Un design fai-da-te per il mobile industriale
benefici a tutta la filiera, rivoluzionando anche il modo di fare il prodotto».
In che modo? Per esempio portando nel settore tecniche tipiche della manifattura additiva o del mondo dei makers, che partono da un progetto digitale, come un file Cad o 3D, per arrivare al prodotto finito. È quanto già avviene nelle moderne macchine a taglio laser del legno, che realizzano i pezzi in modo completamente automatico e con tolleranze precisissime. La tedesca Homag, uno dei principali produttori del settore, le ha inserite in un suo concetto di stabilimento “connesso”, dove ogni singolo mobile viene prodotto partendo da un progetto digitale nato nel punto vendita, o creato dall’acquirente. Passando attraverso le varie fasi di lavorazione, dal magazzino dei materiali grezzi fino a taglio, sgrossatura, verniciatura, assemblaggio e confezionamento, la linea produttiva segue le istruzioni contenute nel file di progetto. In questo modo si riesce a ottenere un prodotto personalizzato seguendo una logica produttiva industriale.
In Italia ci sono dei pionieri che hanno adottato questo approccio. Valcucine, per esempio, nel 2014 diede vita a una sorta di hackathon in cui coinvolse dodici designer indipendenti e maker per creare variazioni su una sua linea di cucine in un’ottica open source. L’idea era sviluppare metodi per rendere un prodotto “di serie” liberamente personalizzabile, intervenendo sulla modifica di singoli particolari. Poi l’azienda è stata acquistata da Italian Creation Group e ora, dopo il riassetto, è intenzionata a riprendere il discorso.
Anche il gruppo Molteni sta ragionando in questi termini. «Abbiamo iniziato due anni fa un progetto pilota - dice Giulia Molteni, responsabile marketing e comunicazione - in cui, nei nostri punti vendita, mettiamo a disposizione touch-screen con cui i visitatori possono visualizzare varianti e personalizzazioni e rendere più facile e immediata l’esperienza di acquisto, che non passa più solo dal contatto fisico con il prodotto, ma anche dalla visualizzazione virtuale delle sue varianti, secondo un processo definito di cross-selling». Lo scopo ultimo è far sì che l’ordine generato in questo modo si traduca direttamente in commessa per lo stabilimento, integrando vendita, distribuzione e produzione. «Questo in parte già lo facciamo con i nostri divani – dice Molteni –, una divisione nuova, nata nel 2004, in cui tutti i macchinari sono high-tech. Qui siamo in grado di realizzare anche prodotti con la stoffa del cliente, completamente personalizzati e con un magazzino ridotto all’essenziale».
Ed è proprio qui la chiave: applicare metodi di produzione industriale per ottenere un prodotto artigianale. «Per arrivarci – dice Marino Crippa responsabile della distribuzione agli end-user e del progetto Industry 4.0 Italia di Bosch Rexroth – ci vorrà tempo e un intenso lavoro di divulgazione. Noi proponiamo sistemi per l’automazione e i nostri clienti sono soprattutto produttori di macchinari, anche per l’industria del mobile. Che non hanno alcun interesse a sviluppare soluzioni per lo smart manufacturing, a meno che non sia l’utente finale a richiederle. È quindi su quest’ultimo che dobbiamo agire, mostrandogli i vantaggi dell’approccio, che sono enormi, dalla riduzione del time to market alla gestione ottimale del magazzino». Quale può essere la strada? «Per esempio – dice Crippa – partendo da un piccolo progetto pilota che poi può allargarsi ad altri ambiti, fino a dar vita a una vera e propria smart factory. Si può fare: le tecnologie costano poco, sono scalabili e facili da implementare».