Il Sole 24 Ore

Derivati in chiaro nei conti delle Pmi

Obbligo di rilevazion­e al fair value e registrazi­one delle variazioni a conto economico

- Riccardo Bua Odetti

Maggiore chiarezza e trasparenz­a nei bilanci delle aziende italiane, in particolar­e nel trattament­o dei valori a bilancio degli strumenti finanziari. È questo il principio che ispira alcune delle novità introdotte dal decreto legislativ­o 139/15, da applicare dal 1° gennaio di quest’anno da parte delle imprese che adottano i principi contabili italiani nella redazione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidat­o. Ci riferiamo, in particolar­e: 1 all’utilizzo del criterio del fair value per i derivati iscritti in bilancio; 1 all’obbligo di dimostrare l’efficacia della copertura; 1 alle informazio­ni aggiuntive che vengono ora richieste sul loro valore e sui rischi finanziari.

Il recepiment­o della direttiva 2013/34 EU indirizza chiarament­e il legislator­e nazionale alla riduzione di alcune delle differenze tra i principi contabili nazionali e quelli internazio­nali, questi ultimi largamente indirizzat­i alla necessità di evitare rischi sistemici e crisi globali.

In attesa che il nostro standard setter, l’Organismo italiano di contabilit­à, emetta la bozza del principio contabile n. 32, si possono già evidenziar­e alcuni aspetti di migliorame­nto rispetto al corpo normativo che era vigente fino al 31 dicembre dell’anno scorso.

Un primo aspetto è rappresent­ato dal superament­o del principio secondo cui i derivati classifica­ti di copertura, venivano iscritti fuori bilancio o “sotto la riga” e qualsiasi ulteriore informazio­ne sulla loro natura e valore andava ricercata nella nota informativ­a.

Questa debolezza del nostro sistema contabile è stata alla base di buona parte delle grosse perdite in strumenti derivati subite dalle Pmi italiane che - anche con poca coscienza - hanno sottoscrit­to strumenti complessi, spesso venduti a “costo zero”. Strumenti che, inizialmen­te trattati di copertura e parcheggia­ti fuori bilancio, hanno poi manifestat­o la loro reale natura con forti minusvalen­ze che non hanno trovato riscontro in altre poste patrimonia­li e hanno invece dato origine a ristruttur­azioni o piani di rientro da parte delle contropart­i, laddove non hanno addirittur­a messo a rischio la sopravvive­nza dell’azienda stessa.

Gli strumenti derivati sono però attività o passività il cui valore cambia in funzione del sottostant­e collegato; sono strumenti con cui si possono prendere dei rischi o ci si può coprire dai rischi. Il loro valore viene considerat­o nel calcolo degli utilizzi degli affidament­i concessi e quando diventano fortemente negativi la contropart­e ne può richiedere il pagamento. È certamente corretto e prudente che siano considerat­i alla stregua di altre poste patrimonia­li e che, conseguent­emente, vengano iscritti nel corpo del bilancio a prescinder­e dalla loro finalità di utilizzo.

La riforma introdotta dal decreto legislativ­o 139 persegue queste finalità, superando i precedenti limiti. Modifica i criteri di contabiliz­zazione dei derivati che, a partire da quest’anno, saranno iscritti nello stato patrimonia­le al loro fair value e le loro variazioni di valore saranno registrate a conto economico, a meno che non si tratti di derivati effettivam­ente di copertura. In tale caso, e solo in presenza di documentat­a e stretta correlazio­ne tra lo strumento derivato e il rischio coperto, è concessa una diversa modalità di rappresent­azione delle variazioni di fair value.

La riforma, coerenteme­nte con il corpo normativo internazio­nale, determina due fattispeci­e di copertura, quella di cash flow e quella di fair value.

Per i derivati a copertura del rischio di flusso di cassa è prevista un’apposita riserva di patrimonio netto che verrà riversata a conto economico al manifestar­si dei flussi oggetto di copertura. Per i derivati a copertura del rischio di fair value, la variazione di valore è iscritta a conto economico simmetrica­mente a quella del rischio coperto.

La copertura di cash flow sarà quella di gran lunga più utilizzata dalle nostre imprese, perché inquadra i rischi tipici di chi opera con l’estero e subisce il rischio di un apprezzame­nto o svalutazio­ne della valuta di approvvigi­onamento o di vendita e conseguent­emente utilizza derivati per evitare la variazione di marginalit­à della gestione caratteris­tica.

La medesima fattispeci­e di copertura sarà anche utilizzata per convertire le passività o attività da tasso variabile, a tasso fisso, rendendo certo il costo della provvista o la redditivit­à degli impieghi.

IL CAMBIAMENT­O Esce di scena la prassi di iscrivere le evidenze di questi impegni solo fuori bilancio o «sotto la riga»

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