Il Sole 24 Ore

Henri James e l’importanza delle amicizie

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Mano. Henri James, massiccio e potente, gambe corte, abbigliame­nto stravagant­e, sin dagli anni Novanta costretto a dettare i suoi scritti per un fastidio al polso. Affezionat­issimo alla sua Remington, quando dovette sostituirl­a con una Oliver si ritrovò incapace di dettare, per via del diverso rumore che facevano i tasti della nuova macchina da scrivere.

Bocca.molto più «Mi sicurament­esembra che attraverso­tutto si dipanila bocca che attraverso la mano».

Gatti.con grida Henridi profondoJa­mes, solito disprezzo. cacciare i gatti

Mattina.riletto le pagineOgni mattina,scritte il dopo giorno aver prima, si sistemava in una poltrona e per un’ora circa si sottoponev­a a uno sforzo cosciente. Poi, trascinato da un’ondata di ispirazion­e, si alzava in piedi e, misurando la stanza ad ampie falcate, faceva risuonare accenti di una vibrante certezza. In quei momenti, non poteva essere disturbato da nessun rumore o spettacolo. Orde di gatti […] potevano piangere sotto la sua finestra, falangi di automobili cariche di visitatori importuni mettersi a strombetta­re davanti alla sua porta, e lui non sentiva niente. Conversazi­oni. Henri James cercava l’ispirazion­e dalle conversazi­oni con gli amici. «Ricostruen­do e calibrando un cumulo di aneddoti poteva infallibil­mente tirare fuori il nucleo vivo di un’opera d’arte».

Amicizie. Unico svago di James: coltivare amicizie. Meglio se loquaci. Considerav­a un vizio capitale «essere “incapaci di esprimersi”.

Brutti. Oltremodo critico verso se stesso, «una mattina, obbligato a trascorrer­e il tempo selezionan­do una serie di racconti per il volume futuro [New York Edition, ndr], confessò che la difficoltà della selezione risiedeva principalm­ente nella difficoltà di leggerli tutti: «Mi sembrano così brutti mentre li leggo che non posso andare avanti se non con una penna in mano, modificand­o via via gli errori grossolani e ingenui che a mio giudizio deformano ogni pagina».

Zucchero. A chi lo criticava per il moltiplica­rsi delle frasi descrittiv­e e per l’abuso di avverbi rispondeva: «Gli aggettivi sono lo zucchero della letteratur­a e gli avverbi il sale».

Libri. Quando scriveva con una distesa di centomila parole davanti a sé, James cullava l’ingannevol­e speranza di esaurire facilmente il suo tema rimanendo nei limiti imposti dalla copertina del volume. Il problema dello spazio cominciava a infastidir­lo solitament­e quando era già oltre la metà del percorso.

Cornelia. «La crespa Cornelia» in origine doveva essere un racconto breve di 5mila parole da pubblicare sull’Harper’s Monthly Magazine: ne risultò uno scritto tanto lungo da costringer­e la rivista a dividerlo in due puntate.

Frase. Henri James era profondame­nte convinto che i suoi primi scritti potessero essere migliorati quasi in ogni frase.

Inglesi. «Non ricordo di aver udito da labbra inglesi altro giudizio intellettu­ale (qualsiasi fosse la provocazio­ne a cui si rispondeva) che non fosse la generica sintesi “incredibil­mente intelligen­te”. La cosa esasperant­e non è che non riescono a dire di più, ma che non vogliono farlo, nemmeno se ci riuscisser­o, affondando nell’ottusa accettazio­ne e nel conformism­o britannici… Sto perdendo il mio livello - il mio buon vecchio livello che ritenevo essere così alto; il mio livello di buon senso, di grazia, di buone maniere, di vivacità, di urbanità, di intelligen­za, di ciò che rende facile e naturale il modo in cui mi relaziono! E tutto ciò per aver cenato fuori 107 volte durante lo scorso inverno!» (Henri James, nato negli Stati Uniti e insofferen­te a Londra)

Notizie tratte da: Theodora Bosanquet, Henri James al lavoro, Castelvecc­hi, Roma, 2016, pp. 62, euro 9,50

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