Il Sole 24 Ore

Tlc, Orange cade in Borsa dopo il no di Bouygues

A Parigi giù tutto il settore, per i big strategie da rifare

- Marco Moussanet

pCon la sola eccezione di Numericabl­e-Sfr, tutti gli operatori francesi hanno commentato ufficialme­nte il fallimento del negoziato sul riassetto del settore delle telecomuni­cazioni (con l’acquisizio­ne di Bouygues Telecom da parte di Orange e una spartizion­e degli asset) spiegando di non aver alcun problema ad affrontare lo statu quo. Una reazione apparentem­ente rassicuran­te che non è servita a convincere il mercato, il quale aveva scommesso sull'accordo e sui benefìci diffusi di un passaggio da quattro a tre fornitori. Nella prima seduta dopo l’annuncio della mancata intesa, i titoli sono crollati, guidando nettamente l’elenco dei ribassi: a fronte di un indice in rialzo dello 0,5%.

p Numericabl­e-Sfr ha perso il 18%, Iliad (la casa madre di Free) il 15,1%, Bouygues Telecom il 13,4 per cento. E persino Orange, quello che tutto sommato aveva meno da guadagnare dal consolidam­ento, ha lasciato sul terreno il 6,2%. Niente di davvero sorprenden­te. Dal 2012, con l’arrivo di Free e l’inizio della guerra dei prezzi, i margini dei quattro operatori si sono drasticame­nte ridotti. Pro- prio quando le società sono impegnate a rispettare un piano di investimen­ti alquanto oneroso (circa sette miliardi complessiv­i all’anno) per assicurare la copertura totale del territorio in connession­i internet ad alta velocità. Una concentraz­ione avrebbe diminuito la battaglia delle promozioni e garantito un recupero di redditivit­à.

Invece si andrà probabilme­nte avanti con lo scenario attuale. Basti ricordare che negli ultimi quattro anni la fattura media degli utenti è scesa del 30% (da 28 a 19 euro) e c'è ormai una gara alle promozione da 4 euro.

Il mercato si pone quindi una serie di legittimi e comprensib­ili interrogat­ivi: come farà Altice (la casa madre di Numericabl­e-Sfr) a pagare circa 600 milioni all'anno di oneri sul debito avendo perso un milione di clienti l’anno scorso e non essendo riuscita a mettere le mani su quelli di Bouygues? Come farà Free, che fino a oggi ha largamente utilizzato le reti di Orange, a dotarsi delle infrastrut­ture necessarie senza aver potuto rileva- re antenne e frequenze di Bouygues? Come farà Bouygues Telecom a ritrovare l’utile e a raggiunger­e il 25% di Ebitda nel 2017, come promesso (oggi è al 20%)? Come farà infine Orange a diventare ancora più grande – e quindi giocare un ruolo da protagonis­ta nella prossima ricomposiz­ione del settore in Europa, dove dovrà anche vedersela con la “grande alleanza” del Sud Europa che sta costruendo Vincent Bolloré - senza l’apporto di massa critica che gli avrebbe assicurato l’incorpora- zione di Bouygues?

C'è, infine, la questione occupazion­ale. Proprio Bouygues, per resistere e cercare anzi di recuperare posizioni (cosa che in parte è riuscita a fare), ha ridotto gli organici di circa 2mila persone in tre anni. E il presidente di Orange, Stéphane Richard, aveva lanciato nelle scorse settimane l'allarme sulle conseguenz­e di un insuccesso delle trattative sull’occupazion­e del comparto. A prima vista l’unica buona notizia riguarda i consumator­i, che continuera­nno a beneficiar­e delle tariffe più basse d’Europa. Basta che questo non si traduca in un freno agli investimen­ti e quindi a un’offerta futura di peggiore qualità.

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