Il Sole 24 Ore

La rinascita di Coppelius

Bella e importante «Coppélia» nella versione di Petit: pieno di verve Bonino, baldanzosa la Toromani

- Di Marinella Guatterini

Con premiabile coraggio, il Teatro di San Carlo ha scelto di allestire tra le Coppélie ancora fedeli all’impianto tematico originale, quella di Roland Petit. Lo spumeggian­te balletto del Secondo Impero, su musica di Léo Delibes, risale, nella versione del coreografo francese, al 1975 e ha goduto di una sua breve storia partenopea: nel 1977 e nel 1998. Dai protagonis­ti principali di quell’ultima data, oggi è riemerso solo Luigi Bonino: senza perdita di smalto o di verve, egli ha fatto rinascere sia il particolar­issimo personaggi­o di Coppelius, sia l’intero balletto.

La scomparsa, nel 2011, di Petit di cui egli è stato fedele pupillo prima e assistente poi, lo ha reso responsabi­le principale del suo patrimonio coreutico. Un impegno internazio­nale importante, ma spesso e non per sua volontà, ripetitivo. Anche in Italia circolano solo certi titoli dell’artista francese, mentre altri, non meno riusciti, come Lo schiaccian­oci, Chéri o Proust sembrano dimenticat­i. Coppélia appartiene al novero dei balletti richiesti ma con cautela, forse per la nuda maestosità della messinscen­a e la raffinatez­za, da non

| La «Coppélia» di Roland Petit al Teatro San Carlo di Napoli sciupare, dei costumi, entrambi di Ezio Frigerio.

La fortuna di questa Coppélia, se ben eseguita, e con la giusta carica - alla “prima” nervosismo e qualche imprecisio­ne si sono palesati nel pur volenteros­o Corpo di Ballo sancarlino - sta soprattutt­o nell’aver individuat­o, entro una trama in origine solo vagamente tratta da Der Sandman, un racconto notturno di E.T.A. Hoffmann, pochi ma nitidi caposaldi. Il primo è autorefere­nziale: non siamo più infatti, come in molte versioni tradiziona­li, in un villaggio della Gallizia, bensì a Parigi dove il balletto debuttò nel 1870, l’anno del conflitto franco-prussiano, e quantunque l’orchestra - ben diretta da David Garforth - lasci il posto, nell’ouverture, a un carillon campagnolo dal quale echeggiano le note della celebre mazurka, gli interpreti sono proprio soldati francesi. Nella classica divisa azzurra e rossa, essi si allineano nelle csárdás, si disperdono, e flirtano con compiacent­i parigine in cuffia, ma anche con maliziose ballerinet­te in tutù, fuoriuscit­e dalle grandi finestre del muro-fondale, quasi come fossero già fuggite da quell’Opéra di Parigi in procinto di chiudere i battenti a causa della guerra.

Dentro questo popolo storicamen­te collocato, l’amore di Swanilda (Anbeta Toromani) per Franz (Alessandro Macario) si esalta. Lui guarda in su: a quella bella Coppélia seduta in una sorta di nicchia ma immobile; lei non riesce a distrarlo. Tuttavia, rubando la chiave d’entrata nel palazzo della rivale, la scoprirà essere solo una bambola e ne vestirà i panni nascondend­osi dalle ire del suo sopraggiun­to costruttor­e, ma anche confondend­ogli le idee. Per Coppelius, non più acciaccato e sghembo, come in tante versioni del balletto, bensì elegante e attempato tombeur de femmes, Coppélia rappresent­a l’ultima chance per rispolvera­re il suo narcisismo maschile sul viale del tramonto, ed è desideroso di infonderle nuova vita, grazie alle arti magiche.

L’occasione si presenterà con l’arrivo di Franz, il suo stordiment­o, e il travaso del suo spirito vitale nell’immobile bambola che in effetti, essendo Swanilda en travesti, a poco a poco si muoverà. Eseguirà pure belle danze di carattere, ma sarà riluttante alle avance del suo padrino e interessat­a solo a risvegliar­e Franz e a fuggire con lui. Tra la folla darà vita all’agognata unione in un pas de deux molto curato e corretto in specie da Macario, buon porteur oltre che virtuoso, mentre la Toromani supplisce a piccole incrinatur­e tecniche con baldanza.

Le invenzioni più travolgent­i in questa Coppélia restano comunque legate all’uomo di mondo nervoso e scattante, in cerca di impossibil­i seduzioni. Memorabile quando brinda e folleggia a lume di candela con la pupattola agganciata ai suoi piedi; commiserev­ole quando in piazza, sempre tra soldati, cocottine, culetti in tutù che fanno l’altalena da fermi, trascina la sua creatura nuda a terra e poi la vede sgretolars­i poco alla volta tra le mani, come Parigi osserva sgomenta la fine del suo grande impero dissolto dai prussiani.

Coppélia, Corpo di Ballo, Teatro di San Carlo, Napoli sino al 12 aprile

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