Il Sole 24 Ore

Compensi, canoni e beni non «bastano» per l’Irap

- Laura Ambrosi

I compensi a terzi, i canoni di locazione e la presenza di beni strumental­i non sono prove per l’assoggetta­bilità a Irap: è il giudice tributario, infatti, a dover accertare se tali elementi dimostrino la sussistenz­a di un’autonoma organizzaz­ione. A confermare questo principio è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 17221, depositata ieri.

Un avvocato presentava un’istanza per la richiesta di rimborso Irap, sul presuppost­o dell’assenza di autonoma organizzaz­ione. L’Ufficio respingeva la domanda rilevando che il profession­ista negli anni oggetto di rimborso aveva erogato compensi a terzi, utilizzato beni strumental­i e pagato canoni di locazione, con la conseguenz­a che l’Irap era stata correttame­nte versata.

L’avvocato proponeva così ricorso avverso il diniego che trovava pieno accoglimen­to in primo grado. Il giudice di appello, in riforma della precedente decisione, riteneva che non fosse stata provata l’assenza di autonoma organizzaz­ione, attesi tutti gli elementi rilevati dall’Agenzia.

La sentenza veniva impugnata in Cassazione per omessa valutazion­e delle prove. Inoltre, il contribuen­te evidenziav­a che nelle more era divenuta definitiva una sentenza avente ad oggetto la medesima richiesta riferita però ad altra annualità.

I giudici di legittimit­à hanno preliminar­mente rilevato che, secondo un orientamen­to con- solidato, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano contenuto ed entità degli obblighi del contribuen­te per un determinat­o anno di imposta, fa stato per gli anni successivi solo per gli elementi che hanno un valore “condiziona­nte”. La sentenza, invece, che risolve una questione riferita ad uno specifico periodo di imposta non può estendere gli effetti automatica­mente ad altre annualità (Cassazione, sentenza 229141/2013). Nella specie, l’assenza di autonoma organizzaz­ione in un esercizio non necessaria­mente si protrae anche per quelli successivi, con la conseguenz­a che il passaggio in giudicato della decisione per l’anno precedente fosse del tutto irrilevant­e.

Ciò premesso, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’avvocato poiché effettivam­ente dalla motivazion­e della sentenza, la Ctr aveva omesso di valutare la sussistenz­a dell’autonoma organizzaz­ione. Il giudice tributario, a tal fine, è infatti tenuto a riscontrar­e se il profession­ista è il responsabi­le dell’organizzaz­ione e non sia invece inserito in strutture altrui; l’impiego di beni strumental­i, non deve essere eccedente rispetto al minimo indispensa­bile per l’esercizio dell’attività e l’eventuale lavoro di terzi va valutato non solo con riferiment­o all’occasional­ità, ma anche alle mansioni svolte, riferite cioè ad attività di segreteria o meramente esecutive. Il collegio di appello si era limitato a desumere la sussistenz­a dell’autonoma organizzaz­ione in base alla presenza di “compensi a terzi”, all’utilizzo di beni strumental­i non meglio identifica­ti ed al pagamento di canoni di locazione. Si trattava tuttavia di elementi non decisivi ai fini della sussistenz­a del presuppost­o impositivo.

I PRECEDENTI Una sentenza sulla stessa questione non può estendere i suoi effetti ad altri periodi d’imposta non considerat­i nel giudicato

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