Fondi pensione più aperti ma aumentano i rischi
Prende forma il progetto europeo di un prodotto pensionistico unitario a livello della Ue
Nuova politica di investimento sia per i fondi pensione che per le Casse di Previdenza, a seguito del Dl 166 del Settembre 2014 e del prossimo decreto Casse, che, andato in consultazione lo scorso anno, è di prossima emanazione. Se ne è parlato al Salone del Risparmio, l’evento organizzato da Assogestioni che si è chiuso ieri a Milano. La nuova normativa pone l’accento sul controllo dei rischi dando maggiore libertà al gestore, il quale però viene investito di maggiore responsabilità. Al di là delle residue restrizioni quantitative, è infatti tendenzialmente ammesso qualsiasi tipo di investimento a patto che il fondo sia in grado di gestire (in caso di gestione diretta) o controllare (per la gestione convenzionata) l’andamento della gestione. Si aprono quindi maggiori possibilità di raccolta per i fondi chiusi di private equity, venture capital e private debt. «I fondi pensione si trovano in un contesto di tassi bassi e non sono in grado di generare rendimenti se non aggiungendo rischio al portafoglio e conseguentemente esponendosi a potenziali maggiori drawdown di portafoglio – spiega Elisa Ori, responsabile area istituzionale di Bnp Paribas I.P. – la gestione dinamica del rischio di portafoglio costituisce la risposta alla doppia sfida che gli investitori istituzionali hanno nel prendere le loro decisioni di investimento. Vale a dire, raggiungere gli obiettivi di lungo periodo che richiedono, specialmente in contesti di tassi bassi, investimenti in attivi rischiosi e avere una cintura di sicurezza che li protegga da perdite troppo elevate». Come spiega l’esperta senza un’attenta gestione del rischio di portafoglio, gli investimenti più rischiosi rischierebbero di erodere i guadagni in caso di repentine correzioni di mercato.
La centralità della previdenza, dal punto di vista del risparmio, è stata messa in relazione, al Salone, anche con l’invecchiamento della popolazione. Nel 2063 in Italia gli ultra95enni saranno 1.257.000. Lo ha spiegato Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’università Bicocca di Milano. In pratica si tratta di soggetti che già oggi sono alla vigilia dei cinquanta, non di bambini o adolescenti. L’esigenza di mettere in conto fin da subito la necessità di integrare le risorse che potranno venire dalla pensione pubblica però non è sempre chiara agli italiani. Che il sistema però debba integrare quote pensionistiche a ripartizione con quote a capitalizzazione è stata sottolineata, tra gli altri, da Ambrogio Rinaldi direttore centrale della Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), sempre in occasione del Salone del risparmio. E quest’ultimo ha anche annunciato che a livello di Eiopa (l’autorità europea che vigila sul sistema pensionistico a livello comunitario) l’orientamento che sta prendendo piede in questo periodo e che probabilmente prenderà forma a breve è quello dell’introduzione di un ventinovesimo sistema, di stampo comunitario, il cosiddetto PanEuropean Personal Pension product. Più che l’introduzione di una normativa europea che si proponga di armonizzare gli ordinamenti dei vari stati, si tratta di uno strumento che si aggiungerebbe ai 28 nazionali esistenti, senza sostituirli, ma affiancandoli con una proposta unitaria a livello europeo. Su questo tema Eiopa aveva lanciato una consultazione volta a verificare la “attractiveness of a Pan-European Personal Pension Product” (di cui si era già scritto su Plus24 dello scorso 7 novembre). E Assogestioni, aveva segnalato che quello proposto dall’Eiopa rappresenta «un vero e proprio prodotto di “terzo pilastro” adatto a qualunque risparmiatore», ricordando che è la prima volta che, a livello comunitario, si parla dell’opportunità di creare un prodotto armonizzato per rispondere alle esigenze previdenziali dei risparmiatori. Un sistema peraltro che va incontro alle esigenze dei giovani che si muovono con più facilità ormai, nel corso della loro carriera lavorativa, tra i vari paesi europei. Un prodotto con un imprinting comunitario potrebbe permettere la ricomposizione, in modo agevole, del percorso contributivo di questi soggetti. Il Pan-European Personal Pension Product si inserisce peraltro nel percorso volto a realizzare al Capital market union (Cmu), un intervento dunque con ambizioni ampie.