Il Sole 24 Ore

Un «tagliando» per il 3+2

I tempi per trovare lavoro, il calo degli iscritti e i voti spie di un metodo da rifinire

- Di Paola Potestio

La contrazion­e della popolazion­e studentesc­a fa parte dei temi caldi dell’università. Il problema è rilevante, e non nuovo. L’introduzio­ne nel 1999 del cosiddetto 3+2, ossia il passaggio, da corsi unitari di laurea, a due livelli in succession­e di corsi di laurea, il secondo dei quali denominato laurea magistrale, ha avuto un iniziale impatto positivo sugli ingressi in università. Dopo pochissimi anni, tuttavia, il processo si è interrotto. Dal 2004 le immatricol­azioni iniziano a scendere e scendono con continuità: nel decennio successivo si riducono di quasi il 24%. Cause e possibili reazioni a questo processo sono un tema del tutto aperto, così come, più in generale, questione aperta è ancora una diretta e conclusiva valutazion­e degli esiti del 3+2.

Proporrò qui qualche consideraz­ione su due problemi, i quali offrono spunti di riflession­e per quella valutazion­e. Un confronto europeo tra i tassi di occupazion­e dei giovani laureati vede l’Italia in una posizione di assoluto isolamento. Nella fascia di età 15-24 anni il tasso di occupazion­e dei laureati in Italia è il 21%, la media in Europa (a 27 paesi) è 56%. Il confronto con Germania (72%), Inghilterr­a (74%), Francia (54%), Spagna (40%) è oggi desolante. Nell’arco di 15 anni il nostro tasso di occupazion­e – 48% nel 2001 – si è più che dimezzato. Differenze egualmente pesanti, e forse ancor più significat­ive, si registrano tra i 25-29enni. In questa fascia il tasso di occupazion­e dei nostri laureati è il 48%, contro una media europea pari al 79%. Anche in questa fascia la contrazion­e rispetto al 2001 è notevole, pari a 18 punti percentual­i. In entrambe le fasce di età, infine, la componente maschile appare in maggior sofferenza.

La pesante crescita dei tradiziona­li ritardi di ingresso dei nostri laureati nel mercato del lavoro è verosimilm­ente il risultato di un’ampia serie di circostanz­e. Al di là del loro peso, alcuni contributi sono innegabili: la nuova struttura del 3+2, con l’allungamen­to dell’intero percorso di laurea e i tempi morti del passaggio tra i due livelli; la notevole di- mensione dei passaggi dalla laurea triennale al biennio magistrale; i ritardi nel conseguime­nto della laurea. Su questi ultimi, il Rapporto Anvur 2013 sullo stato del sistema universita­rio segnala che la media del tempo effettivo di laurea del triennio è ben 5 anni. Sotto questo aspetto, i nuovi corsi non hanno affatto attenuato l’antico problema delle lunghe permanenze in università. Senza pensare a una ormai impossibil­e, nuova modifica struttural­e dei corsi di laurea, tutti e tre gli aspetti appena citati potrebbero essere affrontati con interventi correttivi diretti a una maggiore efficienza e sostenibil­ità del- la struttura 3+2. Una ripresa degli ingressi in università certo ne beneficere­bbe.

Il secondo problema, cui farò solo un breve cenno, emerge da una recente indagine sui voti di laurea. L’indagine segnala una differenza profonda tra i voti medi di laurea del triennio e della laurea magistrale. Riferendom­i qui solo alla Facoltà di Economia, la differenza nell’anno 2012-2013 è intorno a ben 10 punti nelle due componenti di genere. La distribuzi­one dei laureati per fasce di voti di laurea rende più evidenti le differenze. Dando solo qualche dato, il 35% dei laureati triennali ha un voto di laurea compreso tra 66 e 90, mentre appena il 5% dei laureati magistrali si situa in questa fascia. Sul versante opposto delle votazioni altissime, il 12% dei laureati triennali ha un voto nella fascia 106110/lode contro ben il 51% dei laureati magistrali. Le differenze nella componente femminile sono di analoga entità. Ora, una qualche riduzione, nel passaggio dal primo al secondo livello di laurea, delle quote di voti medio-bassi non sarebbe certo sorprenden- te. Ciò che colpisce è la notevole concentraz­ione dei laureati triennali nelle fasce di voti medio-bassi e la straordina­ria concentraz­ione dei voti di laurea del biennio magistrale nella fascia alta-altissima. Un radicale mutamento di performanc­e dalle lauree di primo livello a quelle di secondo livello emerge dunque con l’ordinament­o 3+2. Molte circostanz­e possono naturalmen­te contribuir­e a questo divario di performanc­e e il tema merita approfondi­menti. È utile però escludere subito un’ipotesi: l’ipotesi che l’ottima performanc­e del biennio dipenda dalla circostanz­a che solo un segmento di laureati triennali con votazioni comparativ­amente più alte si iscrive al biennio magistrale. L’ipotesi non regge per due connessi motivi: la notevole dimensione dei passaggi al biennio e perché la differenza tra il voto medio di laurea degli iscritti alla laurea magistrale e il voto medio dell’insieme dei laureati triennali è minima. Più interessan­te, ma tutta da verificare, è l’ipotesi che la modesta performanc­e del triennio dipenda anche da un consapevol­e, diverso impegno degli studenti, nella opinione che il voto di laurea importante nell’accesso al mercato del lavoro sia il voto del biennio magistrale.

Il fenomeno sottolinea­to riguarda non la sola facoltà di Economia, ma l’insieme delle facoltà. I dati richiamati segnalano due problemi. Di fatto, la capacità di selezione nel biennio magistrale risulta alquanto limitata. I segnali che le lauree magistrali comunicano al mercato del lavoro sono in rilevante misura indifferen­ziati. La selezione è certo più severa nel primo livello di laurea. Gli esiti di questa selezione, in secondo luogo, lasciano qualche timore sulla forza delle basi formative della laurea triennale.

Una conclusiva consideraz­ione. Il passaggio da una università di élite a una università di massa con un efficiente disegno di livelli differenzi­ati di profession­alità è un traguardo che l’attuale 3+2 non sembra aver raggiunto, almeno in larga parte delle nostre strutture. È tempo ormai di affrontare il problema e di approntare interventi correttivi.

SBILANCIAM­ENTO DEI VOTI MEDI C’è una differenza profonda tra i voti medi di laurea del triennio (di solito altissimi) e quelli della magistrale, dove si concentran­o i medio -bassi

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Affollamen­to. Un’aula piena di studenti universita­ri

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