Bonus assunzioni, verifica difficile
L’eventuale dichiarazione del datore di lavoro precedente non è sufficiente
Prosegue l’attività della task force incaricata di scovare i furbetti del bonus occupazionale. Fonti ministeriali indicano una percentuale di irregolarità di circa il 19% tra le aziende controllate, per cui circa un’azienda su cinque ha applicato in modo anomalo l’esonero contributivo previsto dalla legge di Stabilità 2015.
Le aziende, quindi, devono porre attenzione nel verificare il rispetto dei paletti posti dalla legge e cioè: 1 l’assenza di un rapporto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti l’assunzione, intrattenuto con qualsiasi datore di lavoro; 1 l’inesistenza di un’assunzione presso lo stesso datore di lavoro (in procinto di assumere) comprese le società controllate o collegate o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto, nell’ultimo trimestre del 2014 (bonus 2015) o del 2015 (bonus 2016).
Se il rapporto di lavoro intrattenuto con lo stesso datore di lavoro è cessato prima del semestre precedente la nuova assunzione, è opportuno che l’interruzione sia ef- fettiva, mentre se si tratta di un’azienda diversa ma operante nello steso ambito produttivo, si dovrà provare che tra le due imprese non c’è alcun nesso societario.
Nel primo anno di operatività del bonus, i datori di lavoro - a titolo probante - hanno chiesto ai lavoratori una dichiarazione di responsabilità circa l’assenza di un rapporto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti, corroborata dalla scheda rilasciata dal centro per l’impiego competente, con annotata la cronologia dei rapporti di lavoro (così come segnalati dai datori di lavoro con la trasmissione del flusso unilav).
Vi è, tuttavia, un elemento ostativo di non facile individuazione: si tratta dell’impossibilità di applicare lo sgravio quando, anche in assenza di una delle due cause di esclusione sopra citate, è esistito un rapporto lavorativo (che si può collocare ben oltre il semestre antecedente la data della nuova assunzione) e il precedente datore di lavoro ha giù usufruito dello sgravio (indifferentemente quello del 2015 o del 2016). Il punto è capire come il datore di lavoro che sta assumendo possa verificare tale circostanza.
Lo sgravio è di competenza dell’azienda e per questo motivo il lavoratore non può certificarne, in luogo del datore dell'epoca, la relativa fruizione. Impossibile anche dedurlo dalla scheda rilasciata dal Cpi. Si può chiedere al lavoratore di farsi parte attiva e di raccogliere una dichiarazione di responsabilità del datore dei lavoro presso cui ha lavorato in precedenza. Soluzione soddisfacente solo in parte in quanto, se si rilevasse mendace, il recupero della facilitazioni contributive, con l’aggiunta degli oneri accessori, avverrebbe in ogni caso.
Il problema, peraltro, riguarda anche l’esonero previsto dalla legge di Stabilità 2016 che, per quanto presenti meno appeal, si muove sulle medesime logiche del precedente e mantiene le stesse condizioni di accesso. Per avere una salvaguardia su questo specifico punto servirebbe un’attestazione più qualificata. Visto che le aziende rischiano grosso e sono nell’impossibilità di effettuare la verifica, l’inserimento di un nuovo servizio online dell’Inps - unico ente pubblico che conosce i fatti – potrebbe essere d’ausilio.