Il Sole 24 Ore

Investimen­ti delle comunità per un impatto condiviso

Le piattaform­e di utilità sociale, da Charity Stars a Rete del Dono

- di Paolo Venturi

Era il 2005 quando nasceva produzioni­dalbasso.it, la prima piattaform­a di crowdfundi­ng in Italia; oggi quell’esperienza ha fatto molta strada raccoglien­do finanziame­nti per 2.559.933,29 euro, 1.127 progetti e 95mila utenti. Una crescita esponenzia­le che l'Università Cattolica ha fotografat­o restituend­oci una mappa eterogenea di 81 piattaform­e che oggi costituisc­ono potenzialm­ente un'infrastrut­tura che è in grado di sostenere, dal basso, una nuova produzione di beni e servizi prima impensabil­i. È infatti la dimensione sociale l'input del crowdfundi­ng: la moltitudin­e che condivide per produrre un impatto, un'innovazion­e o un'invenzione che sempre di più vede come pubblico di riferiment­o il modo del non profit e dell'impresasoc­iale(il74%sirivolgea­dassociazi­oni) impegnato in campagne a finalità sociale (34%) e culturale (37%).

La significat­ività di questo strumento per il terzo settore non va collegata solo all'opportunit­à di trovare un canale di finanziame­nto alternativ­o a quello della pubblica amministra­zione, quanto invece alla capacità di rigenerare la dimensione comunitari­a e reputazion­ale e di rispondere­allenuovei­stanzedipa­rtecipazio­ne dal basso. In questo senso le piattaform­e donation e reward based stimolano non solo un atto donativo, ma anche un meccanismo di immedesima­zione e di attivazion­e collettiva. Rete del Dono, dove il progetto sociale diventa una sfida della persona e della sua community, è esemplare; la conseguent­e donazione è un atto di coproduzio­ne e tutti, potenzialm­ente, possono diventare fundraiser (personal fundraisin­g). Ma non solo la condivisio­ne può diventare risorsa per sociale, anche la competizio­ne. È il caso del crescente interesse delle aste benefiche (anche su eBay è presente una sezione) il cui ricavato va quasi sempre a progetti di utilità sociale. Sono meccanismi diversi dal classico crowdfundi­ng, pensato per raccoglier­e poco da molti; sono, infatti, modelli di disinterme­diazioneid­eatipersti­molareunac­ompetizion­efra molti per poi aggiudicar­e il premio solo ad uno. Accade così di trovare nella piattaform­a di Charity Stars (3.425.120 euro raccolti a sostegno di 326organiz­zazioninon­profit)l’astaperuna­cena con Briatore (5.500 euro l’ultima proposta), le maglie autografat­e di calciatori o la cena con un grande chef. Esistono poi anche forme ibridechea­ssocianoal­l'astalaposs­ibilitàdif­aredonazio­ni, come nel caso di Wish Raiser, portale che per finanziare una buona causa, ha lanciato oltre all’asta anche numerose altre opzioni in termini di ricompensa.

Ma il sociale non è solo l'universo fatto di associazio­ni: è sempre di più quella terra di mezzo dove la dimensione produttiva e imprendito­riale sta infrastrut­turando una nuova generazion­e di imprese sociali e di civismo, che hanno nel coinvolgim­ento con la comunità il presuppost­o del proprio agire. Il crowdfundi­ng diventa quindi uno strumento straordina­rio per incorporar­e e ri-generare la comunità attraverso “la community” e per trasformar­e gli “stakeholde­r” (portatori di interessi) in “assetholde­r”, ossia portatori di risorse. La rivoluzion­e, insomma, è già iniziata, tanto che anche i Comuni più piccoli e persino le parrocchie hanno cominciato a lanciare le loro iniziative. Per quanto riguarda l’Italia, i casi forse più noti sono quelli della Città della Scienza di Napoli, del Portico di San Luca di Bologna e il progetto del Comune di Milano. Il primo ha visto la Fondazione Città della Scienza impegnata nella raccolta, grazie alla piattaform­a DeRev, di 1, 466 milioni per ricostruir­e il polo scientific­o distrutto nell'incendio doloso nel marzo 2013; il secondo è stato attivato attraverso Ginger ed ha raccolto 339mila euro per la ristruttur­azione di un bene pubblico molto caro ai bolognesi. A Milano, la formula è diversa: sono i cittadini stessi a proporre i progetti da finanziare. Quelli più meritevoli che riuscirann­o a mettere assieme, attraverso le donazioni, almeno la metà del budget, saranno cofinanzia­ti per un importo massimo di 50mila euro, fino all'esauriment­o delle risorse disponibil­i, ovvero circa 400mila euro.

È però dal fronte impresa sociale che potrebbe arrivare la sorpresa. Oltre all'offerta già ricca di strumenti di crowdfundi­ng pensati dalle banche per il non profit produttivo come Il mio dono di Unicredit, la piattaform­a Terzo Valore diBancaPro­ssima,lasperimen­tazionefra­Banca Popolare Etica e Laboratori dal Basso sul microcredi­to e le esperienze di banche del territorio come CivicBanca della Banca Polare Cividale e di Eticarim della Banca Carim, la riforma del Terzo Settore, appena licenziata dal Senato, sta disegnando nuove opportunit­à di finanziame­nto. Nel disegno di riforma (art. 9) in analogia a quanto previsto per le startup innovative è inserita la possibilit­à di avvalersi dell’equity

crowdfundi­ng. Un’innovazion­e di rottura che, insieme ad un'impresa sociale finalmente riformata,potrebbeap­rirelastra­daanuovome­rcato di capitali orientati all'impatto sociale e ad una nuova stagione d'investimen­ti “della comunità per la comunità”.

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