Nel «capitale umano» le scintille della crescita
Non solo fredde teorie economiche: lo sviluppo nasce dal saper fare
Ogni tanto l’economia – la scienza econo- mica – sorprende. Di solito, il problema economico–tanti bisogni e pochi mezzi –lascia l’ amaro in bocca perchél’ economia è es-senzialmente un Grillo Parlante–e ricorderete che cosa voleva fare Pinocchio al Grillo Parlan-te ... Il Grillo dice: non puoi comprar questo per-ché non hai i soldi–se non lavori non mangi– at-tento quandoti indebiti, potrai pagar egli inte-ressi e restituire il capitale ?... e via ammonendo.
Eppure, a conoscerla sino infondo, l’ econo-mia rivela an chetante altref acce, equand ori-conosca essa stessa di non bastare, quando, per dirla con Petrarca, «volga la vista disiosa e lie- ta» alle altre scienze dell’uomo – storia e politi- ca e psicologia e biologia e sociologia –, l’eco- nomia diventa anche simpatica: una vera “scienza dell’uomo”.
Abbiamo avuto più occasioni, in altre pun-tate del Sole Junior, di intersecare questi passaggi fra economia e altri rami della conoscenza:l’ economia e il gioco (27-1-2013); l’ economia e la cultura (23-3-2014); l’economia e gli effetti dellap es tenera (18-5-2014); l’ economia eil“nu dg e ”( il“colpetto gentile” che cambiai comportamenti –22-2-2015).
In tutti questi incroci l’ economia va a cercarealtre spiegazioni degli eventi, lontano dai canoni gretti del“massimo risultato col minimo mezzo”, allaccia fenomeni che sembrano non avere connessioni e rivela legami nascosti. Co-me è il caso, che qui esamineremo, della con-nessione fra lo sviluppo economico e l’ aumento dell’età delle donne al primo matrimonio.
La crescita – lo abbiamo già detto altre volte – è ancora un mistero. L’economia è brava a spiegare, una volta che un sistema economi- co funzioni, cos’è che lo fa ticchettare e come le parti si legano al tutto e cosa bisogna fare per tirare il freno o spingere sull’acceleratore. Ma, così come la fisica non sa spiegare che cosa ha innescato il Big Bang, l’economia non sa spiegare che cosa ha fatto scattare la scintilla della crescita. Beh, forse esagero: le spiegazioni abbondano – ci vuole disponibilità di manodopera, istruzione (capitale umano), spirito imprenditoriale, risorse, istituzioni che favoriscano l’iniziativa individuale e as- sicurino la certezza dei contratti... Gli ingredienti non mancano, ma quel che manca, quel che non sappiamo, sta nelle proporzioni in cui devono mescolarsi. Così come, in una ricetta, le dosi sono altrettanto essenziali degli ingredienti, il lievito della crescita monta so- lo quando i vari ingredienti sono presenti nel- le giuste proporzioni.
Quella lista di ingredienti che abbiamo appena dato non è certo esaustiva. Se ne con- tinuano a scoprire –o a ipotizzare – di nuovi. E, fra i nuovi, ce n’è uno che intriga. In un re- cente studio, presentato alla conferenza an- nuale della Royal Economic Society a Bri- ghton, in Inghilterra, il mese scorso, due eco- nomisti – James Foreman-Pech e Peng Zhou – hanno aggiunto un fattore – a lor dire essen- ziale – che spiega quel precoce sviluppo in- glese che culminò, nella seconda metà del Settecento, nella Rivoluzione industriale. Questo fattore sta nell’aumento dell'età del- le donne al primo matrimonio.
Perché il fatto che le donne siano andate a sposarsi più tardi ha favorito la crescita del- l’economia? L’effetto, che andremo a spiegare, è graduale. In effetti, già dal Quattrocento, in Inghilterral’etàmediadelledonnealmatrimonio era la più alta d’Europa: circa 25 anni (come si vede dal grafico, ancora all’inizio degli anni Settantadelsecoloscorsol’etàmediaeraaquel livello,edaalloraaoggièandataaumentando). Ma torniamo a secoli addietro. Quando le donne si sposano molto presto, lasciano la casa paterna e passano, senza soluzioni di continuità, nella nuova dimora, dove, fra figli e cura della casa, non imparano altro e non sviluppano talenti. Ma, se l’età del matrimonio si allunga, le donne hanno la possibilità di lasciare la casa paterna e di lavorare altrove.
Queste nuove abilità, questo saper fare, unitoalladisciplinadellavoro,diventaun“capitaleumano”chepoisitramandanellegenerazioni. Nei secoli, questa maggiore disponibilità – più quantità e più qualità – di capitale umano innalza la produttività dell’economia e va a costituire un fertile terreno su cui le innovazioni tecnologiche – la macchina a vapore, i telai meccanici...–fecerogermogliarelaRivoluzione industriale.
Il modello economico costruito, per l’economia inglese, da quei due autori spazia per i 4-5 secoli che hanno preceduto la Rivoluzione industriale. La persistente alta mortalità nel Quattrocento,e,piùtardi,ilterribileshockdella peste nera (ne abbiamo già parlato) avevano abbassato la vita media. Più tardi, quando le probabilitàdisopravviveremigliorarono,specialmente per i bambini, il numero di figli desiderato, per una famiglia, poteva essere ottenuto con meno nascite. Dato che allora non c’eranoimezzi,comelapillola,percontrollarelenascite, l’unico mezzo per ridurre la fertilità era un’età di matrimonio più alta: la donna si sposava più tardi, e quindi riduceva il tempo dell’età feconda.
In quei tempi la famiglia era l’istituzione principale dove si studiava e ci si preparava al lavoro. La scuola non fu obbligatoria fino al 1880 in Inghilterra. Ai primi dell’Ottocento erano pochi i ragazzi che frequentavano la scuola e pochi vi rimanevano per più di un anno e mezzo. Il saper fare e l’abitudine al lavoro venivano forgiati all’interno della famiglia, e le ragazze che lavoravano miglioravano il proprio capitale umano. Questo lento accumulo, come detto, favorì l’abbrivio di una nuova fase di sviluppo dell’economia.
fabrizio@bigpond.net.au