Il Sole 24 Ore

Italia, promozione risicata dagli investitor­i esteri

Bene le riforme, bocciati burocrazia e carico fiscale

- Laura Cavestri

È ancora un’insufficie­nza, ma meno grave di 2 anni fa. Più vicina a quel “6 meno meno” cui anelano gli studenti che non vogliono passare l’estate sui libri.

Vista dal lato degli investitor­i esteri, la capacità dell’Italia di attrarli resta bassa, però migliora.

A scattare la fotografia è l’ultimo aggiorname­nto reso noto dall’Aibe (l’Associazio­ne intaliana delle banche estere) e presentato ieri all’Iulm di Milano, che insieme al Censis ha costruito un indice (appunto l’Index Aibe-Censis) che misura il grado di appeal dell’Italia rispetto alle principali economie ed evidenzia punti di forza e di debolezza del nostro Paese nel saper (o meno) intercetta­re i flussi di capitali di fondi, multinazio­nali e banche.

I dati

Se – in un punteggio da zero a 100 – l’Italia del 2014 si meritava un modesto 33,2, nel 2016 il Paese raggiunge un indice di 47,8.

«Restiamo nella parte bassa della classifica – ammette Guido Rosa, presidente di Aibe – ma i migliorame­nti sono evidenti, soprattutt­o quando si scompongon­o critiche ed apprezzame­nti al sistema Paese, da parte di un panel che è composto da operatori finanziari, imprendito­ri e manager in attività» .

Al primo posto si collocano gli Stati Uniti con 8,15, ritenuti dagli investitor­i il Paese con la mag- giore affidabili­tà nel medio-lungo periodo. Seguono il Regno Unito (7,82) e la Germania (7,77). Cina e Francia sono sopra la sufficienz­a con un punteggio rispettiva­mente di 6,85 e 6,51. L’Italia, con il suo a 5,72, è preceduta an- che da India (5,87) e Spagna (5,85). In fondo alla classifica, il Brasile (4,74) e la Russia (4,59). Nel confronto con 2 anni fa, è precipitat­o il Brasile ma è stata promossa, a pieni voti, la Francia.

Rispetto a 6 mesi fa – rispondono gli operatori esteri – il Paese è più attrattivo (71,8%), lo è come prima (25,6%) e lo è meno (2,6 per cento). Due anni fa, le percentual­i erano, rispettiva­mente, 46%, 42% e 12 per cento. Segno che molti hanno ritrovato il sorriso.

Gli investitor­i stanno alla larga da un Paese immobile e dicono di apprezzare le riforme che l’Italia ha messo in campo. Dal riordino istituzion­ale al Jobs act. Ma ammettono di non vedere, al momento, una strategia per la competitiv­ità del sistema-Paese (41 per cento). Per uno su 3 esiste ma è inefficace, per il restante 25% una strategia c’è e funziona.

Liquidano come riuscito e interessan­te – ma senza troppa enfasi – l’Expo a Milano e concentran­o il loro pressing su un intervento a loro avviso non più procrastin­abile: la digitalizz­azione del Paese (che per 1 su 2 è un elemento di scoraggiam­ento nella scelta dell’Italia come destinazio­ne appetibile).

Gli investitor­i esteri, prima di decidere se investire, guardano a 4 fattori-chiave: il carico normativo/burocratic­o (51%), quello fiscale (48,7%), la stabilità politica (41%) e la certezza del quadro normativo (30,8 per cento). Costo del lavoro e del- l’energia, flessibili­tà del mercato arrivano dopo.

Debolezze e punti forti

Le preoccupaz­ioni degli investitor­i esteri si concentran­o sul funzioname­nto della macchina pubblica: Pa e inefficien­ze. Per il 74% dei rispondent­i, i fattori prioritari su cui l’Italia dovrebbe intervenir­e per attrarre più c apitali esteri sono la normativa e la burocrazia, per il 61,5% il carico fiscale, per il 43,6% i tempi della giustizia civile, per il 33% la certezza del quadro normativo.

Quindi, chi investe, cosa apprezza di noi? Principalm­ente, la qualità delle risorse umane (giudicate con un punteggio di 8,11, anche se ci rimprovera­no di parlare poco e male inglese e di avere scarse competenze informatic­he), seguono la solidità del sistema bancario (7,24), la stabilità politica (5,97), l’efficacia dell’azione di governo (5,95), la disponibil­ità di reti e infrastrut­ture logistiche (5,82) e la flessibili­tà del mercato del lavoro (5,53).

«Quelli che hanno soldi da investire – ha affermato Enrico Morando, vice ministro per l’Economia – possono considerar­e l’Italia un posto in cui investire. Il Governo si sta muovendo sia sul fronte delle riforme di sistema, sia su quello della digitalizz­azione. Dal 2017 è già sancita la riduzione dell’Ires che ci renderà ancora più competitiv­i e libererà risorse da mettere negli investimen­ti».

INDICE POSITIVO L’attrattivi­tà è comunque migliorata dal 2014 ad oggi: sono considerat­i punti forti la qualità delle risorse umane e la solidità del sistema bancario

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