Il passo doppio di Allianz sull’Italia
C’è una doppia lettura dietro la decisione di Allianz, quarto gruppo assicurativo Vita e sanitario in Italia, che il 31 marzo ha dato mandato a Goldman Sachs per vendere un portafoglio da 4,5 miliardi di euro di polizze Vita chiuse italiane, in un’operazione che potrebbe valere circa 200 milioni. Entrambe le letture coinvolgono la Banca centrale europea e le regole Ue. La prima lettura, mainstream, legge nella mossa del colosso assicurativo tedesco una decisione obbligata dal crollo dei rendimenti obbligazionari seguito alle mosse della Bce che hanno portato i tassi ai minimi storici. Il problema è che, a fronte di minimi flussi cedolari, le polizze Vita italiane vendute pagano un tasso di interesse minimo del 2%. Non solo: la direttiva Solvency II, entrata in vigore dal primo gennaio scorso, pesa sul business delle polizze Vita chiuse che assorbe molto capitale. C’è, invece, chi ha voluto leggere nella decisione della società tedesca un atto di sfiducia nel sistema-Italia: le polizze hanno come sottostante un paniere che comprende anche titoli di Stato italiani e, dunque, anche in caso di default dello Stato l’assicurazione dovrebbe garantire rendimenti e capitale investito.
Un’interpretazione malevola alla quale la risposta l’ha data la stessa Allianz: giovedì scorso, 7 aprile, Allianz Global Investors, il gestore del gruppo, ha investito 400 degli 830 milioni complessivi sul project bond del Passante di Mestre, il primo garantito (per un quinto del suo valore) dalla Banca europea degli investimenti su un progetto infastrutturale italiano. Anche qui entra in gioco Solvency II: un emendamento alla direttiva alleggerisce gli accantonamenti di capitale richiesti alle compagnie europee per gli investimenti effettuati in azioni o bond di iniziative infrastrutturali. L’emissione di bond sarà in due tranche con una cedola del 2,115% e scadenza 31 dicembre 2030. Se le polizze Vita non rendono, le alternative anche in Italia non mancano.