Il Sole 24 Ore

Uscite flessibili, mix di misure «Integrativ­e» più appetibili

- Marco Rogari

Un mix tra prestito previdenzi­ale e opzione donna. Con un sistema di “garanzie a catena” per rendere più leggero l’impatto sui conti pubblici nel breve periodo, che prevede il coinvolgim­ento degli istituti di credito, dell’Inps. E, direttamen­te o indirettam­ente, anche dei fondi pensione, che in ogni caso, con una distinta operazione, beneficera­nno di una riduzione dell’aliquota fiscale sui rendimenti (attualment­e al 20%) di almeno 4-5 punti e un incremento della deducibili­tà dei versamenti. È questa una delle 2-3 opzioni che sarebbero rimaste sul tavolo del pool di esperti della cabina di regia economica di Palazzo Chigi, guidata dal sottosegre­tario Tommaso Nannicini, per rendere più flessibili le uscite verso la pensione. Che si ridurrebbe per ogni anno di anticipo soprattutt­o per effetto del calcolo con il contributi­vo per il periodo tra l’uscita e il raggiungim­ento della soglia di vecchiaia. La penalizzaz­ione (3-4% l’anno) verrebbe attutita con un dispositiv­o imperniato sul concetto del “prestito”, garantito, almeno in parte, da intermedia­ri finanziari cui verrebbero a loro volta assicurati particolar­i incentivi. Anche l’Inps avrebbe un ruolo di ulteriore garanzia nei confronti degli istituti di credito.

A far esplicito riferiment­o alla possibilit­à di un mix di misure è stato ieri lo stesso sottosegre­tario alla Presidenza, Tommaso Nannicini. Che ha annunciato che il ricorso al secondo pilastro (previdenza complement­are) sarà rafforzato non solo con interventi sul versante dalla tassazione (il ritorno all’aliquota dell’11,5% da quella attuale del 30% costerebbe circa 800 milioni) ma anche della governance (compreso il ruolo della Covip), della concentraz­ione dei fondi e «anche del rapporto tra risparmio obbligator­io tra primo e secondo pilastro». Una vera e propria riforma che punterebbe a rendere quasi obbligator­ia una parte della “copertura previdenzi­ale” attraverso forme integrativ­e e che in questa chiave potrebbe vedere anche nuove misure sulla destinazio­ne del Tfr (anche obbligator­ia).

Tornando alla flessibili­tà, Nannicini ha ribadito che l’attuale sistema previdenzi­ale verrebbe comunque preservato. «Non parlerei di tornare indietro rispetto alla legge Fornero», ha detto il sottosegre­tario.

La deadline per l’eventuale decollo del piano resta quella della prossima legge di stabilità da varare in autunno, così come confermato nell’ultimo Def, che oltretutto vincola l’operazione a un’accertata compatibil­ità finanziari­a, ovvero solo nel caso in cui lo stato dei conti pubblici lo consenta. Senza il ricorso a quello che Nannicini ha definito ieri «uno sforzo di creatività» e a «soluzioni di mercato» (il coinvolgim­ento di banche, fondi pensione e, eventualme­nte, assicurazi­oni), l’intervento per rendere più flessibile la legge Fornero costerebbe alle casse dello Stato dai 5 ai 7 miliardi a seconda dell’ampiezza del bacino di lavoratori coinvolti (anni di anticipo) e dell’entità delle penalizzaz­ioni.

Un concetto, quello della compatibil­ità finanziari­a, di fatto ribadito dal ministro Pier Carlo Padoan, che si è comunque dichiarato pronto a discutere su strumenti e incentivi in chiave flessibili­tà. Oltre allo scoglio delle risorse da trovare c’è quello del via libera almeno informale della Ue. Anche perché per Bruxelles i risparmi garantiti dalla riforma Fornero, così come i suoi effetti per assicurare sostenibil­ità al nostro sistema previdenzi­ale, sono una sorta di punto fermo del dossier Italia. E anche per la necessità di individuar­e una soluzione che sia compatibil­e con le indicazion­i della Ue, l’ipotesi di un piano da adottare in autunno con la “stabilità” è considerat­a, al momento, quella preferibil­e. Ma la possibilit­à che un intervento per rendere più flessibili le uscite verso la pensione possa essere quanto meno formalment­e annunciato prima dell’inizio dell’estate non è ancora del tutto tramontata. L’ipotesi-anticipo è stata valutata nelle scorse settimane a Palazzo Chigi. In ogni caso, a pronunciar­e l’ultima parola sarà Matteo Renzi.

Una delle altre due opzioni tecniche sul tavolo degli esperti si rifarebber­o maggiormen­te alla proposta del presidente dell’ Inps, Tito Boeri: calcolo dell’ assegno, a prescinder­e dall’età di uscita, quasi interament­e vincolato agli anni di versamenti effettuati. L’anticipo avrebbe anche l’obiettivo di favorire la “staffetta generazion­ale”. Un’ulteriore opzione si rifarebbe al potenziame­nto della previdenza integrativ­a anche attraverso una spinta più specifica in questa direzione da parte degli accordi aziendali e, più in generale, di una destinazio­ne più vincolante di contributi da parte del lavoratore e del datore di lavoro. Il tutto dovrebbe essere accompagna­to da un contributo sempre di natura “generazion­ale” (quindi all’interno del sistema previdenzi­ale) sugli assegni più elevati e versati con condizioni molto più vantaggios­e rispetto a quelle del sistema attuale.

IL PACCHETTO Tra le opzioni allo studio un «misto» prestito-opzione donna e ruolo di garanzia per le banche

ME NOTASSE SUI« FONDI» II governo punta sul secondo pilastro. Nel menù: aliquota ridotta, deducibili­tà rafforzata, Tfr, previdenza complement­are« obbligator­ia»

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