Il plus dell’empatia che ci rende vincenti
Tecnologie sofisticate che rimpiazzano il lavoro non sono minacce perché non possono sostituire creatività, racconto, humour e relazionalità sociale
Che speranza ci sarà per noi essere umani quando i computer (e i loro cugini robot e droni) guideranno da soli le automobili, risolveranno intricati problemi giuridici, interverranno chirurgicamente in sala operatoria? E quando tutto ciò avverrà rapidamente e con bassi costi?
La minaccia della tecnologia sofisticata che rimpiazza il lavoro non è mai stata così incombente come oggi, anche se gli storici ci ricordano che l’umanità ha già passato parecchie volte queste forche caudine, sperimentando il fenomeno della ridondanza lavorativa e risollevandosi grazie alle nuove professionalità. Forse per molti anni ci siamo troppo concentrati su come imitare le macchine e, ora che l’intelligenza artificiale avanza, ci rendiamo conto che la battaglia è di fatto persa. Non possiamo continuare a combattere i computer sul loro terreno razionale specifico. Vinceranno loro. Di qui il senso di impotenza per i molti posti di lavoro che andranno in fumo.
Ma non siamo sotto scacco matto. Ci sono nuove abilità che i computer non saranno capaci di acquisire. Sono le skills ad alto valore aggiunto che pescano nella natura umana più profonda: le abilità di saper captare i pensieri e i sentimenti degli altri, di lavorare in un gruppo coeso, di coltivare le relazioni, di risolvere problemi con sensibilità particolare, di esprimersi con graduata determinazione. Non bisogna darsi per vinti. Il professor William Bossert della Harvard University sostiene che in un mondo in rapida trasformazione «se uno ha paura di essere sostituito da una macchina, ciò probabilmente avverrà». È solo dunque un atteggiamento legato al non gettare la spugna?
No, per Geoff Colvin, senior editor di «Fortune» già autore del best seller Talent is Overrated ci ricorda che l’universo avrà ancora bisogno di persone che prendono decisioni di livello superiore, nel momento in cui queste sfruttano elementi di creatività, narrazione, humour e relazionalità sociale. Colvin si concentra sull’empatia, dote che i computer non riusciranno mai a metabolizzare, che è la capacità del XXI secolo di comprendere cosa la gente pensa e come rispondere appropriatamente. Un avvocato potrà dotarsi di un software che lo solleva da tutta l’operatività, ma poi dovrà relazionarsi col cliente, persuaderlo ad agire razionalmente o tatticamente, rassicurarlo verso i suoi timori, elevare la sua fiducia. E non ci sarà nessuno stratagemma artificiale in grado di sostituire tale raffinatezza di pensiero.
È il trionfo delle soft skills e dell’emisfero destro dopo un secolo dominato dalle abilità analitiche e sistematiche dell’emisfero sinistro. È l’emergere nella nuova economia del relationship worker rispetto al knowledge worker.
E ciò apre per l’autore anche uno spazio promettente per il genere femminile, che – come sostengono molte ricerche di neurobiologia – è più predisposto ad utilizzare la miscela dei due emisferi rispetto al “sesso forte”.
Il libro, che sta avendo grande successo negli Stati Uniti e che ha già traduzione in parecchie lingue, si compone di due parti: la prima è una rassegna sui recenti sviluppi del software e sulla inarrestabile sostituzione della macchina all’uomo; la seconda spiega gli spazi di sopravvivenza e rassicura sui traguardi che i computer non riusciranno mai a raggiungere.
Infine una annotazione che non si sa se prendere come prospettiva positiva o negativa: di sicuro , dice Colvin, le macchine, anche quelle di più avanzata elaborazione, non riusciranno mai a rimpiazzare la professione del leader politico.