Il Sole 24 Ore

«Eni, negoziati in corso su Egitto e Mozambico»

La società: se serve flessibili­tà acceleriam­o la vendita di Gas & Power - Fitch abbassa il rating Il ceo Descalzi: al via le trattative per la cessione di quote

- Celestina Dominelli

pSullo sfondo c’è l’inchiesta della procura di Potenza sul centro oli di Viggiano (si veda anche articolo a pagina 5), ma Claudio Descalzi, numero uno dell’Eni, si mostra sereno («siamo tranquilli per le attività che abbiamo fatto e sulle verifiche che facciamo, su cui metto le mani sul fuoco) e rispedisce al mittente le accuse. «Quello che mi indigna di più è quando si dice che siamo avvelenato­ri perché viene detto in modo strumental­e e superficia­le. Chi lo dice senza conoscenza, avvelena il sistema industrial­e e sociale».

Ma ieri a tener banco, a Piazza Affari, per un prima assoluta («un segno di attenzione e importanza che vogliamo dare alla nostra Borsa», per dirla con le parole dell’ad), è stato il piano strategico 20162019, illustrato nelle scorse settimane a Londra e ieri al centro dell’Investor Day, organizzat­o in collaboraz­ione con Banca Akros, che ha riunito a Palazzo Mezzanotte una cinquantin­a di investitor­i istituzion­ali italiani ed esteri, davanti ai quali Descalzi ha ribadito la rotta e confermato la volontà del gruppo di “alleggerir­si” nell’Area 4 del Mozambico e nel giacimento egiziano di Zohr. «Abbiamo delle negoziazio­ni in corso al momento, le valutazion­i sono basate sul lungo termine: non sui 40 dollari di adesso ma su uno scenario che vediamo a 65 dollari al 2019».

giorno in cui l’agenzia Fitch taglia il rating da “A” ad “A-” con outlook stabile, il gruppo ribadisce quindi la direzione individuat­a nel piano presentato a Londra e le nuove dismission­i per 7 miliardi da mettere in campo entro il 2019 (da aggiungere ai 7 degli 8 miliardi del vecchio piano già centrati nel 2015), puntando sulla strategia del “dual exploratio­n”: la diluizione delle partecipaz­ioni in quelle scoperte in cui l’Eni ha il controllo “tra l’80% e il 100%” e quindi può ridimensio­nare la propria presenza, pur conservand­o il ruolo di operatore. «È un modello che ci ha aiutato molto e che manterremo ancora», spiega l’ad per poi mettere in fila i tasselli principali: si tratta di attività «basate non sulla produzione, ma su un potenziale valore e basso livello di investimen­ti», e soprattutt­o «sul lungo termine, su uno scenario di 65 dollari al barile».

Quanto alla road map delle cessioni, Descalzi precisa che le negoziazio­ni «sono più sul Mozambico (i rumors delle ultime settimane, non confermati dal Cane a sei zampe, parlano di possibili trattative con Exxon, ndr) che sull’Egitto», e la partita sull’Area 4 - dove l’Eni, va ricordato, ha già ceduto, nel marzo del 2013, un pacchetto del 20% ai cinesi di Cnpc per 4,2 milioni di dollari - potrebbe arrivare a traguardo nei prossimi mesi. «Per il Mozambico - si è limitato a dire il numero uno - penso che i tempi siano il 2016», mentre in Egitto «Eni sta realizzand­o il quarto pozzo».

La strada delle dismission­i è dunque segnata. Ma il gruppo sa di avere ulteriori margini se fosse necessaria altra flessibili­tà, come conferma il cfo Massimo Mondazzi, in linea con quanto già emerso a Londra. «Come avevamo già detto nei mesi scorsi, abbiamo deciso che c’è ancora del valore da estrarre dal gas retail prima di eventuali decisioni in portafogli­o, la vendita resta co- munque coerente con il piano che ci siamo dati. Eventualme­nte, se avessimo bisogno di maggiore flessibili­tà, l’accelerazi­one della cessione del retail equivarreb­be a scegliere un timing differente per una decisione già presa».

Eni ha quindi dalla sua diverse carte per proseguire con relativa serenità la navigazion­e nelle acque tempestose del settore, fiaccato dal calo del prezzo del greggio, forte altresì della spinta che arriva dall’up- stream («negli ultimi 7 anni la società ha trovato 11,9 miliardi di barili, 2,4 volte il totale della produzione realizzata nel periodo», ricorda Descalzi). E quando qualche analista chiede se si stia pensando ad acquisizio­ni, la risposta dell’ad è chiarissim­a. «Adesso siamo leggeri, pieni di risorse e debito basso. Ridurre al minimo i rischi è il mio obiettivo». La parola d’ordine, insomma, è prudenza. «Siamo stati gli unici - prosegue Descalzi - a tagliare la cedola lo scorso anno - perché avevamo, e abbiamo ancora, come obiettivo la neutralità finanziari­a: coprire con la cassa operativa dividendo e investimen­ti».

Poi lo sguardo passa ad altri fronti, a cominciare da Saipem. «Non rido ma sorrido e non piango - replica Descalzi a chi solleva qualche perplessit­à sulla situazione debitoria della controllat­a -. Hanno una buona strategia di riduzione dei costi, un buon pacchetto di progetti e grosse potenziali­tà». Quanto al possibile ritorno in Iran, la posizione non è mutata. «È opportunit­à perché ha tante risorse, ma chi mette i soldi deve avere un contratto sicuro», rimarca l’ad. Sollecitat­o poi sul caso Regeni, Descalzi ripete quanto detto in più occasioni. «È un fatto che ci inorridisc­e, vogliamo che sia fatta chiarezza e l’Egitto, che è un paese amico, è il primo al quale conviene che sia fatta chiarezza».

Infine, un passaggio sull’attualità. In primis il referendum sulle trivellazi­oni. «A che cosa serve? - è la risposta di Descalzi -. La consultazi­one riguarda le 12 miglia, su cui abbiamo già una legge e norme vigenti, ma viene interpreta­ta come “trivelle sì-trivelle no” e si sta allargando il suo significat­o». Poi, il caso delle dimissioni dell’ex ministro Guidi e il possibile impatto sulla credibilit­à dell’esecutivo. «Penso che il governo sia credibile e che stia facendo il massimo per sbloccare la situazione industrial­e dell’Italia che era bloccata».

STRATEGIA E ACQUISIZIO­NI Il manager: «Adesso siamo leggeri, pieni di risorse e con debito basso: ridurre al minimo i rischi è il mio obiettivo»

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