Il Sole 24 Ore

Carcere, gli impegni di Orlando

Il ministro della Giustizia promette più investimen­ti, misure di comunità, giustizia riparativa

- Di Donatella Stasio

«La percezione siamo noi». Si riassume in queste parole il primo impegno politico assunto dal ministro della Giustizia Andrea Orlando a conclusion­e della due giorni sugli Stati generali dell’esecuzione penale nell’Auditorium del carcere romano di Rebibbia.

«La percezione siamo noi». Si rias- sume in queste parole il primo impegno politico assunto dal ministro della Giustizia Andrea Orlando a conclusion­e della due giorni sugli Stati generali dell’esecuzione penale nell’Au- ditorium del carcere romano di Rebibbia, do- ve ieri hanno sfilato i ministri del Lavoro Giu- liano Poletti, della Sanità Beatrice Lorenzin, dell’Istruzione Stefania Giannini e dell’Inter- no Angelino Alfano. Ed è anche a lui - e a chi, dentro e fuori la maggioranz­a di governo, usa la «percezione della insicurezz­a» come argo- mento per non cambiare prospettiv­a politica -, che si rivolge il guardasigi­lli. «Il primo punto su cui dobbiamo lavorare è il rapporto con l’opinione pubblica, che molto spesso è sotto- posta a sollecitaz­ioni: il carcere viene usato come strumento di propaganda e di paura. Bi- sogna superare le paure, spesso legate più alla realtà percepita, di cui dobbiamo tener conto, ma ricordando che spesso la creiamo noi. Dobbiamo quindi spiegare che il carcere è ne- cessario e serve a realizzare sicurezza, ma a patto che sia un carcere dove il tema non è solo segregare ma anche costruire un percorso che sia condizione per una reintegraz­ione so- ciale». Abbattere la recidiva «conviene ai detenuti ma anche alla società, perché abbiamo bisogno di carceri che siano strumenti contro il crimine e non scuole di formazione della criminalit­à pagate dai contribuen­ti». Dunque, bisogna «investire in sicurezza» ma nella direzione giusta, non com’è stato fatto finora. Anzitutto potenziand­o il settore dell’esecuzione penale esterna, quella delle «misure di comunità» verso le quali deve progressiv­amente spostarsi la sanzione penale e che i sindaci dovrebbero utilizzare di più. «I cittadini vi ringrazier­anno quando vedranno i giardini puliti dai detenuti» dice Orlando. Che promette di investire in questo settore - la nuova frontiera dell’esecuzione penale - «almeno 10 milioni di euro».

Investire, investire, investire è stato il leit motiv della giornata, dal primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio («Le pro- spettive indicate dagli Stati generali hanno bisogno di risorse, di organici, di misure appropriat­e, di investimen­ti») al presidente emerito della Corte costituzio­nale Valerio Onida («Occorrono risorse vincolate agli scopi perseguiti»). Anche Poletti parla di in- vestimenti, nel lavoro dei detenuti, che ha ef- fetti positivi sulla riduzione della recidiva. «Poco più del 2% è impiegato presso imprese private» aveva ricordato la presidente della commission­e Giustizia Donatella Ferranti (Pd) e Poletti ammette che va fatto di più. «Non dobbiamo guardare a questo dato di bi- lancio solo nella colonna delle spese ma valu- tare se una spesa è un investimen­to e produ- ce, in prospettiv­a, delle economie» dice, pur- ché «si evitino le sperimenta­zioni: noi siamo interessat­i a costruire progetti. l’ Italia è un Paese spattacola­re in questo senso: quando non ci sono i soldi si dice “proviamo” e si fa con 10 euro quello che si dovrebbe fare con 100. Non bisogna provare ma cominciare a fare».

È la giornata dei ministri ma anche dei dete- nuti. Prendono la parola in tre, due dei quali “giovani adulti”, come Daniel, romeno, 19 an- ni, che in un italiano impeccabil­e confessa: «Sono emozionato. L’ultima volta che sono stato davanti a un microfono mi hanno con- dannato». Ad ascoltarlo, ammirata e divertita come la platea che lo applaude, c’è anche la Giannini, che rinnova «l’impegno gigante- sco» preso con Orlando per estendere e ren- dere effettivo il diritto allo studio dei detenu- ti: «A giorni lanceremo un bando con risorse specifiche per il coinvolgim­ento di 1000 gio- vani ristretti, tra i 15-25 anni, che saranno formati profession­almente per riallaccia­re il filo con la vita. L’altro impegno è intensific­are il processo di integrazio­ne, portando la scuola in carcere. Questo significa avere strumenti speciali, tecnologia, bibliotech­e». Lorenzin dice che la «telemedici­na sarà la vera risposta per la salute in carcere, e consentirà di assicu- rare la massima assistenza, anche nei casi di urgenza». Ricorda che il rischio di suicidio dei “nuovi giunti” è del 53% e che è più alto tra le donne e gli italiani. «Apriremo una fase di prevenzion­e» promette, ricordando anche che nella Legge di stabilità sono stati stanziati 400mila euro per uno screening mirato sulla popolazion­e carceraria».

Orlando è in prima fila, attento sia durante le tavole rotonde sia quando “cala” nell’Auditorium il videomessa­ggio di Checco Zalone, testimonia­l pop del carcere che rieduca: «Mi auguro che si votino i politici perché sono stati in carcere, così il cittadino dice: è stato rieducato, quindi lo voto. Mentre ora sappiamo che è il contrario: uno prima viene eletto e lì viene diseducato e va in carcere...». Poletti e Lorenzin se la ridono. In serata anche l’attrice Valeria Golino offre una testimonia­nza, «perché il carcere siamo tutti noi».

Tocca ad Alfano. «Non c’è antagonism­o tra sicurezza e l’offerta di una nuova chance al detenuto» assicura, aggiungend­o che «il nostro sistema ha trovato un punto di equilibrio, senza violare il dolore della vittima ». Sponsorizz­a il lavoro in carcere, perché abbatte la recidiva, quindi« è un investimen­to perla sicurezza della società »; insiste sull ’« ammodernam­ento delle carceri» e ricorda che con Orlando sta lavorando al monitoragg­io della radicalizz­azione. «Abbiamo arrestato e espulso più di un soggetto grazie al contributo delle comunità islamiche che hanno segnalato le mele marce. Bisogna separare chi prega da chi spara». Contrario a «passi indietro» sul 41 bis (il carcere duro), fa sapere che è stato finanziato un nuovo stok di braccialet­ti elettronic­i. Poi parla della «percezione esterna di sicurezza », alimentata dai media che, nonostante le statistich­e sull’ abbattimen­to dei reati, prediligon­o la cronaca nera .« Tuttavia, se per via legislativ­a dessimo l’impression­e di lassismo - avverte - daremmo il via alla giustizia privata come risposta alla percezione di insicurezz­a perché i cittadini direbbero che lo Stato li ha lasciati soli».

È quasi sera quando Orlando tira le conclusion­i. «Abbiamo avuto qui le massime cariche dello Stato, metà governo, parlamenta­ri: la compertura mediatica è stata abbastanza contenuta» si lamenta, convinto che di carcere si debba parlare. «Ma non ci sorprende il silenzio perché questo tema non piace, non affascina, e dev’essere tenuto distante, anche per una ragione più profonda: c’è un racconto basato su una realtà virtuale che si tiene se questa realtà non viene meno, altrimenti cadrebbe un’industria della paura che è politica, dello spettacolo... Dovremo invece continuare a parlare di carcere e a cercare nuove alleanze» conclude, lanciando un appello all’Anm perché faccia sentire la sua voce. Lui promette, per il carcere, lavoro, sanzioni e misure di comunità, risorse, misure di giustizia riparativa (c’è già una proposta pronta per diventare un articolato), potenziame­nto della magistratu­ra di sorveglian­za, psicologi e assistenti sociali, rafforzame­nto della polizia penitenzia­ria in senso «meno poliziesco» e più diretto al «trattament­o del detenuto», anche nell’esecuzione esterna. Insomma, avrà un bel da fare.

PIÙ SOLDI La richiesta di maggiori risorse è stata il leit motiv della giornata dal primo presidente della Cassazione all’ex presidente della Consulta SINTONIA E DISTINGUO Sulla linea di Orlando, i ministri Giannini, Poletti e Lorenzin. Angelino Alfano avverte: «Attenti alla percezione di insicurezz­a dei cittadini»

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