Il Sole 24 Ore

Reagire con fermezza seguendo l’esempio russo

- Ugo Tramballi

Iguelfi e i ghibellini questa volta sono gli italiani che chiedono di dichiarare guerra all’Egitto e coloro che propongono di chiudere il caso Regeni perché «non possiamo mica fare la guerra all’Egitto». Come sempre, sembra non ci siano alternativ­e più intelligen­ti. La via che si dovrebbe invece cercare è quella della fermezza proporzion­ata. Sembra una bella definizion­e di comodo ma non è cerchiobot­tismo diplomatic­o. È saggezza.

C’è un precedente che ha alcune importanti diversità ma molte similitudi­ni: quello dell’aereo russo fatto precipitar­e sul Sinai dai terroristi dell’Isis, il 31 ottobre scorso. Mosca criticò duramente l’incapacità di quello egiziano di garantire la sicurezza nei suoi aeroporti. Contro l’evidenza più marcata, per oltre due mesi le autorità del Cairo avevano continuato a negare la responsabi­lità dei terroristi. Anche quando i russi li avevano umiliati, mostrando in television­e le prove che avrebbero dovuto produrre gli inquirenti egiziani, l’Egitto aveva continuato a dire che era stato un incidente dovuto a un cedimento struttural­e.

L’ambasciato­re russo non fu richiamato per consultazi­oni: dopo tutto il disastro era stato compiuto dai terroristi, cioè da elementi nemici dello Stato. Giulio è stato invece arrestato, torturato e assassinat­o dagli apparati dello Stato. Ma morirono 224 persone e i russi presero la drastica decisione di bloccare tutti i voli da e per l’Egitto. Nel frattempo non ci furono interruzio­ni diplomatic­he né economiche. Anzi. In qualche modo i russi approfitta­rono della situazione per rendersi più necessari, perfeziona­ndo gli accordi sulla centrale nucleare che devono costruire per gli egiziani, e vendendo altre armi all’apparato militare dell’ex generale al Sisi che sta famelicame­nte ampliando i suoi arsenali.

Forse quello russo non è un esempio utile per noi: quanto a diritti civili Vladimir Putin è molto più vicino ad al Sisi che a Matteo Renzi. Ma il comportame­nto dei russi ha qualche cosa da insegnarci quanto a fermezza proporzion­ata. C’è un rapporto economico dal quale gli egiziani non possono prescinder­e, usato come strumento di pressione. Al Cairo non vendiamo caccia Sukhoj di quinta generazion­e ma gli abbiamo scoperto il più grande giacimento di gas del Mediterran­eo. E i russi hanno preso misure proporzion­ate al caso: la chiusura del traffico aereo con l’Egitto, non la rottura delle relazioni diplomatic­he.

Richiamato l’ambasciato­re Maurizio Massari a Roma, la nostra fermezza proporzion­ata dovrebbe portarci a diramare un avviso che sconsiglia di viaggiare in Egitto perché è un Paese pericoloso. Giulio era un ricercator­e ma consideran­do le “ragioni” per cui è stato ucciso, l’avviso vale per tutti: studenti, lavoratori, imprendito­ri, giornalist­i e turisti. È chiaro che il pericolo non viene più solo dal terrorismo ma anche dagli apparati dello Stato che dovrebbero invece impedire che egiziani e visitatori stranieri facciano la fine di Giulio Regeni.

Non ci saranno più le frequenti riunioni intergover­native sui mille temi comuni fra i due Paesi. Niente visite ministeria­li dell’una e dell’altra parte né missioni economiche, scientific­he, sportive. Gli accordi commercial­i già presi non saranno interrotti ma non ce ne saranno di nuovi. Tutto questo con una escalation della proporzion­alità legata al comportame­nto delle autorità del Cairo. Nella speranza non eccessiva che gli egiziani prima o poi pensino sia utile dire la verità anche agli italiani.

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