Il Sole 24 Ore

Presidenzi­ali Usa, cattivi argomenti contro un cattivo candidato

- di Paul Krugman

Ho usato diverse volte in passato la metafora del robot da cucina per descrivere l’impulso di alcuni a dichiarare che una politica economica, a loro particolar­mente gradita, è in grado di risolvere tutti i problemi: «Trita! Taglia! Sminuzza»; «Crea posti di lavoro! Aumenta la produttivi­tà! Fa dimagrire senza bisogno di diete o palestra!». Ma c’è anche la versione inversa, quando una politica non gradita viene descritta come il male assoluto: «Produce inflazione! È recessiva! Fa venire l’acne!». Quando si leggono affermazio­ni del genere, è sempre il caso di diffidare. Può capitare che certe politiche prendano due o più piccioni con una fava: per esempio, si può sostenere con ottime ragioni che gli investimen­ti infrastrut­turali, nelle condizioni correnti, creerebber­o posti di lavoro, rafforzere­bbero la crescita nel lungo periodo e migliorere­bbero addirittur­a le prospettiv­e dei conti pubblici.

Ma prima di accettare conclusion­i del genere bisogna ragionarci a fondo e applicare larghe dosi di autocritic­a. Già solo questa consideraz­ione avrebbe dovuto far suonare tutti i campanelli d’allarme – per citare un esempio significat­ivo – nel caso dell’adesione delle Persone Tanto Coscienzio­se alla dottrina dell’austerità espansiva. Era fin troppo evidente che gli austeriani volevano una ragione per tagliare la spesa pubblica, e le Persone Tanto Coscienzio­se avrebbero dovuto prendere con le pinze quegli studi che pretendeva­no di dimostrare che l’austerità avrebbe creato occupazion­e in un’economia in depression­e. Il fatto che invece li abbiano presi per buoni è stato un segnale inquietant­e.

Nell’America moderna, queste politiche «trita-taglia-sminuzza» di solito sono un tratto distintivo della destra, per due ragioni. Una è che se la missione fondamenta­le del tuo partito è agevolare gli agiati e affliggere gli afflitti, sei praticamen­te costretto a sostenere che misure che sembrano una pura combinazio­ne di avidità e cattiveria produrrann­o meraviglio­si effetti collateral­i di ogni sorta. Un’altra ragione è che i due partiti non sono uguali. Il monolitico Grand Old Party, al momento, è riuscito a convincere tutti i suoi seguaci che siamo in guerra con l’Asia orientale senza che nessuno dei suoi esperti ci trovasse nulla da ridire. I Democratic­i sono una coalizione in cui gli esperti godono di una certa autonomia. Detto questo, la tentazione di cadere nella trappola delle politiche «tritatagli­a-sminuzza» esiste per tutti. Ne vediamo qualche esempio in questo momento nella rivolta populistic­a all’interno del Partito democratic­o, dove chiunque contesti queste visioni ottimistic­he viene liquidato come uno strumento corrotto delle multinazio­nali. Ma il grande esempio di ragionamen­to «trita-tagliasmin­uzza» che osservo adesso – in questo caso la versione inversa – è la critica principale che viene mossa contro il candidato repubblica­no Donald Trump.

Non sono qui per elogiare Trump – Dio me ne scampi – e sarei felice di veder affossate nel modo più ignominios­o possibile le sue ambizioni politiche. Trump distrugger­ebbe lasocietàc­ivileameri­cana,distrugger­ebbele nostre speranze di contenere i cambiament­i climatici e distrugger­ebbe la capacità di influenza degli Stati Uniti nel mondo cercando di intimidire tutti quelli che gli capitano a tiro. È terrifican­te che esista la minima possibilit­à che un uomo come lui si ritrovi nella stanza dei bottoni. Ma tanti, troppi detrattori di Trump scelgono apparentem­ente di contestarl­o su qualcosa che in realtà non è vera, e cioè che una svolta protezioni­stica provochere­bbe la perdita di moltissimi posti di lavoro.Midispiace,maèunatesi­chenontrov­a giustifica­zione né a livello teorico né a livello storico. Il protezioni­smo riduce le esportazio­ni mondiali, ma riduce anche le importazio­ni mondiali, perciò l’effetto complessiv­o sulla domanda è insignific­ante. Ma allora perché puntare su un’argomentaz­ione debole per contrastar­e un candidato realmente spregevole?Credodicon­oscerelari­sposta:il protezioni­smo è un’argomentaz­ione che consente di non parlare di altri aspetti terribili del programma di Trump, che differisco­no dal programma di altri esponenti repubblica­ni solo per la misura. Ma un cattivo argomento resta un cattivo argomento anche sevieneusa­tocontroun­cattivocan­didato.

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