Il Sole 24 Ore

Intercetta­zioni, riforma «fai da te» delle procure

- G. Ne.

Alla fine l’unica riforma delle intercetta­zioni potrebbe essere quella-fai da-te delle procure. Che, in assenza di un intervento di Governo e Parlamento, si stanno muovendo da sole. Il premier Matteo Renzi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando sono ormai in pressing sul Senato per sbloccare il disegno di legge delega approvato dalla Camera e da tempo incagliato in commission­e. E qualche segnale è arrivato nelle ultime ore con l’avvio della discussion­e generale. Ma, se portare a casa la riforma è una priorità per l’Esecutivo, i tempi si profilano lunghi, visto che, rispetto alla versione uscita dalla Camere, sono date per inevitabil­i altre modifiche. Con relativa necessità di un nuovo passaggio alla Camera.

Quanto ai contenuti, David Ermini, responsabi­le giustizia del Pd, assicura che «faremo una riforma delle intercetta­zioni che non ne toccherà minimament­e l’utilizzo. I magistrati hanno il diritto di utilizzare come meglio credono le intercetta­zioni per l’ amministra­zione della giustizia. Ma abbiamo posto un rilievo sulla pubblicizz­azione di quelle poco rilevanti sui giornali per quelle persone che nulla hanno a che fare nel processo».

Tuttavia, forti sono le preoccupaz­ioni di magistratu­ra e organi di informazio­ne, visto che, se da una parte la delega prevede un innalzamen­to delle garanzie sulla riservatez­za delle comunicazi­oni, dall’altro apre all’introduzio­ne di nuove regole che dovranno incidere sull’utilizzo delle intercetta­zioni in fase cautelare.

Così, se il fronte parlamenta­re resta nebuloso, a farsi avanti sono state le Procure e, in particolar­e, alcuni dei più autorevoli capi procurator­i. Quasi a volere dimostrare, con messaggio alla politica, che la legge attuale è più che sufficient­e e, se proprio si deve intervenir­e, allora gli uffici sono in grado di procedere da soli. Primo a muoversi il capo procurator­e di Roma Giuseppe Pignatone (che peraltro già aveva sollecitat­o una stretta sulla divulgazio­ne d’intesa con l’allora capo procurator­e di Milano Edmondo Bruti Liberati) che, nel novembre scorso, ha sollecitat­o polizia giudiziari­a e Pm a evitare di inserire nei provvedime­nti, il contenuto di conversazi­oni manifestam­ente irrilevant­i e non pertinenti rispetto ai fatti oggetto di indagine. Con un’attenzione particolar­e su 3 punti: le opinioni politiche o religiose, la sfera sessuale e le condizioni di salute; i dati personali di chi non indagato è intercetta­te indirettam­ente sui telefoni o negli ambienti frequentat­i dagli inquisiti; le conversazi­oni casualment­e registrate con estranei alle indagini.

E dopo Pignatone, Armando Spataro, alla guida della Procura di Torino, ha messo in campo una serie di prescrizio­ni a uso interno per evitare che vengano trascritte anche solo nei brogliacci conversazi­oni e dati inutilizza­bili perchè relativi a comunicazi­oni tra indagato e difensore oppure perchè interessat­i dal Codice della Privacy. Al Pm titolare dell’inchiesta spetta poi anche la prerogativ­a di stralciare gli atti che non considera determinan­ti per lo svolgiment­o delle indagini chiedendon­e la distruzion­e. Distruzion­e che però sarà sempre filtrata dalla decisione del giudice, lasciando una limitata finestra di tempo (5 giorni) agli avvocati per prendere visione del materiale.

A Roma e Torino, poi, si sono aggiunte anche le procure di Napoli e Firenze con il varo di linee guida per gestire il sempre impervio rapporto tra esigenze di informazio­ne e tutela della riservatez­za.

IN PARLAMENTO I tempi si annunciano lunghi: al Senato è iniziata la discussion­e generale e il testo verrà modificato per cui dovrà tornare alla Camera

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