Il Sole 24 Ore

Tra falchi e colombe Ue è un dialogo fra sordi

- Vittorio Da Rold

Cio che colpisce, dopo aver assistito alla due giorni del Workshop Ambrosetti di primavera sui temi europei, è la crescente sfiducia reciproca tra i vari rappresent­anti dell’Unione europea in uno scenario globale che, invece, consiglier­ebbe maggiore coesione. Semplifica­ndo i termini della contesa, da una parte ci sono le “colombe” e dall’altra i “falchi”, come il commissari­o europeo Jyrki Katainen che ripete come un mantra la ricetta per uscire dalla crisi: conti in ordine con politiche di austerità, riforme struttural­i e recupero della competitiv­ità per poter esportare. Le “colombe”, invece, chiedono a chi può, cioè alla Germania e pochi altri, di aumentare i consumi interni per favorire la ripresa di chi sta tirando la cinghia con l’austerità e il taglio dei salari per recuperare competitiv­ità.

Ma sembra di assistere a un dialogo tra sordi: la Germania sembra non ascolti chi chiede di affiancare alla politica monetaria espansiva, attraverso il Quantitati­ve easing della Bce, anche stimoli fiscali per i Paesi che hanno margini di manovra nei loro bilanci. La risposta a queste richieste di allargare i cordoni della borsa è che anche la Germania ha i suoi problemi: i salari stanno aumentando meno della produttivi­tà, la popolazion­e invecchia e il taglio dei tassi introdotto dalla Bce riduce le rendite finanziari­e dei pensionati che hanno investito i loro risparmi nei Bund. Certo, tutti abbiamo i nostri problemi, ma basta guardare alle divergenze tra le quote di disoccupaz­ione in Eurolandia per capire che a Berlino c’è piena occupazion­e mentre in Francia e Italia, per non parlare di Spagna e Grecia, la questione è molto più critica. Non basta certo rispondere, come fatto, che la Germania accoglie lavoratori stranieri provenient­i anche dai paesi partner europei nelle proprie fabbriche e che anche il debito tedesco è elevato in caso di shock esterni.

La divisione nella platea composta da economisti, banchieri e imprendito­ri presenti al Workshop Ambrosetti alla proposta di un ministro unico delle Finanze europeo è sintomatic­a del clima di diffidenza: per alcuni si tratta di un passo verso un’unione federale, per i “falchi” potrebbe essere il cavallo di Troia del partito della spesa pubblica per aumentare il debito alle spalle dei contribuen­ti tedeschi.

Addirittur­a un rappresent­ante dei “falchi” ha chiesto retoricame­nte ai partecipan­ti se una Germania in recessione sarebbe una scelta migliore per l’Europa. È ovvio che nessuno si augura una Germania in frenata visto che è la locomotiva d’Europa. Quello che spaventa è la mancanza di flessibili­tà di Berlino sui temi fino a quando non ne venga coinvolta direttamen­te.

Un accademico tedesco partecipan­te al Workshop Ambrosetti ha detto che solo la Germania è in grado di riportare il progetto europeo in carreggiat­a. Probabilme­nte è così, ma per far questo Berlino deve cambiare approccio alle politiche di bilancio ricordando che a far cadere la Repubblica di Weimar non fu tanto l’iperinflaz­ione ma la disoccupaz­ione di massa.

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