ex sindacalista Cgil, da giovanissima è stata protagonista delle lotte bracciantili nelle campagne pugliesi. Un profilo distante anni luce da Guidi. Esattamente quello che serve all’esecutivo per provare a minimizzare il colpo, anche di immagine, che l’inchiesta di Potenza ha inevitabilmente inferto, peraltro a pochi giorni dal referendum sulle trivelle. Sul quale, per inciso, Bellanova ha già detto la sua, sposando la linea dell’astensione decisa dalla segreteria del Pd.
Ma in ballo resta ancora, anche se l’ipotesi va sfumando di ora in ora, il nome di Claudio De Vincenti: tutt’altro curriculum (economista, professore universitario), l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio avrebbe la statura giusta per rivitalizzare l’attività del ministero. Dove Guidi ha lasciato da completare progetti chiave, come il piano “Manifattura Italia” per la trasformazione digitale dell’industria. O come le proposte portate al tavolo per il nuovo decreto “Investment compact 2”. Ma la casella che De Vincenti lascerebbe vuota a Palazzo Chigi sarebbe dura da riempire.
Circolano pure altri nomi. Matteo Colaninno, ad esempio, deputato Pd dal 2008, voluto da Walter Veltroni come simbolo di un nuovo rapporto della sinistra con il mondo dell’industria. Ma il deputato - pur apprezzato da tutte le anime del partito - sconta in questa fase il fatto di essere figlio dell’imprenditore Roberto. Altri “figli di”, fanno notare fonti parlamentari, sarebbero scelte difficili da spiegare. Per Colaninno potrebbero però aprirsi altre porte nel governo.
Intanto, in attesa della nomina che comunque dovrà passare per il confronto con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, c’è una prima vittima eccellente: quel ddl concorrenza varato a Palazzo Chigi da più di un anno e approvato dalla Camera a ottobre, che è fermo all’esame della commissione Industria del Senato. Oggi i senatori, presente il sottosegretario al Mise Antonio Gentile, dovrebbero decidere una pausa in attesa della nomina del nuovo ministro. «Una forma di rispetto doverosa», spiega il relatore Salvatore Tomaselli (Pd).
Tra i nodi che restano da sciogliere in commissione ci sono l’apertura delle farmacie alle società di capitali, la proposta di una delega per il settore taxi e Ncc e la norma “booking” che consente agli alberghi presenti su piattaforme online di offrire le stesse stanze a un prezzo ribassato sui propri siti. Concorrenza a parte, a Palazzo Madama ci sono altri due provvedimenti sui quali si è risvegliato l’interesse, complice sempre l’inchiesta sulle estrazioni petrolifere in Basilicata: il conflitto d’interessi, già approvato dalla Camera, e la regolamentazione delle lobby. Che si è arenata in commissione Affari costituzionali giusto un anno fa.
PROVVEDIMENTI IN ATTESA In attesa del nuovo ministro subisce una battuta d’arresto la legge sulla concorrenza al Senato. Fra i nomi circolati anche Matteo Colaninno