Tutte le specie di ateismo
theos «dio»: un’assenza, si badi bene, non un’opposizione, così come «anarchia» (aarche) indica assenza di una guida, di una legge, non il rifiuto di ogni legge (come l’hanno poi intesa gli anarchici). Precisazione importante perché dovrebbe ricordarci che, dal punto di vista etimologico, il termine non contiene quel significato polemico (l’ateo come colui che, novello Prometeo, lotta contro Dio e gli dèi), che invece normalmente tende ad avere nel linguaggio comune e che ha contribuito, nei secoli, a dargli quell’ombra negativa che continua ad accompagnarlo.
Quanto a theos e a theotes, si tratta di termini il cui significato è soggetto a una grande variabilità storica e sfugge, di conseguenza, a una definizione essenzialistica. Entro queste coordinate, «ateismo» può, dunque, essere inteso come un termine che indica l’assenza di credenza in un Dio (personale), in dèi o, in genere, nel divino.
In realtà, in conseguenza della sua millenaria storia, esso è diventato una sorta di termine ombrello, che, sotto la superficie, contiene vari strati e sedimentazioni che possono di volta in volta, a seconda del variare dei contesti storico-culturali, riemergere o rimanere impliciti, contribuendo a creare equivoci. Questa complessità spiega, da un lato, la variegata tipologia che si è creata, dall’altro, la contiguità con altri termini con cui storicamente ha intrecciato il suo destino, come agnosticismo, indifferentismo, scetticismo e così via, a formare una comune aria di famiglia, ma da cui, per evitare confusioni devianti, va per quanto possibile accuratamente distinto.
Per incominciare con qualche considerazione sul primo punto, la tassonomia dell’ateismo, si può distinguere tra ateismo negativo, a indicare qualcuno che oggettivamente è privo di una credenza in Dio, e ateismo positivo o affermativo, a indicare qualcuno che soggettivamente crede che Dio non esista e normalmente vuole affermarlo (ateismo postulatorio).
(...) Mentre l’ateismo negativo può comprendere posizioni come l'agnosticismo o l'indifferentismo, l’ateismo positivo implica un suo mondo di credenza, se non una sua vera e propria visione del mondo alternativa e in concorrenza con quella teistica. Ne consegue che l’ateismo positivo implica quello negativo, ma non è vero il contrario. A loro volta, queste due specie possono essere divise, come una famiglia zoologica, in sottospecie.
Così, all’interno dell'ateismo negativo, si può distinguere tra uno largo (assenza di una credenza in qualunque Dio) e stretto (si crede che il Dio teistico non esista). Parallelamente, quello positivo può essere diviso in varie specie, che ne riflettono la complessa storia moderna: prometeico, esistenziale, politico (tipico del marxismo-leninismo), fino al nuovo ateismo. Nella misura, poi, in cui l’ateismo si definisce in funzione del concetto di Dio che rifiuta o ignora, c’è chi ha proposto una tassonomia del tipo ateismo molto stretto (focalizzato sui monoteismi), stretto (focalizzato su ogni forma di teismo o aperto soprannaturalismo), largo (focalizzato sulle religioni in generale, credenze, pratiche, istituzioni) o molto largo (focalizzato su concezioni che presentano un approfondito naturalismo filosofico o materialismo e scetticismo empirico). Né va dimenticata, in conclusione di queste riflessioni sulla tassonomia dell’ateismo, una distinzione importante, anche se poi non facilmente verificabile sul piano empirico: quella tra ateismo teorico o speculativo e ateismo pratico o vissuto, ognuno con varie sottospecie al proprio interno.
(...) La prima impressione che offre l’incredulità contemporanea non è tanto quella di un sistema diretto contro la fede quanto quella di una possibilità positiva di esistenza che faccia del tutto a meno della fede, a cominciare da quella ateistica, che un tempo, in società premoderne e moderne in cui l’incredulo era l’eccezione, era un bene consapevole che poteva costar caro e richiedeva, dunque, coraggio pratico e riflessione teorica per giustificarlo e proteggerlo.
Questo testo è tratto dal libro di Giovanni Filoramo, Ipotesi Dio. Il divino come idea necessaria, il Mulino, Bologna, pagg. 270, € 20, dal 14 aprile in libreria