Auto non sua, tre cause per annullare la multa
C’è una una sentenza della Cassazione che fa notizia. Ma non come tutte le altre di cui si occupano i media: qui non è significativo il principio di diritto stabilito dai giudici, ma il fatto su cui essi hanno deciso. Ossia la banale vicenda di multa notificata con tutta evidenza alla persona sbagliata, che però per difendersi è stata portata fino in Cassazione da un corpo di polizia abbarbicato su un’interpretazione letterale del Codice della strada. Con spese legali che la Corte ha quantificato in 1.600 euro, addebitandole al corpo.
La Seconda sezione civile, con la sentenza 3655 depositata il 24 febbraio, ha dovuto decidere su una multa comminata al proprietario di un’auto per non aver comunicato alla Polizia provinciale di Bologna chi fosse alla guida in occasione di una precedente infrazione (un eccesso di velocità). Ma il cittadino aveva acquistato l’auto da poco e l’infrazione risaliva a quando il mezzo era intestato al precedente proprietario, per cui non poteva proprio sapere chi guidasse.
Casi del genere sono molto diffusi: per le infrazioni al Codice della strada, la stragrande parte delle notifiche avviene con sistemi che ricercano in automatico nei pubblici registri (Motorizzazione e Pra) le generalità dei proprietari in base alla targa. Di solito, senza confrontare la data dell’infrazione e quella in cui il veicolo è stato acquistato.
Normalmente, tutto si risolve col buonsenso: chi riceve il verbale fa vedere il certificato di proprietà e il corpo di polizia annulla il verbale in autotutela o, al massimo, invita il cittadino a presentare un semplice ricorso al prefetto (basta una raccomandata), che gli stessi agenti indicheranno come fondato e porterà rapidamente all’annullamento.
In questo caso c’era una complicazione: l’eccesso di velocità superava i 10 chilometri orari, quindi comportava la decurtazione di punti con obbligo del proprietario di indicare chi era alla guida e conseguente invito contenuto nel verbale. Il destinatario non ha risposto, ritenendo che il «proprietario» citato dal Codice (articolo 126-bis, comma 2) come obbligato a indicare il conducente potesse essere solo l’intestatario al momento dell’infrazione. La Provincia di Bologna pretendeva invece che il nuovo proprietario rispondesse lo stesso, anche solo per dichiarare di non sapere nulla.
La Cassazione si è limitata ad affermare che «appare evidente che il “proprietario” al quale deve essere rivolto l’invito...è esclusivamente il soggetto che risulti tale al momento della violazione».