Thales Italia riduce Chieti
La società pronta a ridurre la produzione e a trasferire i dipendenti
Manca una settimana al prossimo incontro al ministero dello Sviluppo economico sul futuro del sito di Chieti di Thales Italia, controllata della multinazionale francese Thales Group. Il sito è occupato dal 22 marzo e trai lavoratori, un centinaio, per lo più ingegneri, ma anche tra le istituzioni, dalle Università locali alla Regione Abruzzo, c’è molta preoccupazione. L’azienda ha infatti prospettato un piano che prevede 30 milioni di investimento e, pur non prevedendo licenziamenti, per ora, prevede il mantenimento a Chieti del solo progetto della cosiddetta radio del soldato. Si tratta di una famiglia di prodotti denominata ST@R Mille ed inserita nel catalogo globale del gruppo Thales, utilizzata per comunicazioni e servizi avanzati in dotazione ai singoli componenti delle unità militari. L’hardware di questo prodotto viene costruito da un socio malese della multinazionale che è anche un partner strategico perla commercializzazione del prodotto, non venduto in Italia dove viene utilizzata un’altra tecnologia. Il progetto di Thales Italia è quello di una joint venture al 50% con il socio malese per il ramo d’azienda che produce la radio del soldato nel sito di Chieti. Nel progetto rimarrebbero impiegate circa 30-35 persone.
Non è però questa l’unica attività del sito che viene fatto figurare come la fonte delle perdite di Thales Italia. Vi sono altre 2 aree organizzative che occupano i restanti 60-65 lavoratori. Per 30 di loro l’ azienda ha proposto un trasferimento nei siti di Milano e Firenze dove si occuperebbero di attività legate al business dei trasporti, della sicurezza e dell’assistenza alla navigazione aerea anche civile - già in passato sono avvenuti altri trasferimenti da Roma a Firenze con accordo sindacale -, mentre gli altri 30, per ora, almeno per un anno si prevede, ultimeranno le produzioni che restano ancora a Chieti. Nel caso di trasferimento è previsto anche un incentivo per coloro che accetteranno di andare da Chieti a Firenze o a Milano.
I sindacati, con la Fiom in maggioranza a Chieti, hanno già organizzato uno sciopero e stanno cercando di mobilitare le istituzioni locali per non disperdere quello che raccontano come un centro di vera eccellenza. Una cui parte, però, si occuperebbe di produzioni che non riescono più a fare utili sul mercato. Negli ultimi anni, spiega Simone Di Nisio, rsu della Fiom-Cgil, «è stato portato avanti un sistematico indebolimento del sito attraverso tagli del management locale, blocco delle assunzioni e diminuzione progressiva degli investimenti. Ciò, decisamente in controtendenza rispetto all’andamento del mercato della difesa nazionale ed internazionale e, purtroppo, rispetto agli ultimi accadimenti di natura terroristica». Dopo lo sciopero e le manifestazioni, tra una settimana al Mise riparte il negoziato.
I TIMORI La preoccupazione dei sindacati, che occupano la fabbrica dal 22 marzo, è che venga disperso un centro di eccellenza