Le scuse per il tempo sottratto
Una collaborazione «felice e travagliata»
Ametterci in contatto fu verso la fine del 2014 un amico comune, per un periodo privo di incarichi pubblici, firma prestigiosa del Sole. Voleva vedere se, finita l’esperienza di Europa di Stefano Menichini, le riflessioni istituzionali di Montesquieu potessero trovare un qualche spazio sul Sole 24 Ore. Oggi, dopo un anno e mezzo di felice e travagliata conoscenza, sento insopprimibile il dovere di chiedere scusa a Fabrizio e di dirgli che le tante litigate infertegli con tutti i mezzi - mail, whatsapp e voce - hanno depositato in me la dolcezza di un’inopinata e già rimpianta amicizia, nonostante la distanza almeno generazionale. Scuse, Fabrizio, per il tempo che ti ho fatto perdere e che hai perso con me, convinto - io - che fosse praticamente un tuo dovere, ovvio e fuori discussione. Perfino una tua puntata da noi ad Atene, due giornate per me bellissime, per te forse comunque altro tempo sottratto al tuo impegno. Oggi, ad un’età che non concede inesperienze e certe ingenuità, devo confessare l’imbarazzo provato leggendo il toccante ricordo di Roberto Napoletano. Fabrizio era grande parte nella quotidiana costruzione del giornale, e Montesquieu è - per autoconfessione - un presuntuoso che per trent’anni passati in un’amministrazione parlamentare si giudica portatore incontestato e incontestabile di sapienza istituzionale. Come ridartelo, tutto quel tempo, perché tu possa farne qualcosa di più piacevole? Quelle scuse posso fartele, ahimé, solo in questo modo, pubblicamente. Con tantissimi stima, affetto, amicizia e nostalgia.