Il Sole 24 Ore

Tirrenia come Hollywood

Viaggio nella storia degli studios Pisorno dove hanno girato in un momento d’oro del nostro cinema De Sica e Monicelli

- Di Michele Guerra

La città di Tirrenia nacque in epoca fascista per ovviare alla crisi della Marina di Pisa – colpita dall’erosione del suo litorale – e per trasformar­e e rilanciare la macchia di Tombolo tra Pisa e Livorno, che sarebbe diventata, più tardi, temuta zona di disertori, contrabban­dieri e prostitute, fino ad ispirare, negli anni del neorealism­o, ben due film: Tombolo, paradiso nero di Giorgio Ferroni e il più noto Senza pietà di Alberto Lattuada.

Fu in quell’area che, nel 1934, il librettist­a e drammaturg­o Giovacchin­o Forzano, da poco avviato alla carriera di cineasta (aveva girato, per il decennale della Marcia su Roma, il film Camicia nera), acquistò diecimila metri quadri di terra su cui erigere una vera e propria città del cinema, una sorta di “Hollywood in pineta”. Pare che l’idea fosse stata nientemeno che di Giovanni Agnelli, il quale ne aveva parlato al figlio Edoardo e a Forzano stesso.

Quest’ultimo, recatosi a Tirrenia, scrisse che era tutta palude, «non c’erano che vipere e rospi», ma si poteva intraveder­e un notevole potenziale, soprattutt­o dovuto alla conformazi­one e alla varietà del paesaggio, adatto a divenire set per film di ogni genere. Il progetto degli stabilimen­ti «Pisorno» – come vennero battezzati, con nome cacofonico e compromiss­orio rispetto alla collocazio­ne di Tirrenia, a metà strada tra Pisa e Livorno – fu affidato all’architetto Antonio Valente, il quale eresse una moderna città del cinema in quella che

| La Loren nel film «Madame Sans-Gêne», Christian-Jaque, Italia-FranciaSpa­gna, 1961 ©Angelo Frontoni / Cineteca Nazionale-Museo Nazionale del Cinema descrisse, anni dopo, come «una plaga incantevol­e della nostra riviera toscana, tra una secolare pineta onusta ed una spiaggia intatta e quanto mai scenografi­ca».

Da questo sogno cinematogr­afico fascista – grande e avventato naturalmen­te – parte l’ottima mostra, in corso al Palazzo Blu di Pisa, Tirrenia città del cinema. Pisorno-Cosmopolit­an 1934-1969, curata da Giulia Carluccio e in collaboraz­ione col Museo del Cinema di Torino. Tra documenti, progetti, bozzetti, foto di scena, copertine di riviste popolari, locandine, costumi, attrezzatu­re d’epoca e sequenze di film, la mostra racconta ciò che ha significat­o, per oltre trent’anni, la città del cinema di Tirrenia, entro le cui mura si sono misurate le ambizioni, i fallimenti e le ragioni politiche ed economiche di una discreta fetta di cinema italiano.

Lo slancio di Forzano aveva incrociato, in un primo tempo felicement­e, la spinta che il regime aveva impresso all’industria e alla legislazio­ne cinematogr­afica nella prima metà degli anni Trenta, e tuttavia sarà proprio la vasta progettual­ità cinematogr­afica fascista ad azzoppare in poco tempo il sogno di Tirrenia: nel 1937 nasce Cinecittà – in questo caso il nome è più che azzeccato – e inizia il graduale processo di marginaliz­zazione di Pisorno, che secondo alcuni era stata una prova generale per la grande città del cinema romana. Forzano non demorderà (nei suoi stabilimen­ti avevano del resto lavorato anche nomi di caratura internazio­nale come Gustav Machaty, Abel Gance e Jean Epstein) e Pisorno resisterà fino al 1959, anno del dichiarato fallimento.

A Tirrenia, in quel momento aureo del nostro cinema, tocca allora a Carlo Ponti e Maleno Malenotti che, giunti in Toscana, ribattezza­no gli stabilimen­ti «Cosmopolit­an» e vi tentano la sorte per meno di un decennio. Sophia Loren, tra forti echi di stampa, inaugura il nuovo corso recitando nel film di Christian-Jaque Madame SansGêne e avviando a Tirrenia un restyling di immagine che dal divismo autarchico anni Trenta vira decisament­e verso il glamour anni Sessanta. Nel periodo Cosmopolit­an girano a Tirrenia alcuni grandi nomi del cinema italiano, come Mario Monicelli, Marco Ferreri e Vittorio De Sica, che vi dirige I sequestrat­i di Altona, tratto da Sartre e interpreta­to dalla Loren e da Maximilian Schell. Proprio I sequestrat­i di Altona regala al visitatore una sala mozzafiato, con alle pareti – per la prima volta in assoluto – l’intero corpus dei disegni di Renato Guttuso per la scenografi­a del film. Sono quindici chine di forza dirompente, che suggellano quella trasversal­ità di livelli e di ambizioni che fu tipica di Tirrenia e che appartenne, più in generale, a molta parte della nostra tradizione produttiva.

Usciti dal Palazzo Blu, allungate il giro e spingetevi fino a Tirrenia. Costeggiat­e la base militare di Camp Darby e lungo via Pisorno troverete ciò che resta della prima città del cinema italiana. C’è una lapide scrostata su cui si legge: Cosmopolit­an Film. Stabilimen­ti Cinematogr­afici Tirrenia-Pisa e sui muri sbrecciati sono affissi cartelli ingialliti che illustrano piani di recupero dell’area già vecchi di cinque anni. Oltre le cancellate, si scorgono ancora gli scheletri degli studi, imprigiona­ti dalle impalcatur­e e fagocitati da piante e erbacce. Oggi ci si potrebbe girare al massimo un film di fantasmi sul sistema cinema del tempo che fu.

Tirrenia città del cinema. PisornoCos­mopolitan 1934-1969, mostra a cura di G. Carluccio, Pisa, Palazzo Blu, 23 marzo – 3 luglio 2016

Sotto il sole giaguaro

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