Non è questo il momento di intervenire con i «tetti»
Il corto circuito a volte può dipendere anche soltanto da una cattiva gestione dei tempi. Come dimostrano il dossier ora divenuto sempre più scottante dei nonperforming loans delle banche italiane (problema che sarebbe stato meglio risolvere al picco della crisi assieme a Germania, Francia e Spagna) e le ripercussioni pericolosamente sistemiche del bail-in, e prima di quello del burden sharing (norme entrate in vigore prima di consentire alle banche italiane di rastrellare dal mercato il grosso delle obbligazioni senior e subordinate detenute dal piccolo risparmiatore).
I pericoli e le ripercussioni negative di una tempistica sbagliata non vanno sottovalutati neanche adesso nel contesto del dibattito sull’opportunità o meno di imporre alle banche, non solo italiane, un tetto all’esposizione con controparte debitore sovrano data dalla detenzione di titoli di Stato dello stesso Paese e/o il passaggio da un zero risk sui titoli di Stato a un assorbimento di capitale con ponderazione del rischio.
Francesco Garzarelli, economista e strategist di Goldman Sachs, in un’analisi ieri ha avanzato l’ipotesi di una soluzione al “tetto” con l’applicazione di una diversificazione che potrebbe richiamare il concetto di capital key già utilizzato per le quote di partecipazione al capitale della Bce e anche per il suo QE. Come a dire che comunque sia, il problema del possesso dei titoli di Stato da parte delle banche c’è e andrà affrontato. La diversificazione dei rischi è in effetti un principio inossidabile sui mercati. E a questo si aggiunge il fatto che il titolo di Stato, soprattutto dopo Deauville nell’eurozona ma prima ancora su scala globale, non è mai stato realmente credit risk free.
Detto questo, al di là del come intervenire, ora come ora quel che dovrebbe premere di più è il quando mettere le mani in pasta. In un’annata come questa, iniziata con un attacco violento sferrato contro le banche, in Borsa e non solo, è quanto meno ardito voler gettare nelle acque già agitatissime dello stagno del sistema bancario europeo anche il macigno della questione irrisolta dei titoli di Stato (tra tetti e requisiti di capitale con ponderazioni dei rischi). Anche se la tentazione di introdurre il tetto per far smantellare le posizioni in titoli di Stato alle banche proprio adesso, con un acquirente a colpi di decine di miliardi al mese dato dal Qe della Bce, è grande. Aggiungere incertezza a incertezza alimenta sfiducia, volatilità e in ultima analisi compromette il flusso del credito bancario all’economia.
La Commissione europea, Basilea, l’Eba, la Bce, tutti si stanno muovendo per rafforzare la fiducia nel sistema bancario, per renderlo più solido, per evitare in futuro rischi sistemici, per proteggere i contribuenti e i risparmiatori. Ma ogni passo in questa direzione, per quanto virtuoso, va calibrato anche in base ai tempi: se sia o meno opportuno farlo in quel dato momento. Ora non è tempo di tetti e di nuove ponderazioni per introdurre i requisiti di capitale dove nonn ci ssono.