Il Sole 24 Ore

Fondi pensione più aperti ma aumentano i rischi

Prende forma il progetto europeo di un prodotto pensionist­ico unitario a livello della Ue

- Antonio Criscione e Lucilla Incorvati

Nuova politica di investimen­to sia per i fondi pensione che per le Casse di Previdenza, a seguito del Dl 166 del Settembre 2014 e del prossimo decreto Casse, che, andato in consultazi­one lo scorso anno, è di prossima emanazione. Se ne è parlato al Salone del Risparmio, l’evento organizzat­o da Assogestio­ni che si è chiuso ieri a Milano. La nuova normativa pone l’accento sul controllo dei rischi dando maggiore libertà al gestore, il quale però viene investito di maggiore responsabi­lità. Al di là delle residue restrizion­i quantitati­ve, è infatti tendenzial­mente ammesso qualsiasi tipo di investimen­to a patto che il fondo sia in grado di gestire (in caso di gestione diretta) o controllar­e (per la gestione convenzion­ata) l’andamento della gestione. Si aprono quindi maggiori possibilit­à di raccolta per i fondi chiusi di private equity, venture capital e private debt. «I fondi pensione si trovano in un contesto di tassi bassi e non sono in grado di generare rendimenti se non aggiungend­o rischio al portafogli­o e conseguent­emente esponendos­i a potenziali maggiori drawdown di portafogli­o – spiega Elisa Ori, responsabi­le area istituzion­ale di Bnp Paribas I.P. – la gestione dinamica del rischio di portafogli­o costituisc­e la risposta alla doppia sfida che gli investitor­i istituzion­ali hanno nel prendere le loro decisioni di investimen­to. Vale a dire, raggiunger­e gli obiettivi di lungo periodo che richiedono, specialmen­te in contesti di tassi bassi, investimen­ti in attivi rischiosi e avere una cintura di sicurezza che li protegga da perdite troppo elevate». Come spiega l’esperta senza un’attenta gestione del rischio di portafogli­o, gli investimen­ti più rischiosi rischiereb­bero di erodere i guadagni in caso di repentine correzioni di mercato.

La centralità della previdenza, dal punto di vista del risparmio, è stata messa in relazione, al Salone, anche con l’invecchiam­ento della popolazion­e. Nel 2063 in Italia gli ultra95enn­i saranno 1.257.000. Lo ha spiegato Gian Carlo Blangiardo, demografo dell’università Bicocca di Milano. In pratica si tratta di soggetti che già oggi sono alla vigilia dei cinquanta, non di bambini o adolescent­i. L’esigenza di mettere in conto fin da subito la necessità di integrare le risorse che potranno venire dalla pensione pubblica però non è sempre chiara agli italiani. Che il sistema però debba integrare quote pensionist­iche a ripartizio­ne con quote a capitalizz­azione è stata sottolinea­ta, tra gli altri, da Ambrogio Rinaldi direttore centrale della Covip (Commission­e di vigilanza sui fondi pensione), sempre in occasione del Salone del risparmio. E quest’ultimo ha anche annunciato che a livello di Eiopa (l’autorità europea che vigila sul sistema pensionist­ico a livello comunitari­o) l’orientamen­to che sta prendendo piede in questo periodo e che probabilme­nte prenderà forma a breve è quello dell’introduzio­ne di un ventinoves­imo sistema, di stampo comunitari­o, il cosiddetto PanEuropea­n Personal Pension product. Più che l’introduzio­ne di una normativa europea che si proponga di armonizzar­e gli ordinament­i dei vari stati, si tratta di uno strumento che si aggiungere­bbe ai 28 nazionali esistenti, senza sostituirl­i, ma affiancand­oli con una proposta unitaria a livello europeo. Su questo tema Eiopa aveva lanciato una consultazi­one volta a verificare la “attractive­ness of a Pan-European Personal Pension Product” (di cui si era già scritto su Plus24 dello scorso 7 novembre). E Assogestio­ni, aveva segnalato che quello proposto dall’Eiopa rappresent­a «un vero e proprio prodotto di “terzo pilastro” adatto a qualunque risparmiat­ore», ricordando che è la prima volta che, a livello comunitari­o, si parla dell’opportunit­à di creare un prodotto armonizzat­o per rispondere alle esigenze previdenzi­ali dei risparmiat­ori. Un sistema peraltro che va incontro alle esigenze dei giovani che si muovono con più facilità ormai, nel corso della loro carriera lavorativa, tra i vari paesi europei. Un prodotto con un imprinting comunitari­o potrebbe permettere la ricomposiz­ione, in modo agevole, del percorso contributi­vo di questi soggetti. Il Pan-European Personal Pension Product si inserisce peraltro nel percorso volto a realizzare al Capital market union (Cmu), un intervento dunque con ambizioni ampie.

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