Tra falchi e colombe Ue è un dialogo fra sordi
Cio che colpisce, dopo aver assistito alla due giorni del Workshop Ambrosetti di primavera sui temi europei, è la crescente sfiducia reciproca tra i vari rappresentanti dell’Unione europea in uno scenario globale che, invece, consiglierebbe maggiore coesione. Semplificando i termini della contesa, da una parte ci sono le “colombe” e dall’altra i “falchi”, come il commissario europeo Jyrki Katainen che ripete come un mantra la ricetta per uscire dalla crisi: conti in ordine con politiche di austerità, riforme strutturali e recupero della competitività per poter esportare. Le “colombe”, invece, chiedono a chi può, cioè alla Germania e pochi altri, di aumentare i consumi interni per favorire la ripresa di chi sta tirando la cinghia con l’austerità e il taglio dei salari per recuperare competitività.
Ma sembra di assistere a un dialogo tra sordi: la Germania sembra non ascolti chi chiede di affiancare alla politica monetaria espansiva, attraverso il Quantitative easing della Bce, anche stimoli fiscali per i Paesi che hanno margini di manovra nei loro bilanci. La risposta a queste richieste di allargare i cordoni della borsa è che anche la Germania ha i suoi problemi: i salari stanno aumentando meno della produttività, la popolazione invecchia e il taglio dei tassi introdotto dalla Bce riduce le rendite finanziarie dei pensionati che hanno investito i loro risparmi nei Bund. Certo, tutti abbiamo i nostri problemi, ma basta guardare alle divergenze tra le quote di disoccupazione in Eurolandia per capire che a Berlino c’è piena occupazione mentre in Francia e Italia, per non parlare di Spagna e Grecia, la questione è molto più critica. Non basta certo rispondere, come fatto, che la Germania accoglie lavoratori stranieri provenienti anche dai paesi partner europei nelle proprie fabbriche e che anche il debito tedesco è elevato in caso di shock esterni.
La divisione nella platea composta da economisti, banchieri e imprenditori presenti al Workshop Ambrosetti alla proposta di un ministro unico delle Finanze europeo è sintomatica del clima di diffidenza: per alcuni si tratta di un passo verso un’unione federale, per i “falchi” potrebbe essere il cavallo di Troia del partito della spesa pubblica per aumentare il debito alle spalle dei contribuenti tedeschi.
Addirittura un rappresentante dei “falchi” ha chiesto retoricamente ai partecipanti se una Germania in recessione sarebbe una scelta migliore per l’Europa. È ovvio che nessuno si augura una Germania in frenata visto che è la locomotiva d’Europa. Quello che spaventa è la mancanza di flessibilità di Berlino sui temi fino a quando non ne venga coinvolta direttamente.
Un accademico tedesco partecipante al Workshop Ambrosetti ha detto che solo la Germania è in grado di riportare il progetto europeo in carreggiata. Probabilmente è così, ma per far questo Berlino deve cambiare approccio alle politiche di bilancio ricordando che a far cadere la Repubblica di Weimar non fu tanto l’iperinflazione ma la disoccupazione di massa.