Quel piano innovativo che «anticipa» i competitor
La “macchina” è ormai rodata e in grado di reggere anche se il prezzo del greggio non invertirà stabilmente la rotta. Perché, a differenza di altre compagnie, l’Eni targata Claudio Descalzi, ha anticipato, ancor prima che la crisi del settore esplodesse sotto i colpi del mini-barile, le contromisure necessarie, focalizzandosi sul core business, ristrutturando i settori in perdita e riducendo sensibilmente i costi. E il piano strategico 20162019, presentato nei mesi scorsi a Londra, ha impresso quindi un deciso colpo di acceleratore alla rotta già tratteggiata dall’ad per allineare ancor di più la struttura agli attuali corsi del Brent. Ed è per questo che ieri, all’Investor Day organizzato in collaborazione con Banca Akros, il numero uno dell’Eni, si è mostrato sereno. «Vediamo con ottimismo il futuro. Abbiamo co- struito una società che, per strategia, può convivere con prezzi bassi del petrolio». E quella strategia è tutta nero su bianco nell’ultimo piano dove l’Eni si dice pronta a tagliare ulteriormente i costi (6 miliardi di risparmi tra rinegoziazione di contratti e ulteriori efficienze nei costi corporate) e a mantenere un opex, in termini di costi operativi, sotto i 7 dollari al barile.
Se anche la congiuntura restasse complicata, l’Eni è quindi attrezzata per fronteggiarla. Lo è anche sul lato degli investimenti - tagliati del 21% nell’arco di piano (il 18% in meno nell’upstream) -, ma che il gruppo conta comunque di riuscire a sostenere in presenza di prezzi del petrolio più bassi del previsto: copertura del capex nel 2016, quindi, con il Brent a 50 dollari al barile (rispetto ai 63 dollari del piano precedente), mentre nel 2017 capex e dividendi saranno garantiti con il Brent a 60 dollari (contro la vecchia asticella dei 75 dollari).
«L’industria petrolifera sta affrontando una sfida complessa: ridurre i costi per soddisfare i vincoli finanziari di breve termine, continuando a creare valore nel lungo periodo», aveva spiegato Descalzi a Londra a metà marzo. E se, da un lato, c’è dunque la necessità di continuare a mietere risultati anche con prezzi del petrolio bassi (una bussola che sarà fatta valere altresì per i nuovi progetti, il cui break even è stato ridotto da 45 a 27 dollari al barile), dall’altro, l'ad resta convinto che l’unica strada percorribile, in uno scenario così deteriorato, sia quella di puntare su progetti ad alto valore aggiunto, con ritorni rapidi, e sullo sviluppo di campi convenzionali (vedi Zohr). Una strategia chiara per l’upstream che continuerà a essere il motore del gruppo nei prossimi quattro anni: la produzione cresceràalritmomedioannuodioltreil 3% e l’esplorazione dovrebbe assicurare nuove scoperte per 1,6 miliardi di barili di olio al costo competitivo di 2,3 dollari al barile. E, se il petrolio a un certo punto cambierà verso, i margini per crescere saranno ancor più significativi.