IL VALORE CHE NASCE DAI BENI ESPERIENZA
Ibeni esperienza sono prodotti il cui valore in termini di qualità o prezzo non può essere valutato in anticipo ma soltanto nel momento in cui si consumano. Quindi si pagano prima di sapere se valgono il loro prezzo. Si tratta di prodotti meno rari di quello che sembri: una bottiglia di vino è un bene esperienza, come la copia di un giornale. Perché si comprano beni così? Per la reputazione incarnata nell’etichetta, nella testata, nella persona che li offre. Ma che cosa succede se il prodotto non è mai stato visto prima ed è realizzato da un innovatore non particolarmente conosciuto? A che esperienza si può fare riferimento? Una soluzione può essere il crowdfunding (vedere il paginone in questo numero di Nòva): gli interessati sono disposti ad acquistare in anticipo, ma solo a patto che anche altri lo facciano fino al raggiungimento di una soglia minima. Il tradizionale sistema di raccomandazioni è aneddotico, basato sul passaparola e il sentito dire: col crowdfunding si trasforma in un metodo per decidere insieme ad altri, sconosciuti ma pari, se riconoscere credibilità a un’innovazione. Un working paper di Chris Ward e Vandana Ramachandran, della University of Utah, del 2010, intitolato «Crowdfunding the next hit: Microfunding online experience goods» aveva analizzato i dati e mostrato che l’effetto dell’emulazione di ciò che fanno i pari è una delle determinanti della decisione nel crowdfunding. In seguito i comportamenti si sono progressivamente chiariti. Chi propone qualcosa in crowdfunding spesso offre ai finanziatori il bene stesso una volta che sia stato realizzato: il che significa che in un certo senso la piattaforma di crowdfunding diventa un mercato di beni esperienza futuri. In un articolo pubblicato nel marzo 2016 dell’«Open Journal of Social Sciences», Gencheng Li, della Jinan University di Guangzhou in Cina, sostiene che questo fenomeno si allargherà dall’innovazione dei prodotti a quella dei modelli di business. L’industria 4.0 è anche questo.