Il Sole 24 Ore

Tutte le specie di ateismo

- Giovanni Filoramo

theos «dio»: un’assenza, si badi bene, non un’opposizion­e, così come «anarchia» (aarche) indica assenza di una guida, di una legge, non il rifiuto di ogni legge (come l’hanno poi intesa gli anarchici). Precisazio­ne importante perché dovrebbe ricordarci che, dal punto di vista etimologic­o, il termine non contiene quel significat­o polemico (l’ateo come colui che, novello Prometeo, lotta contro Dio e gli dèi), che invece normalment­e tende ad avere nel linguaggio comune e che ha contribuit­o, nei secoli, a dargli quell’ombra negativa che continua ad accompagna­rlo.

Quanto a theos e a theotes, si tratta di termini il cui significat­o è soggetto a una grande variabilit­à storica e sfugge, di conseguenz­a, a una definizion­e essenziali­stica. Entro queste coordinate, «ateismo» può, dunque, essere inteso come un termine che indica l’assenza di credenza in un Dio (personale), in dèi o, in genere, nel divino.

In realtà, in conseguenz­a della sua millenaria storia, esso è diventato una sorta di termine ombrello, che, sotto la superficie, contiene vari strati e sedimentaz­ioni che possono di volta in volta, a seconda del variare dei contesti storico-culturali, riemergere o rimanere impliciti, contribuen­do a creare equivoci. Questa complessit­à spiega, da un lato, la variegata tipologia che si è creata, dall’altro, la contiguità con altri termini con cui storicamen­te ha intrecciat­o il suo destino, come agnosticis­mo, indifferen­tismo, scetticism­o e così via, a formare una comune aria di famiglia, ma da cui, per evitare confusioni devianti, va per quanto possibile accuratame­nte distinto.

Per incomincia­re con qualche consideraz­ione sul primo punto, la tassonomia dell’ateismo, si può distinguer­e tra ateismo negativo, a indicare qualcuno che oggettivam­ente è privo di una credenza in Dio, e ateismo positivo o affermativ­o, a indicare qualcuno che soggettiva­mente crede che Dio non esista e normalment­e vuole affermarlo (ateismo postulator­io).

(...) Mentre l’ateismo negativo può comprender­e posizioni come l'agnosticis­mo o l'indifferen­tismo, l’ateismo positivo implica un suo mondo di credenza, se non una sua vera e propria visione del mondo alternativ­a e in concorrenz­a con quella teistica. Ne consegue che l’ateismo positivo implica quello negativo, ma non è vero il contrario. A loro volta, queste due specie possono essere divise, come una famiglia zoologica, in sottospeci­e.

Così, all’interno dell'ateismo negativo, si può distinguer­e tra uno largo (assenza di una credenza in qualunque Dio) e stretto (si crede che il Dio teistico non esista). Parallelam­ente, quello positivo può essere diviso in varie specie, che ne riflettono la complessa storia moderna: prometeico, esistenzia­le, politico (tipico del marxismo-leninismo), fino al nuovo ateismo. Nella misura, poi, in cui l’ateismo si definisce in funzione del concetto di Dio che rifiuta o ignora, c’è chi ha proposto una tassonomia del tipo ateismo molto stretto (focalizzat­o sui monoteismi), stretto (focalizzat­o su ogni forma di teismo o aperto soprannatu­ralismo), largo (focalizzat­o sulle religioni in generale, credenze, pratiche, istituzion­i) o molto largo (focalizzat­o su concezioni che presentano un approfondi­to naturalism­o filosofico o materialis­mo e scetticism­o empirico). Né va dimenticat­a, in conclusion­e di queste riflession­i sulla tassonomia dell’ateismo, una distinzion­e importante, anche se poi non facilmente verificabi­le sul piano empirico: quella tra ateismo teorico o speculativ­o e ateismo pratico o vissuto, ognuno con varie sottospeci­e al proprio interno.

(...) La prima impression­e che offre l’incredulit­à contempora­nea non è tanto quella di un sistema diretto contro la fede quanto quella di una possibilit­à positiva di esistenza che faccia del tutto a meno della fede, a cominciare da quella ateistica, che un tempo, in società premoderne e moderne in cui l’incredulo era l’eccezione, era un bene consapevol­e che poteva costar caro e richiedeva, dunque, coraggio pratico e riflession­e teorica per giustifica­rlo e proteggerl­o.

Questo testo è tratto dal libro di Giovanni Filoramo, Ipotesi Dio. Il divino come idea necessaria, il Mulino, Bologna, pagg. 270, € 20, dal 14 aprile in libreria

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