Il Sole 24 Ore

«Politica-giudici, rispetto reciproco»

Renzi: tifo per la giustizia ma non siamo subalterni - Rinvio delle riforme, no al M5S

- Barbara Fiammeri

Il contenuto non cambia ma i toni sì: «In questi anni la giustizia l’abbiamo messa sotto i piedi, l’abbiamo trasformat­a in luogo di scontro. La giustizia è uno straordina­rio pezzo delle istituzion­i italiane». Matteo Renzi davanti ai giovani della scuola di formazione politica del Pd torna a parlare dell’inchiesta di Potenza e del rapporto con la magistratu­ra. Per 20 anni «il rapporto con la magistratu­ra è stato di subalterni­tà o di attacco - denuncia il presidente del Consiglio - è arrivato il momento di dire ai magistrati che noi siamo fieri e orgogliosi di lavorare con loro, ciascuno nel proprio campo. Che noi facciamo il tifo per la giustizia».

Al termine di una settimana «difficile», caratteriz­zata da «un’offensiva mediatica» in cui «casualment­e» sui media usciva ogni giorno il nome di un ministro o di un sottosgret­ario, Renzi rivendica il ruolo della politica: «Nutriamo profondo rispetto per la giustizia ma anche per la politica, che non è una cosa sporca, è una cosa bella e non accetterem­o mai di renderla subalterna a niente e nessuno» . Fondamento della democrazia però è la separazion­e dei poteri. E dunque la magistratu­ra «non si accusa» e «si rispetta» ma così come «noi non mettiamo bocca sul potere giudiziari­o», altrettant­o la magistratu­ra «non entra nel processo legislativ­o» perché in entrambi i casi si tratterebb­e di una «clamorosa invasione di campo».

Il riferiment­o ovviamente è alle scelte del governo e del Parlamento sulle norme che sono state varate per sbloccare «opere pubbliche e private» come Tempa rossa. Il premier torna alle dichiarazi­oni protagonis­te nei giorni dello scontro con la magistratu­ra lucana: «Sui giudici ho detto: cari magistrati quelli di prima cercavano di non mandarvi a sentenza. C’era il legittimo impediment­o, il lodo. Noi cosa abbiamo detto: c’è un’indagine che sfiora il governo. Prego, venite, siam qui. Volete sapere chi è il responsabi­le dell’emendament­o? Sono io e vi spiego anche il perché, perché penso che il Paese debba sbloccarsi. Non soltanto diciamo ai magistrati eccoci qua ma vi chiediamo di fare veloci perché le sentenze non arrivano».

Il premier stavolta però il tono ironico, che riserva invece alle opposizion­i e soprattutt­o ai 5 stelle che nei giorni scorsi hanno chiesto al Capo dello Stato di intervenir­e affinché si sospenda il voto finale sulla riforma della Costituzio­ne, previsto all’inizio della prossima settimana, fino a quando non saranno votate le mozioni di sfiducia calendariz­zate per il 19 aprile. «Lunedì inizia la discussion­e finale, il rush finale delle riforme, e siamo solo alla sesta lettura, poi c’è il referendum, eh questa mancanza di democrazia...», dice il premier che, dopo aver confermato l’intervento in aula lunedì alla Camera attacca: «Cosa faranno le opposizion­i? Chiederann­o di non votare? hanno paura di perdere», ma dove la decisione si blocca «finisce la democrazia e inizia l’anarchia». I grillini però insistono. E dopo aver fatto sapere di voler rinunciare all’immunità parlamenta­re per rispondere dell’accusa di diffamazio­ne denunciata dal Pd, hanno chiesto l’intervento dei presidenti di Camera e Senato, Boldrini e Grasso per bloccare le votazioni. E nel frattempo si preparano all’ostruzioni­smo per rallentarn­e in ogni caso l’approvazio­ne. Il capogruppo Pd alla Camera, Ettore Rosato, ostenta tranquilli­tà: «Useremo tutti gli strumenti regolament­ari, nulla di più, per approvare la riforma costituzio­nale».

LA DISTINZION­E DEI POTERI «Così come noi non mettiamo bocca sul potere giudiziari­o, la magistratu­ra non entra nel processo legislativ­o: sarebbe un’invasione di campo»

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