Micoperi: appalto nel Messico
Maxi-commessa da 220 milioni di dollari con la compagnia petrolifera Pemex EMILIA ROMAGNA
La commessa da 220 milioni di dollari in tre anni che il gruppo ravennate Micoperi si è aggiudicato in Messico salva il bilancio e le prospettive di uno dei maggiori contractor dell’offshore italiano, praticamente fermo da giugno scorso a causa del blocco totale delle attività in mare entro le 12 miglia (norma introdotta dalla legge di Stabilità) e del crollo del prezzo del petrolio. E che ora, come tutto il distretto dell’oil&gas romagnolo – 50 aziende, 6mila addetti, 2 miliardi di fatturato – aspetta il referendum contro le trivelle del 17 aprile per capire se ci sono chance di sopravvivere in patria.
«Raccogliamo oggi i primi frutti di due anni di investimenti in Messico per farci conoscere quale partner stabile e affidabile. Stiamo capitalizzando la nostra scommessa», commenta Silvio Bartolotti, il patron di Micoperi, specializzata nell’ingegneria e nell’installazione di strutture offshore e tubazioni sottomarine, diventata famosa due anni fa per la rimozione della Concordia all’Isola del Giglio. E che ha appena ottenuto da Pemex, la compagna petrolifera pubblica messicana, l’appalto per tre anni (circa 193 milioni di euro al cambio di ieri) per curare manutenzione ordinaria e straordinaria delle piattaforme in mare tra porto Dos Bocas e porto di Ciudad del Carmen.
«Siamo sbarcati in Messico due anni fa quando il governo ha aperto per la prima volta il mercato alle compagnie straniere (sempre e solo in collaborazione con la so- cietà statale Petroleos Mexicanos che controlla l’intera filiera, ndr)– prosegue Bartolotti – e lo abbiamo fatto non con la logica mordi-efuggi tipica degli investitori che arrivano nel Golfo ma aprendo un ufficio direzionale a Città del Messico e sedi periferiche nei porti dove operiamo, portando là sei navi e con 300 dipendenti diretti in loco. In questi due anni abbiamo installato pipeline record per diametro con cui abbiamo collegato i tre più importanti giacimenti messicani con la terraferma e questo ci ha premiato con Pemex. Ora confidiamo si sviluppino le numerose collaborazioni che stiamo portando avanti anche con Eni e con diverse compagnie straniere che hanno ottenuto concessioni in Messico».
Una vera boccata di ossigeno per un gruppo che festeggia quest’anno i 70 anni di attività, ma che tra 2014 e 2015 ha visto crollare il fatturato da 400 a 170 milioni di euro e dimezzare i dipendenti, da 1.800 agli attuali 900 (di cui 600 in Italia). «Il nostro business nel- l’oil&gas è tutto all’estero, in patria stiamo investendo non più sul gas bensì sull’eolico offshore e sulla blue economy, ma i tempi di ritorno sono lunghi. La commessa in Messico è il primo segnale di una ripresa più generale che ci aspettiamo tra Mediterraneo, Centro America e West Africa, le tre aree in cui abbiamo unità di varo pronte, a partire dal Gahana», rimarca il general manager romagnolo, che ha rilevato Micoperi nel 1996 dal ministero dell’Industria, con 35 dipendenti e nessuno che credeva nella possibilità di rilanciarla. La crisi ha interrotto la crescita, «ma la quotazione in Borsa, al momento opportuno, resta il mio obiettivo, da quando cinque anni fa ho iniziato a certificare i bilanci», conclude Bartolotti. E sul referendum No Triv commenta: «È diventato una mera bagarre politica, u n tema strategico per lo sviluppo di un Paese, come lo sfruttamento delle sue risorse naturali, non può essere lasciato in balìa di un referendum».
BASE OPERATIVA La società ha aperto a Città del Messico un ufficio direzionale e sedi periferiche nei porti in cui opera: 300 i dipendenti diretti