Teologo del «cosa non è Dio»
Vladimir Lossky fu espulso dalla Russia sovietica nel 1923, quando aveva vent’anni. Teologo ortodosso e profondo conoscitore della filosofia medievale, allievo del grande Gilson, dal 1945 insegnò dogmatica e storia della Chiesa nell’Istituto Saint-Denis di Parigi; nella capitale francese morirà nel 1958. Al suo nome sono legate opere che non tramontano, come Teologia mistica della Chiesa d’Oriente del 1944 (tradotta da Il Mulino nel 1967, ora ristampata dalle Edb) o un libro uscito postumo nel 1960, Teologia negativa e conoscenza di Dio in Meister Eckhart. Quest’opera vede la luce per la prima volta in italiano presso La Vita Felice nella traduzione di Giovanni Rossi e a cura di Sonia Cosio.
Nella prefazione di Gilson si legge: «Ecco finalmente davanti a me questo libro tanto atteso, di cui ho visto nascere la prima idea e che talvolta ho disperato di veder portare a termine. Una volta o due all’anno, l’autore veniva a parlarmi dei progressi della sua opera, poiché lui almeno sapeva esattamente a che punto fosse… L’argomento non si prestava alla conversazione…». Dobbiamo immaginare un Lossky di poche parole e con notevoli problemi di ricerca, che nella teologia negativa (cercare Dio ponendo in evidenza ciò che non è) indagava le questioni con «un sapere inseparabile da una spiritualità profonda».
Maria Bettetini ha scritto l’introduzione di questa prima italiana del saggio su Meister Eckhart e ricorda che «è una figura difficilmente classificabile, a dispetto dell’etichetta di mistico sulla quale è stato tradizionalmente appiattito». Non è nemmeno «un cattivo tomista», come qualcuno ha sbrigativamente concluso; piuttosto – e qui entra in gioco Lossky – la sua cifra, sottolinea Bettetini, è la costruzione «di una dialettica, di una filosofia, di una metafisica che si differenzia da quella di San Tommaso d’Aquino, ma non per minore coerenza intellettuale».
Da parte sua Lossky conduce il lettore all’interno del “sistema” di Eckhart, il quale non è soltanto «una dottrina della predicazione dell’essere e delle perfezioni attribuite a Dio e alle creature», ma si è portati alla presenza di un «atteggiamento dello spirito davanti al divino e al creato, atteggiamento di fondo che regge tutti gli sviluppi dottrinali» (pag. 529). E qui si potrebbero fare ulteriori citazioni sul concetto di analogia utilizzato dal grande domenicano tedesco, ma forse conviene ricordare che stiamo presentando lo studio di un fine teologo russo, a suo agio quando occorre «entrare nella trascendenza immanente, nel Fondo della non conoscenza di Dio e di se stesso” (pagg. 79).
Libro ben curato, nel quale si ricordano le traduzioni italiane (in gran parte di Marco Vannini), le edizioni delle opere di Stoccarda a cui attende Loris Sturlese (ultimo volume uscito, il sesto, nel 2015), gli studi per approfondire eccetera. Un’opera che restituisce al lettore più degli sforzi che dovrà compiere per leggerla e per capire che superare l’essere, superare Dio è cercarlo nell’«oceano senza fondo della sua infinità», dove Egli non è più oggetto di conoscenza, ma una «regione di dissomiglianza infinita» rispetto a quanto è e può essere conosciuto. Vladimir Lossky, Teologia negativa e conoscenza di Dio in Meister Eckhart, a cura di Sonia Cosio, introduzione di Maria Bettetini, La Vita Felice, Milano 2016, pagg 600, € 24,50