Il Sole 24 Ore

Sanzioni e regole sul capitale dietro i ribassi in Europa

- Fabio Pavesi

pSi vedrà solo a partire da lunedì se la soluzione di sistema messa a punto dal Governo per affrontare i nodi degli aumenti di capitale delle banche venete e più in generale il tema spinoso delle sofferenze, darà un po’ di fiato alle banche italiane in Borsa, collassate da un’ondata di ribassi. Il potente rimbalzo di venerdì può essere un segnale, ma non è dirimente per il momento. Quando in poco più di tre mesi l’indice bancario di Piazza Affari brucia oltre un terzo del suo valore, è quasi puerile pensare che tutta l’incertezza che ha gravato sulle banche da inizio anno possa dissolvers­i all’istante. Il piano del Governo dovrebbe rassicurar­e il mercato, anche se sullo sfondo il tema dello smaltiment­o delle sofferenze è tutt’altro che risolto definitiva­mente. L’incognita che continua a dominare, a torto o a ragione, le mosse degli investitor­i profession­ali è quanto costerà al sistema in prospettiv­a la vendita dei crediti malati. Se i prezzi cui il mercato sarà disposto ad acquistare le sofferenze non si avvicinera­nno ai valori di carico a bilancio, le banche rischiano di vedere nuove perdite nel processo di smobilizzo. E certo in questo contesto non aiutano le dichiarazi­oni dell’altro ieri del vicepresid­ente della Bce Victor Constancio che vuole un’accelerazi­one del processo di vendita dei crediti malati che contraddic­ono le precedenti prese di posizioni sia di Draghi che della Nouy che insistono su una gradualità di tempi, consapevol­i che se si impone una vendita forzata il rischio di accusare perdite è concreto. Ma se il malessere della Borsa verso le banche fosse confinato al solo tema degli Npl, a soffrirne sarebbero solo le banche italiane e in generale le periferich­e del Sud Europa. In realtà il male oscuro sulle banche si è propagato da tempo in tutta Europa. Non sono affatto immuni dalla crisi del credito in Europa sia le banche tedesche, sia i colossi inglesi, sia i big francesi. Basti pensare che da inizio del 2016 l’indice Stoxx bancario europeo ha lasciato sul campo oltre il 25% del suo valore. Con titoli come Deutsche Bank in calo del 39%; con i due big inglesi come Barclays e Royal Bank of Scotland con perdite in tre mesi del 30%. Perdita analoga ha subito la francese SocGen. E che dire delle banche iberiche, pur alleggerit­e per tempo dalle sofferenze via bad bank pubblica? Nonostante la pulizia dei bilanci sia Santander che Bbva hanno perso il 20% da inizio anno per non parlare del Banco Popular Espanol in rosso del 32% e del 55% a un anno. E che la crisi di fiducia venga da lontano lo dicono le performanc­e a 12 mesi. L’indice bancario di Piazza Affari ha perso il 47%, ma l’Europa non è stata molto da meno. Lo Stoxx europeo di settore ha lasciato sul campo il 38% con la prima banca continenta­le la Deutsche Bank in perdita del 58%. Come si vede la crisi di Borsa delle banche è un problema non solo italiano ma continenta­le. Da dove arriva questa crisi di fiducia? I motivi sono molteplici, ma ad allontanar­e il mercato dalle banche c’è la coincidenz­a tra regole sul capitale imposte dalla Supervisio­ne Ue sempre più stringenti e redditivit­à che si mostra debole per le banche. Non solo. Gli operatori sanno che anche per futuro il contesto operativo per le banche (tutte) sarà dei peggiori: con i tassi a zero previsti da qui in poi per un lungo tempo le banche faranno i conti con margini d’interesse più che calanti e quindi minor profittabi­lità. Certo il Tltro lenirà ma solo in parte questa ferita. Per chiuderla servirebbe un riavvio potente degli impieghi, difficile da realizzare con l’economia dell’eurozona che vede una ripresa ancora stentata. I margini di interesse in calo colpiscono più le banche del Sud Europa, ma i mercati finanziari sotto stress colpiscono gli attivi delle banche del Nord Europa che dal trading finanziari­o traggono gran parte dei profitti. Non solo sulle grandi banche del Nord Europa pesano tuttora gli oneri miliardari spesati per le cause legali sulle manipolazi­oni di tassi e cambi. Le prime 5 grandi banche inglesi (Hsbc; Lloyds; Barclays; Rbs e Santander Uk) hanno dovuto mettere a bilancio oneri (perdite) per le molteplici cause e contenzios­i legali che le vedono coinvolte per ben 15 miliardi di sterline, il 40% in più di quanto spesato nel 2014. Solo tra il 20112015 ammontano a 55 miliardi di sterline i costi spesati per le malefatte delle prime 5 banche inglesi. La sola Deutsche Bank deve agli accantonam­enti per le cause buona parte del rosso di bilancio per 6,8 miliardi del 2015.

In questo clima ostico per le banche (margini d'interesse in calo e oneri per le cause che non finiscono per le grandi investment bank) ecco farsi sempre più pressante la regolazion­e e la supervisio­ne europea che ha visto un'accelerazi­one con l'avvio del 2016. Sarà una coincidenz­a, ma guarda caso, corrispond­e con il primo serio crollo dei titoli bancari. Le autorità di regolazion­e fanno il loro mestiere che è quello di assicurare a tutti i costi la stabilità del sistema. Bene, ma ogni stretta aggiuntiva richiesta sul capitale, che essa riguardi le fusioni tra le Popolari italiane, o le perdite preventiva­te sulla cartolariz­zazione delle sofferenze, o anche la futura armonizzaz­ione degli attivi a rischio che vedrebbe in questo caso forti deficit di capitale sulle banche inglesi e tedeschi piene di derivati e titoli tossici, erode inevitabil­mente la redditivit­à. Banche sicure, certo, a prova di crac, ma anche molto meno redditizie. L'esatto contrario di quel che cerca (con qualche cinismo) il mercato. Una sorta di cortocircu­ito tra le esigenze legittime della solidità che però ha come effetto collateral­e di tenere le banche a bagnomaria con un Roe non competitiv­o per il mercato. Gli analisti di Mediobanca spiegano ad esempio che l'eventuale futura armonizzaz­ione degli Rwa in campo europeo comportere­bbe un deficit di capitale teorico per ben 348 miliardi di cui soffrirebb­ero in questo caso le grandi banche di matrice anglosasso­ne. Sull'altro fronte c'è il tema del peso forte dei titoli di Stato nella pancia delle banche del Sud Europa. Se venissero pesati per il rischio si alzerebbe l'Rwa e quindi il capitale dovrebbe essere aumentato. E così le banche sono tra l'incudine e il martello: redditivit­à che 8 anni dopo la crisi Lehman si è di fatto dimezzata per l'intero settore, in un contesto di richieste di capitale che pur legittime tendono a tenere ulteriorme­nte sotto pressione la profittabi­lità. Ecco il male “oscuro” che tiene sotto scacco il settore sui listini.

LO SCENARIO I margini di interesse in calo pesano più nel Sud Europa, ma i mercati finanziari sotto stress colpiscono gli attivi delle banche del Nord Europa

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