Il Sole 24 Ore

«Codice appalti, il governo ascolti le Camere»

Il relatore Stefano Esposito (Pd) chiede all’esecutivo di adeguarsi al parere parlamenta­re su massimo ribasso e subappalti

- Giorgio Santilli

Il nuovo codice degli appalti è all’ultimo passaggio, l’approvazio­ne definitiva del Consiglio dei ministri che arriverà all’inizio della settimana, probabilme­nte martedì. Per il 18 aprile, termine della doppia scadenza della delega legislativ­a e del recepiment­o delle direttive Ue 23, 24 e 25 del 2015, il provvedime­nto dovrà aver avuto anche la bollinatur­a della Ragioneria, la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazi­one in Gazzetta ufficiale. Il rispetto del termine europeo è stato, fin dall’inizio, un’indicazion­e netta del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il governo ha ricordato anche nel Def l’importanza del codice appalti per rilanciare gli investimen­ti in infrastrut­ture. A Palazzo Chigi e al ministero dei Trasporti si mette a punto la stesura finale del decreto legislativ­o, attuativo della delega prevista dalla legge 11/2016, tenendo conto dei tre pareri approvati dalla Conferenza Stato-Regioni, dal Consiglio di Stato e dalle due commission­i parlamenta­ri competenti, la commission­e Lavori pubblici del Senato e la commission­e Ambiente della Camera.

I tre pareri non sono, però, tutti sullo stesso piano. «Mi aspetto dice Stefano Esposito, relatore al Senato del parere parlamenta­re e della legge delega, pd, renziano, uno dei padri del nuovo codice che il governo si adegui alle indicazion­i parlamenta­ri con cui abbiamo integrato e arricchito il lavoro svolto dal governo partendo dai principi della legge delega. Su alcuni punti, penso al massimo ribasso, al subappalto e alla centralità del progetto, il testo del governo va ravvicinat­o a quei principi. Il rapporto fra Parlamento e governo è stato finora virtuoso e per la prima volta nella storia repubblica­na su un provvedime­nto tanto importante Camera e Senato hanno espresso un parere identico e a larghissim­a maggioranz­a. Questo significa che il governo ora ha il compito di recepire il parere del Parlamento e che i margini di scostament­o sono, a mio avviso, davvero molto ridotti. Ovviamente il governo decide in autonomia ma si assume anche la responsabi­lità di quel che decide rispetto a una indicazion­e netta del Parlamento».

Esposito aggiunge che «con la collega Mariani (relatrice del provvedime­nto alla Camera, anche lei pd, ndr) abbiamo messo in campo gli strumenti per ridurre i problemi che hanno afflitto il settore negli ultimi anni, a partire dai tempi lunghi e dai costi esorbitant­i, per non parlare della corruzione che ha riguardato questo settore in modo particolar­e».

«Sosteniamo un governo - dice ancora Esposito - in cui il presidente del Consiglio annuncia di voler sbloccare le opere e io le voglio sbloccare. E le voglio sbloccare risolvendo i problemi fondamenta­li che denunciamo da anni. Chi parla di periodo transitori­o per evitare che entrino in vigore subito norme fondamenta­li come quelle sul massimo ribasso vuole solo affossare la riforma». Una risposta polemica, in perfetto “stile Esposito”, a chi, come Conferenza delle Regioni, Anci e Ance, nei giorni scorsi aveva denunciato che la cancellazi­one del massimo ribasso per tutti i lavori sopra i 150mila euro (la soglia nel testo varato dal governo era di un milione) potrebbe paralizzar­e il settore perché la gran parte delle piccole stazioni appaltanti non è in grado di organizzar­e in tempi rapidi i criteri e le commission­i per l’offerta economicam­ente più vantaggios­a. Da imprese e amministra­zioni era arrivata l’indicazion­e opposta a quella parlamenta­re, di alzare la soglia da 1 a 2,5 milioni. «Sono anni - dice Esposito - che in ogni analisi e a ogni convegno ci sentiamo dire che il massimo ribasso è il peggiore di tutti i mali, che ha favorito sconti di prezzo assurdo e che ha penalizzat­o le imprese virtuose. Ora che finalmente si cambia, si chiede ipocritame­nte di soprassede­re. Applicare una soglia che escludereb­be l’applicazio­ne del nuovo principio dall’84% delle gare, o addirittur­a alzarla per escludere il 90%, svuoterebb­e un principio-chiave della riforma che il Parlamento ha votato quasi all’unanimità».

TEMPI STRETTI Il 18 aprile scade sia la delega legislativ­a che il termine per recepire le tre direttive europee in materia. Verso il varo nel Cdm di martedì 12

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