Investitori via dalle banche europee
Prezzi stracciati anche per le quote di controllo In Italia tanta delusione sulle popolari quasi Spa
Via dalle banche europee, per ritornarci (forse) più avanti. Gli investitori istituzionali ritengono il business del credito poco redditizio e stanno allontanandosi in massa come mostrano gli indici del comparto. (vedi i grafici a fianco).
Le banche italiane hanno invece sempre più necessità di sottoscrivere aumenti di capitale o sostituire soci storici come le fondazioni con soggetti interessati a restare nel medio-lungo periodo.
L’apporto di nuovo capitale da parte delle famiglie è frenato dalle paure del bail-in introdotto a inizio anno. Ma anche dalla irrilevanza che il socio retail potrà avere in assemblea tanto più verrà meno, come sta avvenendo, la possibilità di votare per testa nelle banche cooperative. Troppo fresco è anche il ricordo del 22 novembre, quando quattro banche locali vennero “risolte” separando la parte buona dalla cattiva a costo di gravi perdite per azionisti e obbligazionisti subordinati.
L’eccesso di titoli bancari in offerta, come era prevedibile, sta mettendo in difficoltà un movimento di rafforzamento patrimoniale che viene ritenuto indispensabile. La fuga dai titoli bancari sta mettendo in difficoltà centinaia di migliaia di risparmiatori (molti anche dipendenti di banca) che sui quei titoli avevano puntato molto.
«I fondi sono già calati da tempo nonostante il mondo bancario italiano sia il mercato più aperto d'Europa ad investitori internazionali» ha notato il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli.
Mai come in questo momento i titoli bancari mostrano la loro debolezza e neppure l’annuncio di una integrazione fra due banche popolari (Bpm e Banco Popolare) riesce a invertire le attese. Anzi i due titoli sono fra i più colpiti. Per Carige si è fatto avanti un operatore specializzato nell’acquisto dei crediti deteriorati interessato a una presenza rilevante nell’azionariato. I preparativi per l’aumento di capitale delle due ex popolari venete, Vicenza prima e VenetoBanca poi, sono affannosi.
Come è possibile invertire questa tendenza che ha portato alcune big italiane a perdere il 50% del loro valore di Borsa (vedi tabella a fianco)? E come evitare che i nuovi assetti azionari espongano le banche a politiche di brevissimo respiro , il contrario di quello che serve a dare stimoli all’economia? Sul primo fronte sta lavorando il Governo cercando di costruire un veicolo a maggioranza privata che prenda in carico lo smaltimento delle sofferenze. Ridurre la rilevanza dei cattivi crediti potrebbe riportare gli investitori sui titoli italiani. Serve alle banche un assetto stabile con un azionariato di riferimento e certamente con una grande presenza di investitori istituzionale. Anche i sindacati bancari sono preoccupati. «Il caso del Fondo Apollo in Carige – dice Massimo Masi -, è sintomatico di questo pericolo. La nostra preoccupazione è che il processo individuato dal Governo Renzi di riduzione del numero delle banche, sia aiutato da questo ingresso di fondi di investimento che, a causa del loro interesse di fare cassa in tempi brevi, facilitino un’allarmante e pericolosissimo calo occupazionale e professionale delle lavoratrici e dei lavoratori bancari».