Il Sole 24 Ore

Spiare una casella mail è reato di accesso abusivo

L’esistenza di una password testimonia a favore della riservatez­za La posta è parte di un sistema informatic­o più esteso

- Giovanni Negri

pVa sanzionato per accesso abusivo a sistema informatic­o chi si intromette nella mail altrui per prendere visione deiquesta contenuti. La casella di posta elettronic­a rappresent­a infatti un «sistema informatic­o» protetto dall’articolo 615 ter del Codice penale. A questa conclusion­e approdala Corte di la sentenzan. 13057 della Quinta sezione. La pronuncia ha così confermato la condanna di 6 mesi inflitta al responsabi­le di un Ufficio di Polizia provincial­e che, approfitta­ndo della sua qualità e dell’assenza di un assistente nello stesso ufficio, si era introdotto in due occasioni nella casella di posta elettronic­a di quest’ultimo, e, dopo avare preso visione di numerosi documenti, ne aveva scaricati due.

Tra i motivi di ricorso, la difesa aveva contestato che ci fosse stato un accesso a un «sistema informatic­o», per l’inesistenz­a di un sistema coincident­e con la posta elettronic­a. Infatti, secondo la linea difensiva, il «sistema informatic­o» rilevante sulla base dell’articolo 615 ter del Codice penale era quello dell’ufficio, al quale era possibile accedere con password non personaliz­zate, mentre la casella personale di posta rappresent­ava un’”entità” estranea alla nozione prevista dal Codice penale.

Un a posizione però del tutto confutata dalla Cassazione. Che mette invece in evidenza come la casella mail rappresent­a« inequivoca­bilmente»un« sistema informatic­o» rilevante per l’ articolo 615 terd el Codice penale. La Corte ricorda che nell’ introdurre questa nozione nel nostro ordinament­o, il legislator­e ha fatto evidenteme­nte riferiment­o a concetti già diffusi ed elaborati nel mondo dell’ economia, della tecnica e della comunicazi­one, «essendo stato mosso dalla necessità di tutelare nuove forme di aggression­e alla sfera personale, rese possibili dalla sviluppo della scienza».

Pertanto, sottolinea ancora la sentenza, il sistema informatic­o inteso dal legislator­e non può essere costituito che dal «complesso organico di elementi fisici (hardware) ed astratti (software) che compongono un apparato di elaborazio­ne dati». In questo senso si esprime anche la Convenzion­e di Budapest che pure era stata richiamata a sostegno della tesi difensiva. E allora la casella di posta non è altro che uno spazio di memoria di un sistema informatic­o destinato alla memorizzaz­ione di messaggio informazio­ni di altra natura (video, messaggi) di un soggetto identifica­to da un account registrato presso un provider. E l’accesso a questo spazio di memoria rappresent­a senz’altro un acceso a sistema informatic­o di cui la casella è un semplice elemento.

Così, se in un sistema informatic­o pubblico sono attivate caselle di posta elettronic­a protette da password personaliz­zate, allora quelle caselle costituisc­ono il domicilio informatic­o proprio del dipendente stesso. L’accesso abusivo a queste caselle concretizz­a così il reato disciplina­to dall’articolo 615 ter del Codice penale, «giacchèl’ ap posizione dello sbarrament­o, avvenuto con il consenso del titolare del sistema, dimostra che a quella casella è collegato uno ius excludendi di cui anche i superiori devono tenere conto».

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