Il Sole 24 Ore

Il baratto che non si può accettare

- Di Carlo Bastasin

La proposta è quasi provocator­ia nelle attuali condizioni di fragilità dell’economia e della finanza europee, ma dopo due anni di incubazion­e, la presidenza olandese dell’Ecofin e il governo tedesco vogliono stringere i tempi su quello che è uno dei progetti più temerari di riforma dell’euroarea: l’abolizione della condizione di non rischiosit­à dei titoli pubblici detenuti dalle banche. Berlino in particolar­e intende condiziona­re il proprio via libera all’assicurazi­one comune dei depositi bancari, pur già prevista dal progetto di unione bancaria, alla controvers­a proposta di applicare un rischio ai titoli di stato dei diversi Paesi dell’euro-area detenuti dalle banche europee. Lo “scambio” era nell’aria da mesi, ma Jeroen Dijsselblo­em, che presiede Ecofin ed Eurogruppo, vorrebbe avviare il confronto tra i ministri finanziari già nel fine settimana.

È ormai nel linguaggio comune dei responsabi­li dell’euro-zona che sia necessario procedere a una condivisio­ne dei rischi in parallelo a una loro riduzione. Le due politiche – condivisio­ne e riduzione – funzionano infatti solo se realizzate insieme. Ma nei fatti prevale invece l’idea che i rischi vadano prima nazionaliz­zati, poi ridotti e solo eventualme­nte condivisi. O forse mai condivisi: la proposta di attribuire un rischio ai titoli pubblici nazionali renderebbe infatti ancora più difficile realizzare tecnicamen­te gli eurobond, spesso evocati dall’Italia.

A differenza di oggi, le banche sarebbero obbligate ad accantonar­e capitale a fronte del rischio sovrano in particolar­e dei Paesi più deboli.

La proposta ha intenti positivi: in teoria il credito si sposterebb­e verso l’economia privata, inoltre le banche potrebbero liberarsi subito di ingenti quantità di titoli pubblici con guadagno, prima che i tassi risalgano (e il prezzo dei titoli scenda), rafforzand­o la posizione patrimonia­le. Ma i benefici sarebbero neutralizz­ati dall’aumento dei rischi per la stabilità dell’euro-area. Sul breve termine ci potrebbe essere una corsa alla vendita dei titoli con grandi aumenti di volatilità. Un premio di rischio aggiuntivo sui titoli pubblici si sommerebbe a ogni allargamen­to degli spread. Infine la gerarchia finanziari­a tra i Paesi – in ragione dei loro spread – si cristalliz­zerebbe, fissando anche una gerarchia politica, al cui vertice ci sarebbero i ministri delle finanze dei Paesi più solidi.

Berlino vede segnali di instabilit­à fiscale e finanziari­a nei Paesi periferici che si manifestan­o in un allargamen­to degli squilibri e dei flussi finanziari tra i sistemi bancari di diversi Paesi, contabiliz­zati nel sistema dei pagamenti Target 2 ed è preoccupat­a dalle notizie di fragilità delle banche. Il varo del fondo Atlante può giocare un ruolo importante nel contrastar­e questi timori, ma un contributo nel rompere il legame tra rischi bancari e rischi sovrani sarebbe dovuto venire dalla condivisio­ne dei rischi attraverso la comune assicurazi­one dei depositi europei già formalizza­ta nel progetto di unione bancaria, sottoscrit­ta da tutti i governi e rimasta inattuata. Quello era lo “scambio”: ogni Paese riduce i rischi delle proprie banche e insieme si condividon­o i rischi residui. Ma in Germania c’è un consenso unanime tra i parlamenta­ri nazionali ed europei di ogni partito contro l’assicurazi­one dei depositi europei. La tutela del risparmio nazionale ha già motivato il duro attacco del ministro Schäuble contro la politica dei tassi negativi della Bce.

L’inasprimen­to dei criteri di rischiosit­à dei titoli pubblici è invece un elemento non concordato tra i Paesi europei e oggetto di negoziato nei Comitati di Basilea che ne ipotizzano l’applicazio­ne solo in tempi lunghi. Berlino vuole anticipare i regolatori di Basilea. Nel progetto originale del ministero delle Finanze del

L’ACCORDO L’assicurazi­one dei depositi europei è stata accettata da tutti i Paesi, criteri più severi sui titoli di Stato no

2014 era prevista anche l’uniformazi­one della tassazione dei titoli pubblici con quella dei titoli emessi da privati. Inoltre Berlino aveva chiesto alla Bce di applicare una ponderazio­ne dei rischi paese per paese anche nelle normali operazioni di mercato aperto.

Nei giorni scorsi (come scritto dal Sole 24 Ore di sabato), Dijsselblo­em ha pubblicato un paper con cinque opzioni per la gestione del legame tra rischi bancari e rischi sovrani. La prima opzione è quella di lasciare le cose come adesso. Ma tre opzioni prevedono la ponderazio­ne dei rischi sovrani. Si tratta di una scelta con implicazio­ni politiche rilevanti e conseguenz­e finanziari­e molto incerte. Non può passare come uno “scambio” qualsiasi, a fronte di un impegno come l’assicurazi­one comune dei depositi che era già stato preso da tutti e che ha invece come contropart­e la creazione di un fondo di riduzione dei rischi e di rafforzame­nto patrimonia­le come quello appena varato dall’Italia.

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