Il Sole 24 Ore

Dividendi, non fermarsi agli annunci

Spesso gli stacchi sono straordina­ri e alimentati da riserve

- Gianfranco Ursino

Tempo di dividendi. Nel periodo primaveril­e entra nel vivo la stagione dei dividendi con le società quotate che via via annunciano le politiche distributi­ve dei proventi relative all’anno precedente. E dopo le proposte di stacco deliberate dai cda, arrivano le approvazio­ni delle assemblee degli azionisti.

Piazza Affari, tra l’altro, è il mercato che meglio si presta a veder valorizzat­a la politica dei dividendi. In media il listino milanese ha un rendimento del dividendo (il cosiddetto dividend yield) del 3%. È una media, ovvio, che vede titoli che riescono a offrire dividend yield del 12% e aziende che non distribuis­cono niente.

Ma attenzione. Investire su una società, solo perché distribuis­ce alti dividendi, può rivelarsi pericoloso. Bisogna ponderare l’investimen­to contemplan­do anche altri fattori, quali la valutazion­e del prezzo di mercato, le prospettiv­e di crescita della società, l’origine dei flussi di cassa distribuit­i e così via.

Non sempre, in primis, alti dividendi si accompagna­no a buone performanc­e borsistich­e. Ad esempio, quasi tutte le banche che hanno annunciato lo stacco relativo al 2015, hanno subito pesanti perdite in Borsa nel corso degli ultimi mesi (vedi tabella a lato). Una sorta di premio di consolazio­ne per gli azionisti. «Considerat­i gli attuali ratio patrimonia­li - afferma Marcello Rubiu, partner di Norisk - la distribuzi­one di dividendi delle banche appare non particolar­mente prudente. Se le vendite di Npl realizzate hanno dato un po’ di respiro, le svalutazio­ni prospettic­he potrebbero essere elevate e richiedere aumenti di capitale. Un’eccezione potrebbe essere Intesa Sanpaolo». Agli azionisti con una mano vengono elargiti dividendi e con l’altra vengono richiesti nuove somme da investire nella banca.

È necessario poi prestare attenzione all’origine delle risorse utilizzate per pagare i dividendi. «Chi investe - continua Rubiu - non dovrebbe basarsi sul dividendo prossimo alla distribuzi­one, scontato già da prezzo di borsa, ma su quelli futuri e prospettic­i. Quindi quelli correnti dovrebbero servire come una proiezione di quelli futuri e non devono però essere distorti da poste straordina­rie e taroccamen­ti. Sei proventi arrivano da risultati gestionali non straordina­ri e coerenti con quanto registrato in passato può essere una strategia di investimen­to interessan­te. Altrimenti si rischia di comprare un’azione a prezzo pieno e incassare un dividendo ridotto del 26% dalle tasse».

C’è anche chi distribuis­ce dividendi pur chiudendo il bilancio in perdita. È il caso di Eni, che in concomitan­za con la discesa rilevante dei risultati economici, ha deciso di corrispond­ere dividendi pur in presenza di una generazion­e di cassa nel 2015 positiva ma non sufficient­e a giustifica­re il cospicuo monte dividendi. Essendo il 30% di Eni in mano pubblica, i dividendi contribuis­cono ad aiutare i conti statali. Hanno chiuso lo scorso anno in perdita, ma hanno deciso di staccare proventi anche Immsi, Alerion, Fila e Telecom Italia, quest’ultima solo agli azionisti di risparmio.

Spesso i dividendi sono frutto, in tutto o in parte, di profitti realizzati negli anni precedenti o di eventi gestionali straordina­ri. Per Dea Capital l’importo distribuit­o arriva tutto da riserva, ma l’elenco delle società che hanno deciso di distribuir­e dividendi straordina­ri attingendo dalle riserve è lungo: tra quelle in tabella c’è Saes Getters, ma anche Enervit, Rai Way, Mutuionlin­e e Cerved hanno elargito un dividendo straordina­rio. Anche la metà dei dividendi annunciati da Erg sono straordina­ri, e solo consideran­do il dividend yield “ricorrente” l’indicatore scende da 8,7% al 4,35% e il payout ratio del 78%. Solo per fare un esempio.

Mala più“generosa” quest’ anno è Saras, che però era da un quinquenni­o che non distribuiv­a dividendi. La redditivit­à nel 2015 è cresciuta in modo netto, riportando in positivo la gestione operativa. I margini di raffinazio­ne, però, possono essere piuttosto erratici come visto nel 2013 e 2014. Tutte consideraz­ione che vanno fatti caso per caso quando si decide di puntare su un singolo titoli.

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