Renzi: stop al giustizialismo «Melfi, il futuro è l’industria»
«Caso Potenza non chiuso, aspettiamo sentenze» Respinta la sfiducia al governo
pIl Senato ha respinto le mozioni di sfiducia contro il Governo per il caso Tempa Rossa. «No alle barbarie del giustizialismo» ha detto il premier Renzi. «Melfi ha aggiunto - dimostra che il futuro è l’industria, non la Disneyland dei servizi».
pMorto il referendum sulle trivelle, è già partita la battaglia per quello decisivo che si terrà a ottobre o al massimo a inizio no- vembre, su cui il premier Mat- teo Renzi ha scommesso la sua carriera politica: ieri le opposi- zioni di M5S, Lega, Forza Italia, Fdi e Sinistra italiana, insieme ai fittiani di Conservatori e Rifor- misti, hanno depositato 166 fir- me in Cassazione (il quorum ri- chiesto era di 126 deputati, pari a un quinto dell’assemblea di Montecitorio) per proporre il referendum confermativo sulle riforme costituzionali. Al quale, stavolta, voteranno “no”.
Oggi arriveranno al Palazzac- cio altre tre richieste: quella delle minoranze al Senato, che hanno già raccolto 103 firme, e quelle della maggioranza, in entrambi i rami del Parlamento, che stamat-tina procederà a raccogliere le firme. Perché il referendum era stato promesso da Renzi già pri-ma dell’ approvazione definitiva del ddl Boschi, avvenuta alla Ca- mera lo scorso 12 aprile senza il voto delle opposizioni, uscite dall’Aula. «Nel corso della di- scussione in Senato sulla riforma - ha ricordato il capogruppo Pd a Palazzo Madama, LuigiZan da abbiamo preso l’ impegno che noi avremmo chiesto la conferma degli elettori. Noi che abbiamo voluto la riforma, che l’abbiamo votata e fatta votare». Eppure qualche defezione ci sarà: molti tra i bersaniani sono intenzionati a non firmare la proposta di referendum.Un altro segnale, l’ ennesimo, delle fibrillazioni interne ai dem. Nelle riunioni dei giorni scorsi, la minoranza che fa capo a Bersani e a Roberto Speranza ha di nuovo messo in chiaro che il loro“sì” dipenderà dal confronto su due richieste: la modifica dell’Italicum (su cui i renziani chiudono) e una legge elettorale per i futuri senatori che sventi il pericolo che siano “nominati” dai Consigli regionali.
Una cosa è certa: l’esito della consultazione sull’addio al Senato elettivo e la riforma del Titolo V deciderà le sorti del governo e la data delle prossime politiche. E la lotta tra i comitati del no e quelli del sì è destinata a infiammarsi soprattutto da giugno in poi. Prima ci sono le amministrative, che serviranno a chiarire pesi e scenari.