Tirrenia come Hollywood
Viaggio nella storia degli studios Pisorno dove hanno girato in un momento d’oro del nostro cinema De Sica e Monicelli
La città di Tirrenia nacque in epoca fascista per ovviare alla crisi della Marina di Pisa – colpita dall’erosione del suo litorale – e per trasformare e rilanciare la macchia di Tombolo tra Pisa e Livorno, che sarebbe diventata, più tardi, temuta zona di disertori, contrabbandieri e prostitute, fino ad ispirare, negli anni del neorealismo, ben due film: Tombolo, paradiso nero di Giorgio Ferroni e il più noto Senza pietà di Alberto Lattuada.
Fu in quell’area che, nel 1934, il librettista e drammaturgo Giovacchino Forzano, da poco avviato alla carriera di cineasta (aveva girato, per il decennale della Marcia su Roma, il film Camicia nera), acquistò diecimila metri quadri di terra su cui erigere una vera e propria città del cinema, una sorta di “Hollywood in pineta”. Pare che l’idea fosse stata nientemeno che di Giovanni Agnelli, il quale ne aveva parlato al figlio Edoardo e a Forzano stesso.
Quest’ultimo, recatosi a Tirrenia, scrisse che era tutta palude, «non c’erano che vipere e rospi», ma si poteva intravedere un notevole potenziale, soprattutto dovuto alla conformazione e alla varietà del paesaggio, adatto a divenire set per film di ogni genere. Il progetto degli stabilimenti «Pisorno» – come vennero battezzati, con nome cacofonico e compromissorio rispetto alla collocazione di Tirrenia, a metà strada tra Pisa e Livorno – fu affidato all’architetto Antonio Valente, il quale eresse una moderna città del cinema in quella che
| La Loren nel film «Madame Sans-Gêne», Christian-Jaque, Italia-FranciaSpagna, 1961 ©Angelo Frontoni / Cineteca Nazionale-Museo Nazionale del Cinema descrisse, anni dopo, come «una plaga incantevole della nostra riviera toscana, tra una secolare pineta onusta ed una spiaggia intatta e quanto mai scenografica».
Da questo sogno cinematografico fascista – grande e avventato naturalmente – parte l’ottima mostra, in corso al Palazzo Blu di Pisa, Tirrenia città del cinema. Pisorno-Cosmopolitan 1934-1969, curata da Giulia Carluccio e in collaborazione col Museo del Cinema di Torino. Tra documenti, progetti, bozzetti, foto di scena, copertine di riviste popolari, locandine, costumi, attrezzature d’epoca e sequenze di film, la mostra racconta ciò che ha significato, per oltre trent’anni, la città del cinema di Tirrenia, entro le cui mura si sono misurate le ambizioni, i fallimenti e le ragioni politiche ed economiche di una discreta fetta di cinema italiano.
Lo slancio di Forzano aveva incrociato, in un primo tempo felicemente, la spinta che il regime aveva impresso all’industria e alla legislazione cinematografica nella prima metà degli anni Trenta, e tuttavia sarà proprio la vasta progettualità cinematografica fascista ad azzoppare in poco tempo il sogno di Tirrenia: nel 1937 nasce Cinecittà – in questo caso il nome è più che azzeccato – e inizia il graduale processo di marginalizzazione di Pisorno, che secondo alcuni era stata una prova generale per la grande città del cinema romana. Forzano non demorderà (nei suoi stabilimenti avevano del resto lavorato anche nomi di caratura internazionale come Gustav Machaty, Abel Gance e Jean Epstein) e Pisorno resisterà fino al 1959, anno del dichiarato fallimento.
A Tirrenia, in quel momento aureo del nostro cinema, tocca allora a Carlo Ponti e Maleno Malenotti che, giunti in Toscana, ribattezzano gli stabilimenti «Cosmopolitan» e vi tentano la sorte per meno di un decennio. Sophia Loren, tra forti echi di stampa, inaugura il nuovo corso recitando nel film di Christian-Jaque Madame SansGêne e avviando a Tirrenia un restyling di immagine che dal divismo autarchico anni Trenta vira decisamente verso il glamour anni Sessanta. Nel periodo Cosmopolitan girano a Tirrenia alcuni grandi nomi del cinema italiano, come Mario Monicelli, Marco Ferreri e Vittorio De Sica, che vi dirige I sequestrati di Altona, tratto da Sartre e interpretato dalla Loren e da Maximilian Schell. Proprio I sequestrati di Altona regala al visitatore una sala mozzafiato, con alle pareti – per la prima volta in assoluto – l’intero corpus dei disegni di Renato Guttuso per la scenografia del film. Sono quindici chine di forza dirompente, che suggellano quella trasversalità di livelli e di ambizioni che fu tipica di Tirrenia e che appartenne, più in generale, a molta parte della nostra tradizione produttiva.
Usciti dal Palazzo Blu, allungate il giro e spingetevi fino a Tirrenia. Costeggiate la base militare di Camp Darby e lungo via Pisorno troverete ciò che resta della prima città del cinema italiana. C’è una lapide scrostata su cui si legge: Cosmopolitan Film. Stabilimenti Cinematografici Tirrenia-Pisa e sui muri sbrecciati sono affissi cartelli ingialliti che illustrano piani di recupero dell’area già vecchi di cinque anni. Oltre le cancellate, si scorgono ancora gli scheletri degli studi, imprigionati dalle impalcature e fagocitati da piante e erbacce. Oggi ci si potrebbe girare al massimo un film di fantasmi sul sistema cinema del tempo che fu.
Tirrenia città del cinema. PisornoCosmopolitan 1934-1969, mostra a cura di G. Carluccio, Pisa, Palazzo Blu, 23 marzo – 3 luglio 2016
Sotto il sole giaguaro