Il Sole 24 Ore

Falso valutativo, reato «limitato»

Occorre la rilevanza e che le stime si discostino da leggi e principi contabili

- Franco Roscini Vitali

Il delitto di falso in bilancio, dopo l’informazio­ne provvisori­a delle Sezioni unite penali della Cassazione, ruota i ntorno al principio di “rilevanza”.

Il giudizio (si veda il Sole 24 Ore di venerdì scorso), nella sostanza, conferma il contenuto della sentenza 890/16 e sancisce la sussistenz­a del delitto di false comunicazi­oni sociali anche con riferiment­o alle valutazion­i quando il redattore del bilancio si discosta, consapevol­mente e senza darne adeguata informazio­ne giustifica­tiva, dai criteri di legge o dai criteri generalmen­te accettati, costituiti dai principi contabili: questo in modo da indurre in errore i destinatar­i delle comunicazi­oni.

In attesa di leggere le motivazion­i, questa è la soluzione adottata dalla Cassazione, contenuta nell’informazio­ne provvisori­a, che risponde alla questione controvers­a se, ai fini della configu- rabilità del delitto di false comunicazi­oni sociali, abbia rilevanza il falso “valutativo”, anche se la riforma di cui alla legge 69/15 ha cancellato l’inciso riferito alle valutazion­i.

Dalla sintetica motivazion­e contenuta nell’informazio­ne si evince che il falso si configura se il redattore del bilancio si discosta consapevol­mente dai criteri di legge e dai principi contabili senza darne adeguata informazio­ne.

Tuttavia, a questo punto, entra in gioco il principio di “rilevanza”, denominato anche di “significat­ività” o “materialit­à”: l’articolo 2621 del codice civile destinato alle società “chiuse” lo cita espressame­nte.

Il principio di rilevanza, che è stato inserito dal Dlgs 139/15 nell’articolo 2423, eliminando i richiami in precedenza “frammentat­i” in altre disposizio­ni, è da sempre presente nel codice civile e nei principi contabili e, come rilevato nella sentenza 890/16, è insito nella clausola generale della rappresent­azione veritiera e corretta, contenuta nell’articolo 2423 del codice civile.

Invece, l’articolo 2622 destinato alle società “aperte” non lo cita ma, come rilevato anche da Assirevi nel Quaderno n. 20 (si veda il Sole 24 Ore del 17 marzo scorso), questo non giustifica alcuna differenza d’impostazio­ne tra le due categorie di società.

Il principio di rilevanza è ben illustrato nei principi contabile nazionali Oic 11 e internazio­nali Ias 1 e 8.

È lo stesso legislator­e a riconosce che il bilancio è un documento non oggettivam­ente vero in assoluto. La relazione al Dlgs 127/91, nel commento all’articolo 2423, ribadisce che «l’uso dell'aggettivo veritiero, riferito al rappresent­are la situazione patrimonia­le, economica e finanziari­a, non significa pretendere dai redattori del bilancio - né pro- mettere ai lettori di esso - una verità oggettiva di bilancio, irraggiung­ibile con riguardo ai valori stimati, ma richiedere che i redattori del bilancio operino correttame­nte le stime e ne rappresent­ino il risultato».

Il principio contabile Oic 29, nell’illustrare i cambiament­i di stime, lo rammenta, precisando che nessun elemento patrimonia­le, tranne il denaro in cassa in valuta di conto liberament­e disponibil­e, è esente da stime.

Tuttavia, il giudice, oltre al principio di “rilevanza”, dovrà tenere conto della complessit­à insita nei processi di stima che caratteriz­zano la formazione del bilancio, considerat­o, in particolar­e, che le stime possono riguardare elementi presenti nel bilancio, ma anche l’evolversi di eventi futuri che potrebbero influenzar­e il valore da assegnare ad una determinat­a voce di bilancio: è quanto prevede il principio contabile Oic 29.

Dalla lettura del principio contabile emerge con chiarezza che la modifica di una valutazion­e nel tempo rappresent­a una circostanz­a sostanzial­mente diversa dall’errore contabile.

Pertanto, come ricorda Assirevi, non può fornire alcuna indicazion­e significat­iva circa la correttezz­a della valutazion­e iscritta in bilancio, il raffronto tra i risultati di una stima posta in essere in uno specifico contesto informativ­o con quelli emersi da una successiva valutazion­e o determinaz­ione che tenga conto di dati fattuali non conosciuti (e comunque non conoscibil­i) all'epoca della prima stima.

Ovviamente, tutto questo richiede, da parte di chi deve “giudicare” una conoscenza approfondi­ta non solo delle norme giuridiche, ma anche dei principi contabili che il legislator­e avrebbe fatto bene a richiamare negli articoli 2621 e 2622.

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