«Politica-giudici, rispetto reciproco»
Renzi: tifo per la giustizia ma non siamo subalterni - Rinvio delle riforme, no al M5S
Il contenuto non cambia ma i toni sì: «In questi anni la giustizia l’abbiamo messa sotto i piedi, l’abbiamo trasformata in luogo di scontro. La giustizia è uno straordinario pezzo delle istituzioni italiane». Matteo Renzi davanti ai giovani della scuola di formazione politica del Pd torna a parlare dell’inchiesta di Potenza e del rapporto con la magistratura. Per 20 anni «il rapporto con la magistratura è stato di subalternità o di attacco - denuncia il presidente del Consiglio - è arrivato il momento di dire ai magistrati che noi siamo fieri e orgogliosi di lavorare con loro, ciascuno nel proprio campo. Che noi facciamo il tifo per la giustizia».
Al termine di una settimana «difficile», caratterizzata da «un’offensiva mediatica» in cui «casualmente» sui media usciva ogni giorno il nome di un ministro o di un sottosgretario, Renzi rivendica il ruolo della politica: «Nutriamo profondo rispetto per la giustizia ma anche per la politica, che non è una cosa sporca, è una cosa bella e non accetteremo mai di renderla subalterna a niente e nessuno» . Fondamento della democrazia però è la separazione dei poteri. E dunque la magistratura «non si accusa» e «si rispetta» ma così come «noi non mettiamo bocca sul potere giudiziario», altrettanto la magistratura «non entra nel processo legislativo» perché in entrambi i casi si tratterebbe di una «clamorosa invasione di campo».
Il riferimento ovviamente è alle scelte del governo e del Parlamento sulle norme che sono state varate per sbloccare «opere pubbliche e private» come Tempa rossa. Il premier torna alle dichiarazioni protagoniste nei giorni dello scontro con la magistratura lucana: «Sui giudici ho detto: cari magistrati quelli di prima cercavano di non mandarvi a sentenza. C’era il legittimo impedimento, il lodo. Noi cosa abbiamo detto: c’è un’indagine che sfiora il governo. Prego, venite, siam qui. Volete sapere chi è il responsabile dell’emendamento? Sono io e vi spiego anche il perché, perché penso che il Paese debba sbloccarsi. Non soltanto diciamo ai magistrati eccoci qua ma vi chiediamo di fare veloci perché le sentenze non arrivano».
Il premier stavolta però il tono ironico, che riserva invece alle opposizioni e soprattutto ai 5 stelle che nei giorni scorsi hanno chiesto al Capo dello Stato di intervenire affinché si sospenda il voto finale sulla riforma della Costituzione, previsto all’inizio della prossima settimana, fino a quando non saranno votate le mozioni di sfiducia calendarizzate per il 19 aprile. «Lunedì inizia la discussione finale, il rush finale delle riforme, e siamo solo alla sesta lettura, poi c’è il referendum, eh questa mancanza di democrazia...», dice il premier che, dopo aver confermato l’intervento in aula lunedì alla Camera attacca: «Cosa faranno le opposizioni? Chiederanno di non votare? hanno paura di perdere», ma dove la decisione si blocca «finisce la democrazia e inizia l’anarchia». I grillini però insistono. E dopo aver fatto sapere di voler rinunciare all’immunità parlamentare per rispondere dell’accusa di diffamazione denunciata dal Pd, hanno chiesto l’intervento dei presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso per bloccare le votazioni. E nel frattempo si preparano all’ostruzionismo per rallentarne in ogni caso l’approvazione. Il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, ostenta tranquillità: «Useremo tutti gli strumenti regolamentari, nulla di più, per approvare la riforma costituzionale».
LA DISTINZIONE DEI POTERI «Così come noi non mettiamo bocca sul potere giudiziario, la magistratura non entra nel processo legislativo: sarebbe un’invasione di campo»