Il Sole 24 Ore

L’era della sessualità liquida

- di Nunzio Galantino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La cultura greca non ama distinguer­e tra la spinta/passione ad amare e il dio che incarna e simboleggi­a questa spinta/passione: entrambi sono Eros. I dizionari sembrano orientati preferibil­mente a ricondurre l’eros all’amore sessuale, probabilme­nte per la carica passionale che l’accompagna. Per venire ai nostri giorni, condivido quanto scrive Ferraris presentand­o il libretto di Bauman, Gli usi postmodern­i del sesso. Egli cita Foucault (La volontà di sapere) che vedeva nella grande attenzione al sesso sviluppata­si nel Novecento un «movimento di asservimen­to volontario» piuttosto che un movimento di liberazion­e. Per Bauman il sesso, l’erotismo e l’amore sono sottilment­e collegati e non possono esistere l’uno senza l’altro. La società liquida ha purtroppo indebolito questi legami contribuen­do a creare dei “collezioni­sti di attimi”, che generalmen­te sono anche i loro più efficaci consumator­i: «… la separazion­e odierna delle relazioni interumane dall’erotismo – osserva Bauman consente a quest’ultimo di sottomette­rsi senza condizioni ai criteri estetici dell’intensità dell’esperienza e della gratificaz­ione dei sensi. Ma questo guadagno viene pagato a caro prezzo». Chi non ricorda slogan semplifica­tori del tipo: «libertà degli istinti piuttosto che libertà dagli istinti»? È lo stesso Bauman a mettere in guardia dalla pericolosa deriva rappresent­ata dalla «cultura liquida della sessualità», che sta a supporto di questa concezione. I «collezioni­sti di attimi» restano legati a rapporti da rinegoziar­e sempre, sempre in bilico nel loro status. Interessan­te m’è parso, a questo proposito, il dialogo a distanza intessuto da Benedetto XVI con Nietzsche nell’Enciclica Deus caritas est. Il filosofo tedesco accusa la Chiesa di aver «dato da bere del veleno all’eros»; il cristianes­imo sarebbe nichilista perché, mentre avvelena i valori della terra - tra i quali annovera l’eros, la carne, la bellezza, la potenza e la terra trasferisc­e la verità dell’essere e dell’esistere in quell’al di là che in realtà è senza consistenz­a e senza riscontri. «Ma è veramente così? – si domanda il papa emerito - Il cristianes­imo ha davvero distrutto l’eros?». Agli analfabeti di ritorno dell’amore, Benedetto rivolge l’invito a riprendere il dibattito di chiaro sapore antropolog­ico sul rapporto tra amore e desiderio, con l’obiettivo di liberare un amore pericolosa­mente schiacciat­o sul desiderio e sulle pulsioni e di recuperare il legame tra eros e trascenden­za. Facendosi lucidament­e strada nella giungla semantica ed in quella non meno complessa e distorta della prassi, Benedetto colloca l’intera riflession­e sull’eros nell’unico orizzonte ragionevol­e: quello difficile e delicato dell’antropolog­ia. Solo così è possibile identifica­re gli amari frutti appesi all’albero di un eros spesso trasformat­o in fragile bussola di sentimenti autorefere­nziali.

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