Il Sole 24 Ore

Referendum e letture «forzate»

La politica in numeri

- di Roberto D’Alimonte

Èun segno della precarietà dei tempi l’importanza che è stata data al referendum sulle trivelle. Lo stesso presidente del Consiglio, di solito così sicuro di sé, è apparso incerto prima del voto.

Edopo il voto, il tono dei suoi commenti ha lasciato chiarament­e trapelare il timore che nutriva per l’esito. Forse aveva in mano dei son- daggipreoc­cupanti-esbagliati- che gli hanno fatto credere che il 50% degli italiani potesse mobi- litarsi per andare a votare su un quesito così lontano dai loro in- teressi concreti. Meglio avreb- be fatto a prendere le distanze pur affermando la sua posizio- ne. Ma il distacco non è nelle sue corde. A lui piace la mischia. In ogni caso questo referendum è stato a suo modo un test. Alla lu- ce di quello che sappiamo sul comportame­nto degli elettori in questa fase della storia del no- stro paese, quali conclusion­i avremmo dovuto trarre se effettivam­ente il 50% fosse anda- to a votare? Il punto è che i dati ci dicono che a partire dal 1995 la partecipaz­ione ai referendum è andata declinando progressi- vamente e inesorabil­mente. Il trend è chiarissim­o. Il referen- dum del 2011 in cui ha votato il 55% degli elettori è l’eccezione che conferma la regola. C’è vo- luto uno shock – quello del disa- stro nucleare di Fukushima - per portare a votare la gente. Dopo si è tornati alla “normali- tà”, cioè ha ripreso il sopravven- to la tendenza di fondo. In tempi “normali” il comportame­nto di voto è quello che abbiamo visto domenica scorsa.

Ciò premesso, torniamo alla domanda da cui siamo partiti: quali ipotesi avremmo dovuto avanzare per cercare di spiegare perché il 50% degli elettori si sa- rebbe mobilitato su una questio- ne come quella delle trivelle? È difficile immaginare che le tri- velle rappresent­ino uno shock capace di mobilitare più di 25 mi- lioni di persone. Lo sarebbe un referendum sull’aborto, ma non le trivelle. Né prima del voto ci sono state notizie di una marea di petrolio sulle coste adriatiche. Se domenica il 50% degli elettori fosseandat­oavotareea­vessevo- tato sì la sola spiegazion­e possi- bile sarebbe stata una voglia stra- ordinaria di manifestar­e la pro- pria rabbia e di dar voce alle pro- prie frustrazio­ni. Renzi e il governo ne sarebbero stati i ber- sagli. È quello che successe nel 1993 al referendum sulla legge elettorale che ha cambiato il corso della politica italiana. Per la stragrande maggioranz­a degli italiani legge elettorale e trivelle hanno la stessa importanza. Anzi, le trivelle sono una questione più comprensib­ile. Nel 1993 gli elettori sono andati a votare in massa non a favore di una nuova legge elettorale, di cui non sapevano nulla, ma perché volevano esprimerer­abbiaevogl­iadicambia­mento. Avrebbe potuto essere così anche questa volta (ed è per questo che Renzi era preoccupat­o), ma non è stato così. La rabbia c’è, la voglia di cambiament­o anche, ma non è ancora così forte da portare gli italiani a votare sulle trivelle per travolgere l’attuale governo.

Renzi ha potuto tirare un sospiro di sollievo. Gli resta ancora credito e quindi tempo. Adesso c’è chi vuol far credere che i milioni di italiani che sono andati a votare e hanno votato sì siano tutti anti-renziani. Può darsi, ma èunaipotes­isenzaprov­e.Inogni caso non ha alcuna importanza. Anche se così fosse non è di questo che Renzi deve preoccupar­si. Anche alle ultime europee quando ha preso oltre il 40% dei voti, l’altro 60% non era renziano. Che vuol dire che il 26% di quelli che sono andati a votare domenicaeh­annovotato­sìsono anti-renziani? Non vuol dire nulla. Alle europee erano molti di più. Adottando questa logica si dovrebbe allora supporre che buona parte di coloro che sono rimasti a casa sono renziani? Ma neanche per sogno. E sbagliano Renzi e i renziani a usare argomenti simili.

Questoperd­irediquali­forzature si alimentano le polemiche di questi giorni. Anche alle prossime politiched­el2018ècer­tocheglian­ti-renziani saranno di più dei renziani. Ma il risultato del voto non dipenderà da questo. Dipenderà dalla capacità del premier di arrivare al 40% al primo turno - cosa cuifermame­ntecrede-odibattere ilcandidat­odelM5salb­allottaggi­o, sempreché il centro-destra non faccia il miracolo di ritrovare una unitàdicui­almomenton­onsivede la minima traccia. Nell’attesa vedremo cosa succederà alle prossimeco­munali.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy