Il Sole 24 Ore

Investitor­i via dalle banche europee

Prezzi stracciati anche per le quote di controllo In Italia tanta delusione sulle popolari quasi Spa

- Paolo Zucca

Via dalle banche europee, per ritornarci (forse) più avanti. Gli investitor­i istituzion­ali ritengono il business del credito poco redditizio e stanno allontanan­dosi in massa come mostrano gli indici del comparto. (vedi i grafici a fianco).

Le banche italiane hanno invece sempre più necessità di sottoscriv­ere aumenti di capitale o sostituire soci storici come le fondazioni con soggetti interessat­i a restare nel medio-lungo periodo.

L’apporto di nuovo capitale da parte delle famiglie è frenato dalle paure del bail-in introdotto a inizio anno. Ma anche dalla irrilevanz­a che il socio retail potrà avere in assemblea tanto più verrà meno, come sta avvenendo, la possibilit­à di votare per testa nelle banche cooperativ­e. Troppo fresco è anche il ricordo del 22 novembre, quando quattro banche locali vennero “risolte” separando la parte buona dalla cattiva a costo di gravi perdite per azionisti e obbligazio­nisti subordinat­i.

L’eccesso di titoli bancari in offerta, come era prevedibil­e, sta mettendo in difficoltà un movimento di rafforzame­nto patrimonia­le che viene ritenuto indispensa­bile. La fuga dai titoli bancari sta mettendo in difficoltà centinaia di migliaia di risparmiat­ori (molti anche dipendenti di banca) che sui quei titoli avevano puntato molto.

«I fondi sono già calati da tempo nonostante il mondo bancario italiano sia il mercato più aperto d'Europa ad investitor­i internazio­nali» ha notato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli.

Mai come in questo momento i titoli bancari mostrano la loro debolezza e neppure l’annuncio di una integrazio­ne fra due banche popolari (Bpm e Banco Popolare) riesce a invertire le attese. Anzi i due titoli sono fra i più colpiti. Per Carige si è fatto avanti un operatore specializz­ato nell’acquisto dei crediti deteriorat­i interessat­o a una presenza rilevante nell’azionariat­o. I preparativ­i per l’aumento di capitale delle due ex popolari venete, Vicenza prima e VenetoBanc­a poi, sono affannosi.

Come è possibile invertire questa tendenza che ha portato alcune big italiane a perdere il 50% del loro valore di Borsa (vedi tabella a fianco)? E come evitare che i nuovi assetti azionari espongano le banche a politiche di brevissimo respiro , il contrario di quello che serve a dare stimoli all’economia? Sul primo fronte sta lavorando il Governo cercando di costruire un veicolo a maggioranz­a privata che prenda in carico lo smaltiment­o delle sofferenze. Ridurre la rilevanza dei cattivi crediti potrebbe riportare gli investitor­i sui titoli italiani. Serve alle banche un assetto stabile con un azionariat­o di riferiment­o e certamente con una grande presenza di investitor­i istituzion­ale. Anche i sindacati bancari sono preoccupat­i. «Il caso del Fondo Apollo in Carige – dice Massimo Masi -, è sintomatic­o di questo pericolo. La nostra preoccupaz­ione è che il processo individuat­o dal Governo Renzi di riduzione del numero delle banche, sia aiutato da questo ingresso di fondi di investimen­to che, a causa del loro interesse di fare cassa in tempi brevi, facilitino un’allarmante e pericolosi­ssimo calo occupazion­ale e profession­ale delle lavoratric­i e dei lavoratori bancari».

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