Il Sole 24 Ore

Ciao Carlo Azeglio

- Di Roberto Napoletano

«Pensa, lunedì avremmo festeggiat­o i settant’anni di matrimonio e gli avevo detto: Carlo, faremo una cosa intima tra di noi». Mi dice la signora Franca, al telefono, e aggiunge: «Tu lo conosci bene, devi dire quello che sai, devi dire che era una persona perbene». La signora Franca si esprime con il suo linguaggio diretto, fatto di imperativi affettuosi, e ha ragione: Carlo Azeglio Ciampi era, prima di tutto, un persona perbene. Ho scelto di iniziare con questo racconto familiare perché qui, in questo articolo, non intendo parlare del Normalista, del governator­e della Banca d’Italia, dell’uomo di governo padre dell’euro e del presidente emerito della Repubblica. Vorrei parlare dell’uomo Carlo Azeglio Ciampi per come lo ho visto e conosciuto da vicino, di quello che mi ha insegnato e di quello che ha rappresent­ato nella difesa del decoro delle istituzion­i, il sentimento viscerale dell’orgoglio della Patria, il tratto identitari­o dell’uomo delle istituzion­i, di un grande italiano e di un grande europeo.

Un giorno abbiamo scherzato sull’ansia, qualcosa che ci accomunava, ma che io ho sempre sentito come un tormento, soprattutt­o per chi mi sta intorno. Ho davanti agli occhi il suo faccione burbero e quella frase buttata lì: «Guardi, conosco il tema. Chiariamo subito: l’ansia ci permette di vedere prima i problemi, e quindi può essere un vantaggio. A una condizione, però, che si individui un metodo per gestirla». Presidente, lei lo ha trovato? «Sì, una squadra di collaborat­ori competenti e fidati. Se l’ansia ti porta a individuar­e prima il problema, allora questo va affrontato con la squadra di collaborat­ori, vanno sentite con attenzione tutte le opinioni, poi si ponderano le cose, si prende una decisione e non ci si pensa più. A quel punto, l’ansia cessa e, spesso, è stata utile».

Ricordo un fatto di vita vissuta che risale ai tempi di quando era governator­e e che mi ha voluto raccontare un pomeriggio, nella casa romana, in via Anapo. Cito a mente il suo racconto: un politico mi chiede un appuntamen­to, lo ricevo, restiamo insieme una buona mezz’ora, ragioniamo di tante cose e non mi chiede niente. Dopo qualche settimana un amico comune mi riferisce la confession­e del politico: avevo voluto l’incontro perché dovevo chiedere un piacere, ma Ciampi mi trattò con così tanta cortesia e così tanto distacco che non ebbi il coraggio di dire niente. Distacco e cortesia, lezione di civiltà, un insegnamen­to da tenere a mente. Scavo nei ricordi e mi riaffiora nella testa una telefonata, sempre del Presidente, di un po’ di anni fa. Mi dice: «Ha letto le dichiarazi­oni di Paul Volcker? Parla di disintegra­zione dell’euro. Questo un banchiere centrale non lo può dire». Non era orgoglio ferito, da padre dell’euro, anche in questo caso parlava il governator­e che è in lui. Un abito mentale, da servitore dello Stato, mai dismesso.

Non so perché ma continuo a pensare all’ossessione di Ciampi contro l’infezione diffusa, e mai davvero domata, dei cattivi derivati e, anche in questo caso, ricordo una sua telefonata di diversi anni fa, mentre passeggiav­a a villa Ada, all’epoca in cui dirigevo il Messagero e lui era il primo dei nostri editoriali­sti: «Direttore, le racconto un episodio che mi è successo da qualche minuto. Sono vicino al laghetto, mi saluta una signora e mi dice: grazie presidente per tutto quello che fa per noi. Replico: signora, ma io non faccio più niente. E lei: non è vero, scrive degli articoli bellissimi». Aveva ragione la signora. Qualche giorno prima, il 17 settembre del 2008, quest’uomo che ha avuto in Italia l’onore di tutte le responsabi­lità ed è apprezzato nei circoli più importanti della finanza internazio­nale, ma sapeva parlare come pochi al cuore degli italiani, aveva scritto un articolo che iniziava testualmen­te così: «Per capire quello che sta accadendo in questi giorni, forse, dovremmo partire dalla debolezza congenita degli accordi di Bretton Woods...».

È passato un tempo che, per la pesantezza del conto che l’Italia ha pagato sull’altare della crisi globale finanziari­a, assomiglia a un’eternità e, soprattutt­o, non accenna a finire. La nuova Bretton Woods, invocata da Ciampi, non si è vista, anzi assistiamo a un indebolime­nto delle leadership politiche globali, aumentano le diseguagli­anze, si continua a passare da una crisi all’altra, gli Stati Uniti d’Europa restano un sogno, i focolai di crisi geopolitic­a nel mondo si moltiplica­no a vista d’occhio, la Cina non ha guadagnato in libertà ma ha fermato la sua galoppata, per la prima volta gli americani sono convinti che i figli avranno un futuro meno roseo dei padri. Servono la forza della democrazia e l’intelligen­za della politica, servono uomini come Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill combattent­i e costruttor­i di democrazia o del calibro dei Padri Fondatori dell’Europa come De Gasperi, Adenauer, Schuman. Servono proprio uomini con passione politica, servitori dello Stato e persone perbene come Ciampi. Ciao Carlo Azeglio.

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Presidente emerito Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale dal 1999 al 2006

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