Ma l’attuazione dell’accordo è un percorso a ostacoli
Poche ore dopo che la prima nave con alcune centinaia di migranti venivano riportati “volontariamente” dalla Grecia verso la Turchia, la guardia costiera greca salvava e accompagnava nel porto dell’isola greca di Lesbo due gommoni con 50 migranti, compresi bambini e una donna invalida in sedia a rotelle. Alla fine della giornata nelle isole greche di Lesbo e Chios sono stati contati 339 nuovi arrivi. «Forse non sapevate che i greci rimandano indietro i migranti illegali?», è stato chiesto a Firaz, 31 anni, uno di questi nuovi arrivati, che ha risposto: «Sono curdo siriano e vengo dalla provincia di Hasakah: penso che avendo diritto all’asilo non sarò costretto a tornare in Turchia. In ogni caso farò ciò che posso, almeno, per ora, sono vivo». Altri invece hanno minacciato di suicidarsi se costretti a tornare indietro.
I nuovi arrivi sono il segno delle difficoltà che il piano siglato tra Ue e Turchia per il rimpatrio sta trovando sul terreno. «Save the Children è convinta che il modo in cui si sta implementando l’accordo Ue-Turchia sia illegale e inumano. L’accordo rischia di minare il principio stesso della protezione internazionale per le persone vulnerabili in fuga da guerre e persecuzioni», ha affermato Simona Mortolini, responsabile di Save the Children in Grecia. Amnesty international lo ha chiamato «un colpo ai diritti umani».
Effettivamente l’accordo per il rimpatrio dei migranti ha numerosi punti deboli oltre che essere contestato dalle Ong: innanzitutto le difficoltà di esecuzione pratica di rimpatri così numerosi rispettando il diritto di presentare, per chi ne ha i requisiti, la domanda di asilo e l’eventuale opzione per un ricorso, in caso di risposta negativa. Atene ha appena approvato la norma che trasforma la Turchia in «nazione terza sicura».
Senza dimenticare il rispetto dei tempi accettabili delle domande di asilo, visto che nel 2015 la Grecia, dove ieri sono ripartiti i colloqui con la troika, ha visionato 2mila domande in tutto, mentre ora saranno necessari forze e mezzi per rispondere a duemila domande alla settimana visto che sono 52mila i migranti che sono rimasti intrappolati nel Paese dalla chiusura della “via balcanica” e non si può escludere che gli arrivi non continuino, sebbene in via limitata.
Un ulteriore elemento di fragilità dell’accordo è il fatto che i rimpatri dalle coste greche darebbero la possibilità, per un pari numero di profughi siriani, di raggiungere un Paese Ue direttamente dalla Turchia fino ad un massimo di 70mila. Questa norma, che vorrebbe stroncare i trafficanti di uomini, si potrebbe scontrare con il rifiuto di alcuni Paesi Ue, vedi i Paesi orientali, di accettare le quote di profughi di competenza. O di sottoporre a referendum, come l’Ungheria, la decisione di accettare i profughi paralizzando l’intesa.
Un ulteriore elemento di debolezza risiede nella reale capacità della Turchia di gestire altri profughi: si parla dell’apertura del nuovo campo a Osmaniye, a 40 km dal confine siriano, per i siriani e di quello di Kirklareli, al confine bulgaro, per le altre nazionalità. Ankara comunque già accoglie almeno 3milioni di rifugiati da più di cinque anni. Oltre alle difficoltà logistiche e di gestione di una massa così ingente di profughi che solo recentemente hanno avuto il permesso di lavorare in Turchia, sebbene con alcune limitazioni, c’è il problema della volatilità della politica estera del presidente Taiyyp Erdogan, che potrebbe usare i profughi come un’arma se il suo governo non dovesse raggiungere alcuni obiettivi, ad esempio l’abolizione dei visti per i cittadini turchi; o sentirsi infastidito dalle critiche relative al rispetto dei diritti umani, della libertà di stampa o delle minoranze, da parte dell’Europa.
L’accordo sui migranti, voluto dalla cancelliera Merkel, potrebbe essere la prima “vittima” nel caso la Turchia vedesse messa in discussione la sua politica da critiche europee o non venisse rispettata, magari per u un veto del Parlamento europeo, l’abrogazione dei visti per i cittadini turchi in procinto di entrare nella Ue. Tutte ipotesi che potrebbero mettere a rischio l’accordo, sebbene i giornali turchi di ieri sulla gestione dei migranti abbiamo titolato: «Abbiamo gli occhi del mondo puntati su di noi». Ma l’attenzione dei media internazionali non dura in eterno.