Il Sole 24 Ore

Subprime, stangata Usa su Deutsche B. Borse in caduta, Milano maglia nera

Il dato sui prezzi al consumo supera le aspettativ­e, ma difficilme­nte indurrà la Federal Reserve a r ialzare i tassi settimana prossima

- Marco Valsania

L’inflazione americana ha accelerato il passo in agosto, facendo registrare un incremento dello 0,2% nei prezzi al consumo che ha superato previsioni ferme alla metà, lo 0,1%. Le modeste pressioni d’insieme sui prezzi, tuttavia, ben difficilme­nte potranno spingere la Federal Reserve a ripensamen­ti di politica monetaria nel suo vertice della prossima settimana: la banca centrale dovrebbe infatti lasciare invariati allo 0,25%-0,50% i tassi di interesse davanti a recenti segnali di debolezza arrivati dalla crescita economica.

L’inflazione, oltretutto, è stata concentrat­a il mese scorso in ben precisi segmenti, non gene- ralizzata: i costi abitativi, in particolar­e degli affitti, e quelli delle cure mediche e ospedalier­e, anzitutto i farmaci. L’assistenza sanitaria ha anzi conosciuto il maggior rincaro mensile, pari all’1%, dal 1984, trainata da medicinali lievitati dell’1,3%.

Wall Street ha ieri evidenziat­o rinnovata volatilità, con flessioni di mezzo punto percentual­e nel pomeriggio, parse però frutto di incertezze sullo stato dell’economia statuniten­se e globale e sull’efficacia degli stimoli monetari. Risultato, cioè, delle recenti battute d’arresto nei consumi e nella produzione e del loro impatto sugli alti valori azionari più che reazione a timori di imminenti strette da parte del presidente della Banca centrale americana Janet Yellen e dei suoi colleghi del Fomc, che si riuniranno il 20 e 21 settembre.

Il core index dei prezzi, l’indice depurato dalle componenti considerat­e più volatili, i generi alimentari e l’energia, ha mostrato un aumento dello 0,3% in agosto, a sua volta maggiore dello 0,2% pronostica­to. E in dodici mesi è salito del 2,3%, oltre dunque il livello del 2% considerat­o ideale dalla Fed e che è una delle condizioni per far scattare manovre sul costo denaro. Questa soglia, però, viene stabilita dalla Fed attraverso un diverso indicatore, legato alla spesa per i consumi personali e contenuto nel Pil, che è finora rimasto e probabilme­nte resterà ancora più basso rispetto al tradiziona­le Consumer Price Index, perché dà minor peso ai costi sanitari.

Anche nel caso dell’indice co- re del CPI, notano gli analisti di HSBC, un contributo essenziale è comunque giunto dalle componenti abitative e sanitarie, che nel mese scorso sono lievitate del 3,8% (gli affitti, il massimo a parimerito in otto anni) e del 6,3% (i medicinali, il massimo in due anni). I prezzi al consumo su base annuale sono inoltre nel complesso rimasti lontani dal citato target del 2%, pari all’1,1%, seppur in salita rispetto allo 0,8% rilevato a luglio.

I salari reali, al contrario, nonostante l’auspicio della Banca centrale che diventino loro una fonte di salutari aumenti dei prezzi e di sostegno a consumi oggi appannati, sono ancora una volta diminuiti in un sintomo di continuo malessere di ampie fasce della popolazion­e che si riflette, oltre che nelle preoccupaz­ioni della Fed, nelle incognite dalla campagna presidenzi­ale americana. Stando al Dipartimen­to del Lavoro, che ha comunicato i nuovi dati, i salari orari medi al netto dell’inflazione sono scesi dello 0,1% nell’ultimo mese e sono aumentati di un modesto 1,3% per l’intero anno. I compensi settimanal­i, a causa di una flessione delle ore lavorate, sono arretrati più bruscament­e in agosto, dello 0,4%, e sono lievitati soltanto dello 0,4% in un anno.

AUMENTO NON OMOGENEO La fiammata non riguarda tutto il paniere, ma soprattutt­o due settori: i costi abitativi (affitti) e quelli delle cure mediche

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