La «grazia» tipografica del Cortegiano
I quarant’anni di lavoro di Quondam re stituiscono le dive rse versioni del capolavoro della trattatistica rinascimentale
Un romanziere racconterebbe questa storia partendo dalla fine: il vecchio gentiluomo in missione diplomatica a Madrid; la scoperta che copie manoscritte del libro al quale ha lavorato nel quindicennio precedente circolano ormai senza controllo e che qualcuno potrebbe essere tentato di portarlo in tipografia senza il suo permesso; la decisione di predisporre il prima possibile a una stampa corretta e la necessità di provvedervi da lontano, affidandosi alla cura editoriale di uno dei grandi marchi veneziani del tempo; l’angoscia di perdere la lotta sul tempo contro i potenziali pirati; il passaggio sotto i torchi del manoscritto e poi, quasi subito dopo, la morte improvvisa («Yo vos digo che es muerto uno de los mejores caballeros del mundo», come commentò l’imperatore Carlo V).
O invece l’ipotetico romanziere potrebbe scegliere di cominciare dall’estremo opposto della catena che ha trasformato un fascio di fogli trascritti a mano in uno dei capolavori del Rinascimento europeo. Al centro della scena ci sarebbe allora l’artigiano chiamato a comporre il testo con i caratteri di piombo, mentre un garzone di bottega già si appresta a coprire la lastra d’inchiostro e a imprimere i segni su fogli di grande formato e dagli ampi margini bianchi (secondo il formato elegante del libro umanistico). Come richiede il lavoro in tipografia, il compositore è un artigiano particolare: un artigiano “colto”, che sa leggere e scrivere e conosce la grammatica toscana quanto basta per evitare di inserire errori nel testo. Ma il nostro compositore è veneziano di nascita e deve andare velocemente; così, ogni tanto, memorizza le frasi con la cadenza della lingua che parla tutti i giorni, lasciando inavvertitamente una traccia destinata a durare per sempre nel volume che sta prendendo forma sotto le sue mani…
Queste storie e tante altre rivivono nella monumentale edizione critica del Libro del Cortegiano di Baldassare Castiglione (14781529) approntata da Amedeo Quondam. I due tomi iniziali contengono quello che ci si aspetta anzitutto da un simile lavoro: il testo. Nel primo tomo abbiamo la trascrizione semidiplomatica della princeps (dunque comprese abbreviazioni e usi difformi rispetto a quelli contemporanei), accompagnata, nella pagina accanto, da una trascrizione appena modernizzata, e destinata a diventare la base ne varietur dei Libri del Cortegiano che verranno. Il secondo volume contiene invece il manoscritto che, da Madrid, Castiglione fece approntare da un copista per la tipografia dei figli di Aldo Manuzio e che, per nostra fortuna, è sopravvissuto alla forza distruttrice dei secoli. Si tratta di un testimone eccezionale, perché preserva le ultime correzioni dell’autore sul testo del copista e i consistentissimi interventi apportati dall’editore per conformare la prosa di Castiglione alle norme fonomorfologiche del toscano di Boccaccio, più o meno secondo quella che era la lezione di Pietro Bembo.
Il terzo volume, che porta il titolo (alla Peter Greenaway) L’autore (e i suoi copisti), l’editor, il tipografo, è invece firmato da Quondam. E oltre a descrivere le metamorfosi del libro in tutti i suoi passaggi (dall’autore al copista, dal copista all’autore, dall’autore al revisore editoriale, dal revisore editoriale al compositore tipografico chiamato a occuparsi materialmente della impaginazione) ci spiega il senso dell’edizione multipla e l’importanza che questa intricata vicenda possiede per chiunque sia interessato a capire non solo il Cortegiano ma cosa è stata l’arte tipografica nella prima età moderna.
Per farsi un’idea di cosa stiamo parlando è necessario qualche numero. Quondam ha rilevato circa 19.000 (diciannovemila!) correzioni fonomorfologiche apportate dall’editor Giovan Francesco Valier sul manoscritto inviato dalla Spagna, senza contare gli interventi sulla punteggiatura (parecchie migliaia), sulla divisione/unione delle parole e su altri segni grafematici. Ora, si è sempre saputo che la tipografia è stato un luogo di normalizzazione dei testi e che esiste un rapporto organico tra l’emergere delle poetiche classiciste, la questione della lingua e l’affermarsi della stampa a caratteri mobili nei primi decenni del Cinquecento. Nessuno però aveva mai sospettato che le dimensioni del fenomeno potessero essere così cospicue, al punto che Quondam può chiedere ai suoi lettori, provocatoriamente: «Chi ha scritto Il libro del Cortegiano? ».
Quondam ha cominciato a lavorare su Castiglione una quarantina di anni or sono, e il trittico adesso pubblicato da Bulzoni rappresenta il coronamento di una «lunga fedeltà». Proprio per questo il suo percorso può insegnarci qualcosa anche sul modo in cui gli studi letterari sono cambiati nelle ultime due generazioni. Il senso complessivo della interpretazione di Quondam è già tutto racchiuso nel suo saggio introduttivo alla edizione tascabile Garzanti del Cortegiano uscita per la prima volta nel 1981. Al netto di alcune spie della moda strutturalista allora i n voga («grammatica del vivere», «retorica del rapporto amoroso», «macchina discorsiva»), gli elementi fondamentali sono già tutti lì: Castiglione ha codificato le future regole di comportamento delle corti europee; il suo successo non è inscritto solo nel numero di edizioni pubblicate ma nella fondazione di un sottogenere della trattatistica morale; il classicismo costituisce la forma letteraria delle società di Antico Regime e rappresenta, al tempo stesso, una precisa tendenza stilistica e un atteggiamento più generale nei confronti dell’esistenza (ricerca della «grazia», pratica del giusto mezzo, «sprezzatura»…). Nel 2016 Quondam condivide ancora queste affermazioni, anche se – ecco il punto – con i decenni sembra essersi spostato sempre più dal “centro” alla “periferia”: che in questo caso vuol dire dal testo, nella sua eccellenza e perfezione formale, ai paratesi (la materialità dei codici e del libro, il lavoro tipografico) e alla sua vicenda compositiva, prima e dopo il passaggio in tipografia (la tormentata gestazione, la fortuna italiana ed europea di un libro e, più ancora, di un modello).
Il percorso di Quondam fotografa però un sommovimento generale che solo per un errore di prospettiva può essere descritto nei termini di una vittoria dello specialismo (in questo caso filologico). Semplicemente, lo spazio rarefatto della letteratura, un tempo abitato soprattutto da opere e autori, è andato affollandosi. Sono, cioè, emerse a poco a poco nuove figure. Hanno cominciato i lettori (con il loro «orizzonte di attesa», come si diceva una volta), ma ben presto si sono palesati in gran numero nuovi personaggi anch’essi suscettibili di ricerche promettenti: tipografi, editori e copisti, come nel caso della ricerca di Quondam sul Cortegiano, ma anche collaboratori e interlocutori dei più diversi tipi: magari sodali di Accademia chiamati a giudicare in anteprima gli scritti degli amici (secondo la logica della correzione reciproca), o addirittura censori, occhiuti e non sempre ottusi come li vorrebbe una lunga tradizione.
Secondo alcuni tale evoluzione sarebbe un cedimento degli studi letterari nei confronti degli studi storici: la fine della magnifica autonomia estetica del testo. La stessa metamorfosi può essere raccontata però in un altro modo: come la fine di una idea della storia letteraria idealistica e (non troppo implicitamente) aristocratica, in cui un pugno di spiriti magni dialogano attraverso i secoli (sino al critico letterario e ai suoi scelti lettori), nel nome di una idea più democratica della vita delle opere, grandi e piccole: dove accanto a un pugno di individualità creatrici si accalca una piccola folla di collaboratori, compagni di strada, talvolta persino avversari. Come nelle nostre vite. Ed è appunto questa la storia che Quondam ci chiede di ascoltare.
Baldassare Castiglione, Il libro del Cortegiano, volume I: La prima edizione (Aldo, Venezia 1528), pagg. 484; volume II: Il manoscritto di tipografia. a cura di Amedeo Quondam, pagg. 554 ; volume III: Amedeo Quondam, L’autore (e i suoi copisti), l'editor, il tipografo, Bulzoni, Roma, pagg 634, € 150 per i 3 volumi