Assistenza e indennità tagliano l’indennizzo
pL’assicurazione può tagliare il risarcimento alla vittima dell’incidente stradale che beneficia dell’indennità di accompagnamento e di una legislazione regionale che assicura l’assistenza domiciliare. La Cassazione (sentenza 7774) bacchetta la corte d’Appello per i criteri seguiti nella liquidazione del danno permanente. Tre gli errori commessi.
Il primo sta nell’aver riconosciuto al danneggiato una liquidazione per le spese già sostenute per l’assistenza domiciliare, l’acquisto di un’automobile adattata alla sua condizione e l’adegua- mento dell’abitazione, senza il supporto di una documentazione. La Cassazione precisa che non possono essere riconosciute al danneggiato spese passate se non dimostra, anche attraverso presunzioni semplici, di averle sostenute. Il secondo passo falso è di avere quantificato il danno patrimoniale futuro, senza detrarre l’indennità di accompagnamento e ignorando i benefici che la legislazione regionale, nel caso esaminato lombarda, assicura in tema di assistenza domiciliare. L’indennità ha, infatti, lo scopo di compensare l’onere di dover retribuire un collaboratore per far fronte alle esigenze di vita quotidiana. E dunque elimina in parte il danno risarcibile. Lo stesso vale per l’assistenza domiciliare prestata dal servizio sanitario. Il sistema dei voucher socio-sanitari, introdotto in Lombardia, non doveva essere ignorato dal giudice.
Per finire, non va bene neppure il calcolo del danno futuro insito nella necessità di sostenere per sempre una spesa periodica. Il calcolo del pregiudizio non può essere fatto, come avvenuto, moltiplicando i costi per il numero di anni di vita stimata della vittima. Tre le strade corrette per quantificare il pregiudizio. La liquidazione può avvenire «in forma di rendita; oppure moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sopportato e quindi abbattendo il risultato in base al coefficiente di anticipazione; od infine attraverso il metodo della capitalizzazione, consistente nel moltiplicare il danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie».
A rinviare la questione alle Sezioni unite è stata ieri la Prima sezione civile con l’ordinanza n. 7958.
Il problema nasce per la versione dell’articolo 183 della Legge fallimentare nel testo modificato nel 2007 con il decreto correttivo n. 169. Intervento determinante sul punto, perchè la versione precedente ammetteva comunque la ricorribilità in Cassazione, mentre adesso non è affermato nulla di esplicito. Sulla materia, tra l’altro, la Corte di cassazione non è mai arrivata ad esprimersi, mentre la dottrina si presenta divisa.
Dovranno essere valutati dalle Sezioni unite, così, elementi cruciali come l’ostacolo della definitività, visto che la domanda di omologazione respinta i n appello può comunque essere riproposta. Intervenendo in materia di un piano di ristrutturazione del debito, presentato per da parte di un consumatore, la Corte di cassazione ha già negato il ricorso sulla base proprio della non definitività.
A fare da bussola potrebbe essere quanto previsto per il concordato preventivo, dove un ricorso in Cassazione contro il decreto di omologazione è comunque ammesso entro puntuali limiti cronologici.
LA LIQUIDAZIONE Può avvenire in forma di rendita o moltiplicando il costo per il numero di anni in cui verrà sopportato o con la capitalizzazione