Il Sole 24 Ore

Italia prima per le cause ma calano gli indennizzi

Nel bilancio del 2015

- Marina Castellane­ta

per l’Italia, il peso dei pagamenti dovuti all’esecuzione delle sentenze di condanna di Strasburgo. Nel 2015, l’Italia ha versato poco più di 4 milioni di euro a fronte dei 29.540.589 dell’anno precedente e al record assoluto del 2013 pari a 71.284.302. L’Italia migliora anche la sua posizione in classifica segno del minor peso negativo sul fronte patrimonia­le delle sen2tenze della Corte. Precedono Roma, che l’anno scorso era al terzo posto, Albania, Cipro, Romania, Russia e Turchia. Lo scrive il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, organo competente a vigilare sull’esecuzione delle sentenze da parte degli Stati, nel nono rapporto annuale presentato il 30 marzo. Che vede, però, l’Italia svettare al primo posto per il numero di casi pendenti dinanzi al Comitato: 2.421, con un migliorame­nto rispetto ai 2.622 dell’anno precedente. Seguono l’Italia la Turchia con 1.591 casi e la Russia a quota 1.474.

In via generale risalta un trend positivo con 1.537 casi chiusi ( piena esecuzione delle sentenze) a fronte dei 1.502 dell’anno precedente. Un segno più accompagna­to, però, dall’incremento dei casi pendenti da più di 5 anni: 685 a fronte dei 593 del 2014 e dei 435 del 2013. Con effetti negativi su vasta scala perché la non esecuzione comporta la permanenza di situazioni, leggi o vuoti normativi in grado di provocare nuove violazioni e nuove condanne.

Nel 2015 i nuovi casi sono stati 1.285 contro i 1.389 del 2014. Aumentano, però, i leading cases pendenti (1.555 nel 2015, 1.513 nel 2014) segno delle difficoltà degli Stati nell’esecuzione di casi che comportano modifi- che struttural­i. Nel totale, anche a causa dell’arretrato, sul Comitato dei Ministri gravano ancora 10.652 procedimen­ti.

Per quanto riguarda l’Italia, boom di casi chiusi: 228 contro i 23 dell'anno precedente. Nel 2015 i nuovi casi iscritti nell’agenda del Comitato sono stati 26 (18 quelli ripetitivi e 8 i leading cases) a fronte dei 52 del 2014 (36 i seriali, 16 i secondi). I casi pendenti da oltre 5 anni, classifica­ti tra quelli standard, sono però aumentati, seppure di poco, passando dai 21 del 2014 ai 25 del 2015. I procedimen­ti sottoposti a sorveglian­za rafforzata sono scesi da 16 a 14.

Per quanto riguarda i tempi la situazione italiana peggiora: la media nell’esecuzione dei leading cases passa da 5,2 anni a 5,9, con tempi ancora più lunghi per i casi di sorveglian­za rafforzata che da 4,6 anni arriva a 8,6.

Vediamo gli indennizzi. In via generale, i pagamenti corrispost­i nei tempi dovuti sono stati 956 e 275 quelli fuori tempo. Per l’Italia, nel 2015 solo in un caso è stato rispettato il termine di versamento dovuto alle vittime, in 9 casi, invece, le vittime sono state liquidate fuori termine e in 75 procedimen­ti il Comitato è ancora in attesa della comunicazi­one del versamento.

Sul fronte delle misure generali richieste, l’Italia latita ancora nell’adozione di una legge sul divieto di tortura con l’espressa previsione del reato sul piano interno (misura richiesta nella sentenza di condanna sul G8 di Genova), nella nuova normativa sulla procreazio­ne medicalmen­te assistita (sentenza Costa e Pavan), per la situazione dei rifiuti in Campania e per le espulsioni collettive (Sharifi e altri).

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