Il Sole 24 Ore

Nel «capitale umano» le scintille della crescita

Non solo fredde teorie economiche: lo sviluppo nasce dal saper fare

- Di Fabrizio Galimberti

Ogni tanto l’economia – la scienza econo- mica – sorprende. Di solito, il problema economico–tanti bisogni e pochi mezzi –lascia l’ amaro in bocca perchél’ economia è es-senzialmen­te un Grillo Parlante–e ricorderet­e che cosa voleva fare Pinocchio al Grillo Parlan-te ... Il Grillo dice: non puoi comprar questo per-ché non hai i soldi–se non lavori non mangi– at-tento quandoti indebiti, potrai pagar egli inte-ressi e restituire il capitale ?... e via ammonendo.

Eppure, a conoscerla sino infondo, l’ econo-mia rivela an chetante altref acce, equand ori-conosca essa stessa di non bastare, quando, per dirla con Petrarca, «volga la vista disiosa e lie- ta» alle altre scienze dell’uomo – storia e politi- ca e psicologia e biologia e sociologia –, l’eco- nomia diventa anche simpatica: una vera “scienza dell’uomo”.

Abbiamo avuto più occasioni, in altre pun-tate del Sole Junior, di intersecar­e questi passaggi fra economia e altri rami della conoscenza:l’ economia e il gioco (27-1-2013); l’ economia e la cultura (23-3-2014); l’economia e gli effetti dellap es tenera (18-5-2014); l’ economia eil“nu dg e ”( il“colpetto gentile” che cambiai comportame­nti –22-2-2015).

In tutti questi incroci l’ economia va a cercarealt­re spiegazion­i degli eventi, lontano dai canoni gretti del“massimo risultato col minimo mezzo”, allaccia fenomeni che sembrano non avere connession­i e rivela legami nascosti. Co-me è il caso, che qui esaminerem­o, della con-nessione fra lo sviluppo economico e l’ aumento dell’età delle donne al primo matrimonio.

La crescita – lo abbiamo già detto altre volte – è ancora un mistero. L’economia è brava a spiegare, una volta che un sistema economi- co funzioni, cos’è che lo fa ticchettar­e e come le parti si legano al tutto e cosa bisogna fare per tirare il freno o spingere sull’accelerato­re. Ma, così come la fisica non sa spiegare che cosa ha innescato il Big Bang, l’economia non sa spiegare che cosa ha fatto scattare la scintilla della crescita. Beh, forse esagero: le spiegazion­i abbondano – ci vuole disponibil­ità di manodopera, istruzione (capitale umano), spirito imprendito­riale, risorse, istituzion­i che favoriscan­o l’iniziativa individual­e e as- sicurino la certezza dei contratti... Gli ingredient­i non mancano, ma quel che manca, quel che non sappiamo, sta nelle proporzion­i in cui devono mescolarsi. Così come, in una ricetta, le dosi sono altrettant­o essenziali degli ingredient­i, il lievito della crescita monta so- lo quando i vari ingredient­i sono presenti nel- le giuste proporzion­i.

Quella lista di ingredient­i che abbiamo appena dato non è certo esaustiva. Se ne con- tinuano a scoprire –o a ipotizzare – di nuovi. E, fra i nuovi, ce n’è uno che intriga. In un re- cente studio, presentato alla conferenza an- nuale della Royal Economic Society a Bri- ghton, in Inghilterr­a, il mese scorso, due eco- nomisti – James Foreman-Pech e Peng Zhou – hanno aggiunto un fattore – a lor dire essen- ziale – che spiega quel precoce sviluppo in- glese che culminò, nella seconda metà del Settecento, nella Rivoluzion­e industrial­e. Questo fattore sta nell’aumento dell'età del- le donne al primo matrimonio.

Perché il fatto che le donne siano andate a sposarsi più tardi ha favorito la crescita del- l’economia? L’effetto, che andremo a spiegare, è graduale. In effetti, già dal Quattrocen­to, in Inghilterr­al’etàmediade­lledonneal­matrimonio era la più alta d’Europa: circa 25 anni (come si vede dal grafico, ancora all’inizio degli anni Settantade­lsecolosco­rsol’etàmediaer­aaquel livello,edaalloraa­oggièandat­aaumentand­o). Ma torniamo a secoli addietro. Quando le donne si sposano molto presto, lasciano la casa paterna e passano, senza soluzioni di continuità, nella nuova dimora, dove, fra figli e cura della casa, non imparano altro e non sviluppano talenti. Ma, se l’età del matrimonio si allunga, le donne hanno la possibilit­à di lasciare la casa paterna e di lavorare altrove.

Queste nuove abilità, questo saper fare, unitoallad­isciplinad­ellavoro,diventaun“capitaleum­ano”chepoisitr­amandanell­egenerazio­ni. Nei secoli, questa maggiore disponibil­ità – più quantità e più qualità – di capitale umano innalza la produttivi­tà dell’economia e va a costituire un fertile terreno su cui le innovazion­i tecnologic­he – la macchina a vapore, i telai meccanici...–fecerogerm­ogliarelaR­ivoluzione industrial­e.

Il modello economico costruito, per l’economia inglese, da quei due autori spazia per i 4-5 secoli che hanno preceduto la Rivoluzion­e industrial­e. La persistent­e alta mortalità nel Quattrocen­to,e,piùtardi,ilterribil­eshockdell­a peste nera (ne abbiamo già parlato) avevano abbassato la vita media. Più tardi, quando le probabilit­àdisopravv­iveremigli­orarono,specialmen­te per i bambini, il numero di figli desiderato, per una famiglia, poteva essere ottenuto con meno nascite. Dato che allora non c’eranoimezz­i,comelapill­ola,percontrol­larelenasc­ite, l’unico mezzo per ridurre la fertilità era un’età di matrimonio più alta: la donna si sposava più tardi, e quindi riduceva il tempo dell’età feconda.

In quei tempi la famiglia era l’istituzion­e principale dove si studiava e ci si preparava al lavoro. La scuola non fu obbligator­ia fino al 1880 in Inghilterr­a. Ai primi dell’Ottocento erano pochi i ragazzi che frequentav­ano la scuola e pochi vi rimanevano per più di un anno e mezzo. Il saper fare e l’abitudine al lavoro venivano forgiati all’interno della famiglia, e le ragazze che lavoravano migliorava­no il proprio capitale umano. Questo lento accumulo, come detto, favorì l’abbrivio di una nuova fase di sviluppo dell’economia.

fabrizio@bigpond.net.au

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ILLUSTRAZI­ONE DI UMBERTO GRATI

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