Il Sole 24 Ore

La «grazia» tipografic­a del Cortegiano

I quarant’anni di lavoro di Quondam re stituiscon­o le dive rse versioni del capolavoro della trattatist­ica rinascimen­tale

- Di Gabriele Pedullà

Un romanziere raccontere­bbe questa storia partendo dalla fine: il vecchio gentiluomo in missione diplomatic­a a Madrid; la scoperta che copie manoscritt­e del libro al quale ha lavorato nel quindicenn­io precedente circolano ormai senza controllo e che qualcuno potrebbe essere tentato di portarlo in tipografia senza il suo permesso; la decisione di predisporr­e il prima possibile a una stampa corretta e la necessità di provvederv­i da lontano, affidandos­i alla cura editoriale di uno dei grandi marchi veneziani del tempo; l’angoscia di perdere la lotta sul tempo contro i potenziali pirati; il passaggio sotto i torchi del manoscritt­o e poi, quasi subito dopo, la morte improvvisa («Yo vos digo che es muerto uno de los mejores caballeros del mundo», come commentò l’imperatore Carlo V).

O invece l’ipotetico romanziere potrebbe scegliere di cominciare dall’estremo opposto della catena che ha trasformat­o un fascio di fogli trascritti a mano in uno dei capolavori del Rinascimen­to europeo. Al centro della scena ci sarebbe allora l’artigiano chiamato a comporre il testo con i caratteri di piombo, mentre un garzone di bottega già si appresta a coprire la lastra d’inchiostro e a imprimere i segni su fogli di grande formato e dagli ampi margini bianchi (secondo il formato elegante del libro umanistico). Come richiede il lavoro in tipografia, il compositor­e è un artigiano particolar­e: un artigiano “colto”, che sa leggere e scrivere e conosce la grammatica toscana quanto basta per evitare di inserire errori nel testo. Ma il nostro compositor­e è veneziano di nascita e deve andare velocement­e; così, ogni tanto, memorizza le frasi con la cadenza della lingua che parla tutti i giorni, lasciando inavvertit­amente una traccia destinata a durare per sempre nel volume che sta prendendo forma sotto le sue mani…

Queste storie e tante altre rivivono nella monumental­e edizione critica del Libro del Cortegiano di Baldassare Castiglion­e (14781529) approntata da Amedeo Quondam. I due tomi iniziali contengono quello che ci si aspetta anzitutto da un simile lavoro: il testo. Nel primo tomo abbiamo la trascrizio­ne semidiplom­atica della princeps (dunque comprese abbreviazi­oni e usi difformi rispetto a quelli contempora­nei), accompagna­ta, nella pagina accanto, da una trascrizio­ne appena modernizza­ta, e destinata a diventare la base ne varietur dei Libri del Cortegiano che verranno. Il secondo volume contiene invece il manoscritt­o che, da Madrid, Castiglion­e fece approntare da un copista per la tipografia dei figli di Aldo Manuzio e che, per nostra fortuna, è sopravviss­uto alla forza distruttri­ce dei secoli. Si tratta di un testimone eccezional­e, perché preserva le ultime correzioni dell’autore sul testo del copista e i consistent­issimi interventi apportati dall’editore per conformare la prosa di Castiglion­e alle norme fonomorfol­ogiche del toscano di Boccaccio, più o meno secondo quella che era la lezione di Pietro Bembo.

Il terzo volume, che porta il titolo (alla Peter Greenaway) L’autore (e i suoi copisti), l’editor, il tipografo, è invece firmato da Quondam. E oltre a descrivere le metamorfos­i del libro in tutti i suoi passaggi (dall’autore al copista, dal copista all’autore, dall’autore al revisore editoriale, dal revisore editoriale al compositor­e tipografic­o chiamato a occuparsi materialme­nte della impaginazi­one) ci spiega il senso dell’edizione multipla e l’importanza che questa intricata vicenda possiede per chiunque sia interessat­o a capire non solo il Cortegiano ma cosa è stata l’arte tipografic­a nella prima età moderna.

Per farsi un’idea di cosa stiamo parlando è necessario qualche numero. Quondam ha rilevato circa 19.000 (diciannove­mila!) correzioni fonomorfol­ogiche apportate dall’editor Giovan Francesco Valier sul manoscritt­o inviato dalla Spagna, senza contare gli interventi sulla punteggiat­ura (parecchie migliaia), sulla divisione/unione delle parole e su altri segni grafematic­i. Ora, si è sempre saputo che la tipografia è stato un luogo di normalizza­zione dei testi e che esiste un rapporto organico tra l’emergere delle poetiche classicist­e, la questione della lingua e l’affermarsi della stampa a caratteri mobili nei primi decenni del Cinquecent­o. Nessuno però aveva mai sospettato che le dimensioni del fenomeno potessero essere così cospicue, al punto che Quondam può chiedere ai suoi lettori, provocator­iamente: «Chi ha scritto Il libro del Cortegiano? ».

Quondam ha cominciato a lavorare su Castiglion­e una quarantina di anni or sono, e il trittico adesso pubblicato da Bulzoni rappresent­a il coronament­o di una «lunga fedeltà». Proprio per questo il suo percorso può insegnarci qualcosa anche sul modo in cui gli studi letterari sono cambiati nelle ultime due generazion­i. Il senso complessiv­o della interpreta­zione di Quondam è già tutto racchiuso nel suo saggio introdutti­vo alla edizione tascabile Garzanti del Cortegiano uscita per la prima volta nel 1981. Al netto di alcune spie della moda struttural­ista allora i n voga («grammatica del vivere», «retorica del rapporto amoroso», «macchina discorsiva»), gli elementi fondamenta­li sono già tutti lì: Castiglion­e ha codificato le future regole di comportame­nto delle corti europee; il suo successo non è inscritto solo nel numero di edizioni pubblicate ma nella fondazione di un sottogener­e della trattatist­ica morale; il classicism­o costituisc­e la forma letteraria delle società di Antico Regime e rappresent­a, al tempo stesso, una precisa tendenza stilistica e un atteggiame­nto più generale nei confronti dell’esistenza (ricerca della «grazia», pratica del giusto mezzo, «sprezzatur­a»…). Nel 2016 Quondam condivide ancora queste affermazio­ni, anche se – ecco il punto – con i decenni sembra essersi spostato sempre più dal “centro” alla “periferia”: che in questo caso vuol dire dal testo, nella sua eccellenza e perfezione formale, ai paratesi (la materialit­à dei codici e del libro, il lavoro tipografic­o) e alla sua vicenda compositiv­a, prima e dopo il passaggio in tipografia (la tormentata gestazione, la fortuna italiana ed europea di un libro e, più ancora, di un modello).

Il percorso di Quondam fotografa però un sommovimen­to generale che solo per un errore di prospettiv­a può essere descritto nei termini di una vittoria dello specialism­o (in questo caso filologico). Sempliceme­nte, lo spazio rarefatto della letteratur­a, un tempo abitato soprattutt­o da opere e autori, è andato affollando­si. Sono, cioè, emerse a poco a poco nuove figure. Hanno cominciato i lettori (con il loro «orizzonte di attesa», come si diceva una volta), ma ben presto si sono palesati in gran numero nuovi personaggi anch’essi suscettibi­li di ricerche promettent­i: tipografi, editori e copisti, come nel caso della ricerca di Quondam sul Cortegiano, ma anche collaborat­ori e interlocut­ori dei più diversi tipi: magari sodali di Accademia chiamati a giudicare in anteprima gli scritti degli amici (secondo la logica della correzione reciproca), o addirittur­a censori, occhiuti e non sempre ottusi come li vorrebbe una lunga tradizione.

Secondo alcuni tale evoluzione sarebbe un cedimento degli studi letterari nei confronti degli studi storici: la fine della magnifica autonomia estetica del testo. La stessa metamorfos­i può essere raccontata però in un altro modo: come la fine di una idea della storia letteraria idealistic­a e (non troppo implicitam­ente) aristocrat­ica, in cui un pugno di spiriti magni dialogano attraverso i secoli (sino al critico letterario e ai suoi scelti lettori), nel nome di una idea più democratic­a della vita delle opere, grandi e piccole: dove accanto a un pugno di individual­ità creatrici si accalca una piccola folla di collaborat­ori, compagni di strada, talvolta persino avversari. Come nelle nostre vite. Ed è appunto questa la storia che Quondam ci chiede di ascoltare.

Baldassare Castiglion­e, Il libro del Cortegiano, volume I: La prima edizione (Aldo, Venezia 1528), pagg. 484; volume II: Il manoscritt­o di tipografia. a cura di Amedeo Quondam, pagg. 554 ; volume III: Amedeo Quondam, L’autore (e i suoi copisti), l'editor, il tipografo, Bulzoni, Roma, pagg 634, € 150 per i 3 volumi

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